Sclerosi multipla non sempre gli eventi acuti si vedono alla risonanza magnetica

Questa scoperta è particolarmente rilevante poiché mette in luce un paradosso clinico-radiologico, ovvero la presenza di episodi clinici di ricaduta non accompagnati da nuove lesioni

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Uno studio recente pubblicato su JAMA Neurology ha introdotto il concetto di evento clinico acuto con risonanza magnetica stabile (ACES) nella sclerosi multipla (SM). Questa scoperta è particolarmente rilevante poiché mette in luce un paradosso clinico-radiologico, ovvero la presenza di episodi clinici di ricaduta non accompagnati da nuove lesioni evidenziate dalla risonanza magnetica (RM).

L’indagine coordinata da David-Axel Laplaud, dell’Università di Nantes, in Francia, ha esaminato i dati di 608 pazienti con SM recidivante-remittente registrati nell’Osservatorio Francese della Sclerosi Multipla tra gennaio 2015 e giugno 2023. L’obiettivo era analizzare gli eventi clinici identificati come ricadute ma che non erano associati a nuove lesioni T2 o lesioni T1 potenziate con gadolinio su RM cerebrale e spinale.
Nello studio sono stati inclusi 637 eventi clinici, di cui 166 (26,1%) classificati come ACES. Questi eventi sono stati trovati più frequentemente nei pazienti che ricevevano terapie altamente efficaci, quelli con una lunga durata della malattia, o quelli che presentavano sintomi di affaticamento. Gli ACES erano associati a un aumento significativo del punteggio EDSS, sebbene inferiore rispetto agli eventi di ricaduta con RM attiva.
La durata della malattia, l’affaticamento e le terapie modificanti la malattia ad alta efficacia erano significativamente correlati con la classificazione di un evento come ACES. I pazienti con ACES presentavano un rischio significativamente maggiore di transizione alla forma secondaria progressiva della malattia.

“I risultati di questo studio introducono nella sclerosi multipla il concetto di evento clinico acuto con risonanza magnetica stabile, che rappresenta un quarto degli eventi clinici identificati come ricadute” concludono Laplaud e colleghi.

JAMA Neurol. 2024. Doi: 10.1001/jamaneurol.2024.1961
http://doi.org/10.1001/jamaneurol.2024.1961

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