Per un malato di diabete di tipo 1 in crisi ipoglicemica, zucchero e bevande dolci possono rappresentare la differenza tra la vita e la morte. Se la glicemia scende sotto un certo livello c’è il rischio che il paziente vada in coma ipoglicemico e, addirittura, che sopraggiunga la morte per ipoglicemia.
Ogni paziente deve saper regolare il livello di glucosio nel sangue utilizzando l’insulina per abbassarlo e lo zucchero per alzarlo, a seconda della necessità. Siccome il corpo, a causa della malattia, non è in grado di farlo naturalmente con il pancreas come nelle persone sane, bisogna intervenire dall’esterno, somministrare insulina o zucchero, o entrambi per un corretto bilanciamento.
Ecco perché deve sempre portare con sé zucchero e bevande dolci, che non sono affatto ‘rimedi della nonna’. Uno sbaglio può portare alla morte. Mi rendo conto che è controintuitivo per chi non conosce le dinamiche della malattia, però mi piacerebbe che la vicenda che ha coinvolto questa ragazza a Milano virasse in un senso positivo, proprio per accendere un riflettore sulla malattia.
In fondo, a di là dell’episodio in sé, quello che più ha urtato la sensibilità di chi soffre di questa malattia è l’elemento discriminatorio: l’esclusione perché ammalata. Aver voluto privare dell’elemento che per lei, in caso di emergenza, rappresenta l’appiglio alla vita, ha avuto un peso psicologico importante per lei.
Mi auguro che il management del locale lo abbia capito e, magari, anziché cercare una giustificazione a tutti i costi, approfitti di questo clamore per organizzare un evento di sensibilizzazione sulle malattie come il diabete.
Quello di tipo 1 è una malattia che colpisce 250.000 persone in Italia con 5.000 nuovi casi ogni anno, in aumento ed è invisibile, nel senso che non ha una ‘fisicità’ prorompente come altre malattie, anche perché colpisce prevalentemente in età giovane, ma non per questo meno grave.
Secondo le statistiche i pazienti che soffrono di questa malattia hanno un’aspettativa di vita inferiore a quella delle popolazione mondiale che, in media, va da 2 a 12 anni in meno. Le cause sono riconducibili, in parte, a eventi cardiovascolari e, in parte, a complicanze dovute all’utilizzo dell’insulina o dello zucchero che possono portare al coma ipo o iperglicemico.