L’osteoporosi primitiva, cioè quella che viene definita comunemente, con termini in parte impropri, come senile o postmenopausale, è dovuta prevalentemente ai cambiamenti nel normale ritmo del ricambio osseo per la diminuita attività degli osteoblasti (che producono la matrice ossea) e una attività osteoclastica relativamente maggiore. Questi cambiamenti determinano la variazione del contenuto minerale osseo (BMC) e quindi la densità minerale ossea (BMD) anche se in tutto o in parte il problema è correlato ad un deficit di deposizione della matrice ossea (quella costituita dalle fibre collagene); quindi, la quantificazione della BMD, che è correlata ai cambiamenti nella matrice ossea, è stato sino ad oggi il sistema più semplice e universalmente accettato di valutare la resistenza ossea e la probabilità di fratture da fragilità.
A causa di questi cambiamenti vi è infatti una riduzione della resistenza ossea che a sua volta determina un aumento del rischio di fratture future, anche con traumi a bassa energia; i siti più frequenti sono l’anca al collo del femore, l’avambraccio al polso e la colonna vertebrale sia a livello toracico che lombare.
La diagnosi di osteoporosi, che può anche essere sospettata su radiogrammi standard, è tuttavia generalmente ottenuta utilizzando metodi quantitativi, tra i quali l’assorbimetria a raggi X a doppia energia (DEXA), che è il più validato, anche se alcune altre tecniche innovative forniscono ulteriori informazioni sui cambiamenti ossei.
La DEXA è ancora il metodo di riferimento per la quantificazione della BMD: è definito come contenuto minerale osseo per centimetro quadrato (g / cm2), quindi i suoi valori sono calcolati su un’immagine piana, e secondo le indicazioni dell’Organizzazione mondiale della sanità (OMS) sono normali se sono superiori a -1 deviazioni standard (SD) rapportati ai valori ottenuti in una popolazione di riferimento (T-score), i valori che vanno da -1 a -2,5 SD sono considerati osteopenici; mentre è definito come osteoporotico un valore di BMD inferiore a -2.5 SD (7-9). L’esame DXA viene eseguito sulla colonna lombare con valutazione delle vertebre da L1 a L4, sull’anca con valutazione del collo femorale e dell’anca totale e, meno frequentemente, sul terzo distale del radio. La DEXA riveste ancora una sua importanza per la bassa dose somministrata al paziente, il tempo di acquisizione e la sua riproducibilità, anche se quest’ultima è moto macchina ed operatore dipendente; alcuni limiti consistono nella presenza di alterazioni ossee degenerative come gli osteofiti marginali che si formano sulle vertebre che possono influenzare il valore della densità minerale ossea.
Alcune di queste limitazioni possono essere aggirate usando la tomografia computerizzata quantitativa (QCT), che consiste in un esame volumetrico di una regione ossea, quindi la densità minerale ossea è espressa in termini non più di g / cm2 ma di g / cm3; I valori di BMD inferiori a 80 g / cm3 sono considerati osteoporotici. Il vantaggio del QCT è la sua capacità di distinguere l’osso corticale e quello trabecolare, che possono essere valutati separatamente; tuttavia, comunque, l’elevata dose di radiazioni erogata al paziente un suo limite importante.
L’ecografia quantitativa (QUS) è una tecnica priva di radiazioni che sfrutta la variazione dell’onda ultrasonora mentre passa attraverso la micro architettura dell’osso. La QUS viene solitamente eseguita in siti periferici come le falangi, il radio distale, la tibia distale e il calcagno; ad oggi tuttavia è entrato in commercio un dispositivo che sfruttando la caratteristica dell’onda ultrasonora effettua una valutazione densitometrica ad ultrasuoni sulle vertebre lombari e sul collo del femore.
Le fratture vertebrali dell’insufficienza della struttura ossea sono una complicanza comune dell’osteoporosi, ma si è diffusa una metodologia abbinabile alla DEXA rappresentata dalla morfometria vertebrale, che può essere applicata su immagini sia convenzionali che, come detto, DEXA erogando solo una piccola quantità di radiazioni, ma anche usando i dati ricavati dalla tomografia computerizzata; la morfometria vertebrale utilizza un metodo semi-quantitativo per caratterizzare le fratture vertebrali.
L’aumento del rischio di fratture ossee future, in corso di osteoporosi, non dipende solo dalla BMD, ma anche dalla “qualità” dell’osso: questa caratteristica è determinata da diversi fattori, come il numero e lo spessore delle trabecole ossee e la loro organizzazione architettonica, anch’essa legata al ricambio osseo e alla mineralizzazione della matrice. Nuove tecniche sono state sviluppate negli ultimi anni per indagare sulla qualità dell’osso. Tra questi, il Trabecular Bone Score (TBS) che viene applicato alle immagini DEXA e fornisce un valore che è indirettamente correlato alla rete trabecolare all’interno dell’osso vertebrale.
Altri metodi di imaging consistono nella Tomografia Computerizzata e nella risonanza magnetica (MRI). Negli ultimi anni sono stati studiati nuovi tipi di tecnologie CT per valutare la micro-architettura ossea e quindi sia la resistenza ossea che il rischio di fratture ossee; in particolare la modellazione degli elementi finiti e la TAC multi-rivelatore (MDCT) hanno dimostrato la loro importanza nella valutazione della BMD anche in altre regioni oltre alla colonna vertebrale lombare, come l’anca; la quantificazione della BMD con questa tecnica è stata correlata all’aumentato rischio di frattura nei pazienti osteoporotici, mostrando una buona correlazione.
Un’altra tecnica CT che è stata sviluppata negli ultimi anni e ha il vantaggio di fornire basse dosi di radiazioni ai pazienti è la QCT periferica ad alta risoluzione (HR-pQCT): questo metodo consente la quantificazione della BMD corticale e trabecolare in siti periferici (radio, tibia, calcagno) e i valori ottenuti sono stati correlati al rischio di frattura ossea.
I vantaggi della risonanza magnetica e lo sviluppo di nuove sequenze sono stati sperimentati per valutare la micro-architettura ossea e il metabolismo in diversi siti. I risultati della risonanza magnetica possono essere correlati agli aspetti clinici dell’osteoporosi e prevedere il rischio di fratture ossee.
Recentemente è stato sviluppato a Trieste un algoritmo che applicato ad una radiografia a basse emissioni delle falangi, attraverso una ricostruzione tridimensionale della struttura ossea è capace di determinare attraverso una valutazione della deviazione dei parametri da quelli di una popolazione normale la qualità dell’osso.
Le tecniche di Imaging per la diagnosi di osteoporosi devono comunque essere valutate anche in relazione alla loro effettiva possibilità di utilizzo in una larga scala della popolazione e abbinate a ricerche di valori legati al metabolismo osseo nel sangue.