Gli ipocondriaci non sono mai troppo convinti che i loro malesseri abbiano una base solo psicologica: riescono ad accedere alla psicoterapia quando realizzano che le proprie preoccupazioni sono davvero eccessive da compromettere la propria qualità di vita. Il trattamento dovrebbe poter ottenere nelle sue finalità:
- un cambiamento della credenza ipocondriaca di vulnerabilità alle malattie;
- l’accettazione della malattia o del suo rischio attraverso la revisione della credenza nucleare o dello schema cognitivo di debolezza fisico e mentale. A tale scopo le strategie indicate sono:
- psicoeducazione. Consiste nello spiegare al paziente i fattori predisponenti, di mantenimento e di scompenso dell’ipocondria e nell’esposizione del piano terapeutico personalizzato.
- Consenso al piano terapeutico e quindi costante monitoraggio dell’alleanza terapeutica.
- Recupero delle memorie (malattie proprie o di familiari, lutti, storie di attaccamento) in cui è stato appreso lo schema cognitivo centrale di debolezza fisica e mentale e sua elaborazione attraverso ad esempio l’approccio con EMDR.
- Individuazione delle principali credenze e fattori di interpretazione disfunzionale del paziente, circa la gravità ed il valore predittivo dei propri sintomi, generati dallo schema cognitivo dominante e promozione di interpretazioni alternative.
- Riduzione dei fattori di mantenimento del disturbo, quali la ricerca di rassicurazione, l’evitamento, i circoli viziosi cognitivi.
- Sviluppo di abilità di gestione dell’ansia e dello stress.
- Ripristino di uno stile di vita che possa tollerare e normalizzare un margine di rischio percepito come più o meno condiviso da chi non sia ipocondriaco
- Collaborazione con medico di famiglia
Terapia farmacologica Si basa fondamentalmente sugli antidepressivi, soprattutto SSR e può seguire le linee guida per il disturbo ossessivo-compulsivo, a cui spesso l’ipocondria è assimilata per le preoccupazioni del paziente intese come ossessioni di malattia
Prognosi. Il decorso è per lo più cronico fluttuante. Tra le variabili prognostiche favorevoli sono: l’età giovanile, esordio acuto, assenza di disturbi di personalità, assenza di malattie organiche, buon livello culturale. La prognosi è peggiore in soggetti che mostrano sintomi gravi fin dall’esordio, comorbidità con altri disturbi psichiatrici, lunga durata di malattia.
VADEMECUM PER GLI OPERATORI MEDICI
E’ importante che il medico, a cui il paziente ipocondriaco si rivolge, dopo aver escluso una base organica dei disturbi riferiti:
- Non sminuisca la concretezza dei sintomi lamentati perché il problema o la lamentela non riguarda l’oggettività di certi sintomi (cefalee, tachichardia, formicolii..), ma, da un punto di vista strettamente psicologico, trattandosi di un problema psicologico, il fatto che questi sintomi vengano interpretati come segni di gravi patologie. Rinnegare la percezione di tali sintomi significa rafforzare il senso di inadeguatezza, cioè la credenza nucleare di debolezza psicologica personale ed il senso di abbandono
- Non si irriti all’esagerazione delle interpretazioni catastrofiche dei sintomi e quindi della paura di ammalarsi da parte del paziente, e stia attento a non restituirgli l’idea di essere ‘matto’, ‘bugiardo’, perché anche in questo caso la critica, diretta o sottesa da uno sguardo svalutante, rafforzerebbe il senso di debolezza e inadeguatezza personale.
- Abbia l’accortezza di segnalare che si tratta di un problema oggettivo ma probabilmente di natura psicologica, di invitare il paziente anche ad un confronto con uno psicoterapeuta senza che questo debba implicare necessariamente la cessazione delle indagini mediche specialistiche. Ciò favorirebbe l’imbocco della strada giusta senza minare la credibilità circa i suoi sintomi ed escludere automaticamente che quel sintomo abbia o possa avere in futuro natura esclusiva o medico o psicologica. In latri termini il paziente può esplorare altre ipotesi interpretative senza abbassare la guardia e rinunciare per forza alla totale prevenzione del rischio.