Circa il 21 % dei pazienti affetti da diabete, prevalentemente di tipo II, sviluppa dopo un periodo variabile di malattia diabetica, una arteriopatia cronica ostruttiva che interessa prevalentemente le arterie del distretto sottogenicolare (arteria tibiale anteriore, arteria tibiale posteriore ed arteria interossea). L’arteriopatia cronica ostruttiva a seconda del grado di compenso emodinamico può comportare un quadro clinico più o meno severo che comprende oltre al dolore ed il claudicatio intermetins anche il rischio di amputazione minore o maggiore.
Qualora clinicamente indicato, il trattamento chirurgico dell’arteriopatia con metodica endovascolare rappresentata da angioplastica eventualmente associata a stenting, è la prima scelta terapeutica. In casi selezionati alla metodica endovascolare si affianca la chirurgia tradizionale con bypass femoro-distali.
Non sempre però è possibile ripristinare la pervietà delle arterie ostruite. Il risultato ottimale è rappresentato dalla pervietà di tutti i tre i vasi arteriosi sopramenzionati e la continuità con l’arcata plantare. Spesso il risultato della terapia chirurgica è solo parziale e si limita alla pervietà del solo vaso target dell’eventuale lesione. Recenti studi hanno evidenziato come in alcuni casi (9% nella nostra esperienza – SICVE 2015) le sole metodiche di rivascolarizzazione chirurgica non riescano a garantire un risultato soddisfacente in termini di guarigione dell’eventuale lesione o limitazione del livello di amputazione.
Negli ultimi anni si è assistito allo sviluppo della medicina rigenerativa ed all’utilizzo di terapie cellulari angiogeniche in pazienti arteriopatici considerati non suscettibili di rivascolarizzazione chirurgica o dopo insuccesso della stessa.
Nell’ambito dei trattamenti angiogenici è inquadrabile l’utilizzo delle cellule autologhe mononucleate (monociti e linfociti, le cosidette A-PBMNC (Autologous Peripheral Blood-MonoNuclearCells); i monociti in particolare sono considerabili progenitori multipotenti (cellule staminali) con attività angiogenica / vasculogenica ed antiinfiammatoria.
Uno studio recente ha dimostrato l’effetto vasculogenico nei pazienti arteriopatici trattati con A-PBMNC attraverso un prelievo di sangue periferico e concentrazione della componente cellulare mediante sistema a filtrazione selettiva (MonoCells Solution – Athena). Questa tecnica prevede l’impianto a livello intra-muscolare di un concentrato cellulare di mononucleate autologo da sangue periferico in grado di creare angiogenesi e vasculogenesi nel tessuto ischemico attraverso un meccanismo di rilascio di fattori angiogenici, citochine e molecole messaggere (effetto paracrino) .
La caratterizzazione del concentrato cellulare di PBMNC ottenuto con sistema a filtrazione selettiva, sia rispetto alle varie popolazioni cellulari che vengono concentrate sia rispetto al rilascio di fattori angiogenici rilasciati è stato recentemente pubblicato.
Recenti meta-analisi delle letteratura indicano che il trattamento dell’ischemia critica dell’arto in pazienti non rivascolarizzabili con terapia cellulare autologa angiogenica, sia da sangue periferico (PB-MNC) che da sangue midollare (BM-MNC), è efficace e sicura . Questi studi suggeriscono che nei pazienti trattati con terapia cellulare angiogenica con mononucleate da sangue periferico autologhe, impiantate intra-muscolarmente lungo l’asse vascolare e peri-lesionalmente, si verifica una riduzione delle amputazioni maggiori, una maggiore e più veloce guarigione delle lesioni trofiche, riduzione e scomparsa del dolore e un miglioramento della ossigenazione periferica valutata mediante TcPO2 .
Peraltro la terapia cellulare angiogenica con PBMNC potrebbe essere utilizzata non solo nei pazienti non rivascolarizzabili o nei fallimenti della rivascolarizzazione, ma anche come terapia adiuvante in pazienti rivascolarizzabili nei quali, la povertà del letto periferico (tipica dei diabetici,) le sole metodiche di rivascolarizzazione chirurgica potrebbero non garantire un risultato soddisfacente in termini di guarigione dell’eventuale lesione o limitazione del livello di amputazione.