L’anisakiasi o anisakidosi o “malattia del verme delle aringhe” è una parassitosi determinata dalla presenza nell’intestino dell’uomo delle larve di 3° stadio di Anisakis Marina, a seguito della loro ingestione con pesci mangiati crudi o poco cotti.
La scoperta della parassitosi umana risale al 1955, a quando cioè Straub trovò al centro di un flemmone eosinofilo, nell’intestino di un paziente che aveva presentato sintomi addominali acuti, un verme lungo 2 cm, poi identificato come larva di 3° stadio di Anisakis sp. , un nematode della famiglia Heterocheilidae. A questa prima citazione fecero presto seguito numerose altre in Olanda e in Giappone, Paesi in cui è di uso frequente il consumo di aringhe e di altri pesci crudi o poco cotti, dimostrando così che la parassitosi è rara ma non certo eccezionale. Tuttavia, da quando mangiare il sushi è diventato una moda, sono stati riferiti casi negli Stati Uniti, in Europa, nel Sud America e in altre zone e di fatto quindi chiunque mangi pesce o calamari crudi o poco cotti è in realtà a rischio.
Ospiti definitivi del parassita o nematode sono vari mammiferi marini (balene, delfini, focene, foche, leoni marini), mentre da secondi ospiti intermedi fungono numerosi pesci (aringhe, sgombri, merluzzi, salmoni, eccetera). In altre parole alcuni mammiferi marini infetti defecano nel mare rilasciando le uova del parassita, che diventeranno larve; quest’ultime sono ingerite dagli ospiti intermedi (crostacei) che a loro volta sono prede dei pesci. Quanto al primo ospite intermedio, alla fonte cioè dell’infestazione dei pesci, essa è tuttora ignota. Nulla si sa infatti delle prime fasi della biologia del verme, e precisamente di quelle fasi che passano tra l’uovo, che viene rilasciato nelle acque non embrionato con le feci dell’ospite definitivo, e la larva di 3° stadio. Da primo ospite intermedio fungono probabilmente copepodi o altri organismi planctonici.
La larva di 3° stadio di Anisakis Marina è riconoscibile in base alle seguenti caratteristiche: presenza di un ventricolo tra esofago e intestino; poro escretore situato all’estremità cefalica ventralmente al dente perforatore; presenza di tre ghiandole anali vicino a retto.
La malattia si manifesta, generalmente entro alcune ore dall’ingestione delle larve, tipicamente nella forma gastrica (95%) con un quadro clinico caratterizzato da dolore allo stomaco acuto e severo, nausea e vomito (in alcuni pazienti le larve vengono espulse proprio attraverso il vomito), febbre lieve e raramente ematemesi (sangue nel vomito) da ulcerazione della parete del viscere. La forma intestinale (5%) della malattia si ha quando il verme riesce a raggiungere vivo l’intestino dell’uomo. L’incubazione per tale motivo può durare diversi giorni e si manifesta con dolore e distensione addominale, nausea, diarrea ed immissione di sangue e muco con le feci. Nei casi più gravi il quadro clinico è facilmente confondibile con quello dell’appendicite acuta o della fase acuta del morbo di Crohn. Istologicamente si tratta di un flemmone della parete intestinale, in particolare del tenue, ma anche dello stomaco, regione ileo-cecale, del cieco, dell’appendice, del colon e del retto, accompagnato da sintomatologia addominale acuta. Il flemmone insorge quando uno stesso distretto intestinale viene parassitato da larve di anisakis in tempi diversi. La prima larva che penetra nella parete intestinale, e vi muore dopo un tempo più o meno lungo, determina una sensibilizzazione più o meno durevole; se prima che tale sensibilizzazione sia risolta un’altra larva viene a parassitare la stessa zona, si ha il flemmone. Tale patogenesi spiega la rarità della malattia nell’uomo. Anche ove sia frequente l’ingestione di pesci contenenti larve vive di Anisakis Marina, la possibilità che due larve vengano a parassitare in tempi diversi pressappoco lo stesso punto del tubo digerente è relativamente remota.
Gli autori giapponesi sostengono l’esistenza di una anisakiasi cronica, mentre quelli olandesi la pongono però un dubbio, ritenendo che la larva del nematode venga abbastanza presto uccisa da forti difese immunitarie locali, umorali e cellulare. In qualche caso è stata accertata la perforazione della parete intestinale da parte del verme e la presenza di esso ancora vivo, nella cavità addominale. In un caso di stenosì pilorica un anisakis è stato ottenuto dopo lavanda gastrica.
La diagnosi di Anisakiasi può essere fatta in base all’espulsione con il vomito del verme oppure in base all’anamnesi, ove questa accerti che qualche giorno prima è stato consumato pesce crudo. Data la sintomatologia tipica di un quadro addominale acuto l’endoscopia o l’intervento chirurgico spesso si rendono necessari per documentare e rimuovere il verme. Di solito, nei pazienti colpiti, viene rinvenuto un solo parassita. Il verme Anisakis non può essere trasmesso direttamente tra gli esseri umani.
Prevenzione
Per prevenire l’Anisakiasi è sufficiente evitare il consumo di pesce e calamari crudi o poco cotti. Per pesce o calamari che comunque sono da consumare marinati o crudi, si raccomanda di congelarli a -18°C per 96 ore in congelatore domestico con almeno 3 stelle prima di consumarli