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Come riportato da alcune ricerche lo stato osteoporotico in sé stesso è correlato al dolore; esse hanno dimostrato come sia la stessa patologia ad indurre ipersensibilità specifica al dolore.
L‘osteoporosi può causare dolore a causa di due principali situazioni. In primo luogo, ovviamente, il dolore può essere dovuto a una frattura ossea, specialmente nelle vertebre e nel collo femorale a causa della loro ridotta densità minerale. Ma, contrariamente ai pazienti con dolore causato da una frattura da fragilità, spesso acuto ed intenso, e, contrariamente a quanto spesso asserito, anche in ambito specialistico, alcuni pazienti osteoporotici possono lamentare un dolore lombosacrale, vago, disagevole, persistente ma senza alcuna evidenza di frattura clinica.
Il dolore correlato all’osteoporosi tende ad essere forte e acuto se è dovuto a frattura o collasso, mentre il dolore osteoporotico correlato alla patologia è poco specifico ed insistente. Il dolore osteoporotico non traumatico può provenire da microfratture, non rilevabili, o da cambiamenti strutturali come l’affaticamento muscolare nei pazienti con alterazione della postura. Questo dolore, quindi, può essere derivato da molteplici fattori, tra cui fattori microtraumatici non evidenziabili, come le microfratture, ma può avere anche origine posturale. Inoltre, come detto, alcuni studi hanno dimostrato che lo stato osteoporotico stesso è correlato al dolore a causa di una iperalgesia dovuta ad un aumento dell’espressione neuropeptidica correlata al dolore o dei canali sensibili agli acidi sia localmente e sia nelle terminazioni del sistema nervoso. Il trattamento tradizionale per il dolore osteoporotico previene potenzialmente possibili dolori indotti da fratture aumentando la densità minerale ossea e interessando i mediatori correlati come osteoclasti e osteoblasti.
Il dolore cronico derivante da disturbi muscoloscheletrici svolge un ruolo chiave nel profilo sanitario della popolazione anziana generale; il mal di schiena (LBP, Low Back Pain) è uno dei più importanti problemi di salute pubblica, in quanto è uno dei sintomi più comuni che le persone ancora giovani, e non solo quelle anziane, sperimentano nella loro vita.
Il dolore cronico da osteoporosi ha le caratteristiche sensoriali (come alterazioni posturali, fratture e atrofia muscolare) ma anche del dolore nocicettivo e neuropatico.
Il corpo vertebrale è innervato anatomicamente dalle fibre nervose sensoriali intravertebrali legate al dolore e i nocicettori (recettori nervosi che trasmettono le sensazioni dolorose) rispondono a stimoli meccanici, termici e chimici. Lesioni o infiammazioni provocano il rilascio di vari mediatori chimici (ad es. Prostaglandine, citochine ecc.). Questi mediatori chimici stimolano l’attività degli osteoclasti, attivano i nocicettori e ne diminuiscono, inoltre, la soglia di attivazione.
Gli osteoclasti, nei soggetti osteoporotici, degradano in eccesso il collagene su cui i minerali ossei sono depositati, secernendo i protoni e creando microambienti acidi locali che con l’infiammazione generata, evocano la stimolazione di alcuni recettori specifici (cosiddetti TRPV1). Inoltre, questo microambiente acido prodotto dall’infiammazione stimola i canali ionici acido-sensibili (ASIC) nei nocicettori sensibili all’acido.
Quali rimedi? Ad esempio la vitamina D; essa, infatti, allevia il dolore muscoloscheletrico e riduce i marker infiammatori nei pazienti con osteoporosi.
Ma anche una terapia riabilitativa basata su esercizi specifici. Approcci complementari e alternativi, come yoga e Pilates, sono stati proposti per migliorare la funzione e ridurre il dolore cronico alla colonna vertebrale. È essenziale che tutti gli esercizi vengano eseguiti in sicurezza, con una graduale progressione della difficoltà, evitando la flessione e la rotazione del tronco, che potrebbero essere dannose e aggravare il mal di schiena. Tenendo conto di queste precauzioni, secondo Tüzün ed altri autori, lo yoga è un approccio che ha un effetto positivo sul dolore e ha benefici fisici e sociali per i pazienti con osteoporosi. Gli esercizi di Pilates aumentano la BMD, migliorano la qualità della vita e le distanze di camminata, alleviano il dolore. Alcune discipline poco comuni da noi, come riportato da Wei ed altri autori, si sono dimostrate efficaci; un programma di esercizi a base di Wuqinxi (il gioco dei cinque animali) per almeno 6 mesi, cinque volte a settimana per 30-60 minuti ogni sessione, può migliorare i sintomi del dolore.
Esistono poche prove sull’uso dei campi magnetici nel dolore cronico associato all’osteoporosi. Una recensione di Huang et al. ha concluso che i PEMF a bassa frequenza (campi elettromagnetici pulsati) alleviano il dolore dell’osteoporosi in modo rapido ed efficiente. Essi agiscono sia stimolando la rigenerazione ossea, sia attraverso una inibizione dei meccanismi patogenetici del dolore.
Infine, tra i metodi non farmacologici, va citato l’allenamento con vibrazioni (pedana vibrante) che può trattare il dolore indotto dall’osteoporosi migliorando il tono muscolare (importante quello dei muscoli paravertebrali) e la coordinazione neuromuscolare, il che consente di non sottoporre le vertebre a carichi distribuiti in maniera incongrua. Questo tipo di esercizio deve essere iniziato a frequenze di vibrazione più basse, aumentando gradualmente durante la terapia e sempre sotto controllo medico.
Tralasciando i più comuni analgesici per il trattamento del dolore muscoloscheletrico da bifosfonati, non si può non citare il Cannabidiolo (cbd, ora estratto anche dai fiori della magnolia e quindi non soggetto a restrizioni di legge). Anche esso esercita la propria azione su più fronti, agendo sia sulla percezione del dolore sia stimolando l’attività degli osteoblasti (vedi un mio precedente articolo).