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Gli estrogeni potrebbero proteggere le donne da Covid-19, riducendo la mortalità. L’ipotesi emerge da un’analisi dei dati epidemiologici dell’Istituto superiore di sanità del periodo compreso tra il 22 febbraio e il 19 aprile 2020, che mostrano esiti più gravi nei pazienti di sesso maschile, ma che variano a seconda delle fasce d’età. Anche se la differenza di mortalità potrebbe dipendere da diversi fattori di rischio, inclusi stile di vita, fumo, età e genetica, questi non spiegano il brusco e costante cambiamento dopo i 50-59 anni.
Gli ormoni ovarici influenzano infiammazione immunità e l’espressione dell’enzima di conversione dell’angiotensina 2 (Ace2), che pare giocare un ruolo nel determinare la progressione di Covid-19. E questi effetti vengono persi con la menopausa. Da un rapporto di mortalità tra uomo e donna di 4:1 fino a 50 anni, si arriva a uno pari a 4:2 negli over-50. «Considerando il tasso di mortalità degli uomini pari al 100%, il tasso di mortalità delle donne è del 27,8% di questo (-72,2%) tra i 20 ei 59 anni e del 50,6% di questo (-49,4%) tra i 60 e gli 89 anni» scrive Angelo Cagnacci, dell’Ospedale San Martino di Genova, nell’articolo pubblicato su American Journal of Obstetrics and Gynecology. «Sicuramente saranno necessarie ulteriori indagini, ma possiamo intanto formulare l’ipotesi che questa variazione specifica nelle donne over 50 – quindi in età post-menopausale, senza ormoni circolanti – dipenda da un possibile effetto protettivo degli estrogeni in età fertile perché non solo il tasso di mortalità per Covid-19 è inferiore nelle donne rispetto agli uomini, ma le più giovani hanno meno probabilità di aggravarsi in caso di infezione» ha dichiarato l’autore spiegando come non siano state incluse donne in gravidanza, dove gli estrogeni sono elevati.
La mancanza di dati rilevanti di mortalità nel nostro Paese supporta l’ipotesi che la presenza di ormoni femminili, anche in eccesso, protegge dall’infezione. Cagnacci ha anche specificato che la Società italiana per la menopausa e la Società italiana della contraccezione, di cui è rispettivamente presidente e vicepresidente, non sostengono l’interruzione della terapia ormonale o della pillola contraccettiva, mentre i dati indicano di continuare l’assunzione ormonale per non aggravare il corso della malattia. I medici invece ne consigliano spesso l’interruzione «Questo perché erroneamente si pensa che sospendere qualsiasi cosa la donna stia assumendo, soprattutto ormoni, porti un beneficio in situazioni critiche, non conoscendo tuttavia i meccanismi attraverso cui si sviluppa la malattia» ha aggiunto.
Am J Obstet Gynecol. 2020. Doi: 10.1016/j.ajog.2020.05.039
https://www.ajog.org/article/S0002-9378(20)30572-X/pdf