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Un trattamento antibiotico di durata ridotta, meglio se personalizzato, può essere efficace nel trattare una batteriemia in maniera paragonabile a un periodo di cura più lungo, secondo uno studio pubblicato su Jama. «L’aumento della resistenza agli antibiotici e la mancanza di nuovi medicinali in questa classe è attualmente un grave problema di salute globale. Ridurre l’uso di antibiotici sembra essere una delle poche soluzioni per preservare la loro efficacia e limitare l’emergere di resistenza» spiega Angela Huttner, della University of Geneve, in Svizzera, che ha guidato il gruppo di lavoro.
«Cicli di trattamento relativamente lunghi rimangono tuttavia lo standard di cura, sebbene si basino sulla tradizione medica piuttosto che su solide prove scientifiche» prosegue. I ricercatori hanno studiato 500 pazienti ricoverati in tre ospedali svizzeri per valutare se in caso di batteriemia fosse possibile una gestione più breve, che darebbe con meno probabilità problemi di resistenza rispetto al trattamento standard che consiste in un ciclo di antibiotico della durata di 14 giorni, anche se le condizioni del paziente migliorano rapidamente. Un gruppo di pazienti (gruppo controllo) ha ricevuto il consueto ciclo di antibiotici di 14 giorni, un secondo gruppo ha ricevuto lo stesso antibiotico, ma solo per sette giorni e un terzo gruppo ha ricevuto antibiotici per una durata personalizzata, a seconda del livello di infiammazione di ciascun paziente determinato con una misurazione giornaliera della proteina C reattiva. Ebbene, i dati mostrano che una durata del trattamento ridotta della metà è ugualmente efficace. Inoltre, è emerso che la personalizzazione del regime antibiotico in base alle caratteristiche individuali e ai modelli di malattia di ciascun paziente potrebbe consentire di ridurre ulteriormente la dose del farmaco senza perdita di beneficio terapeutico. Gli autori sottolineano che il principio di una “soluzione unica per tutti” è sempre meno vero in medicina, e la caratterizzazione dei biomarcatori dell’infiammazione potrebbe portare a trattamenti veramente personalizzati, limitando sempre più il rischio di resistenza. «Come primo passo, per ora possiamo già raccomandare di ridurre il trattamento delle batteriemie a sette giorni» concludono i ricercatori.
Jama 2020. Doi: 10.1001/jama.2020.6348
https://dx.doi.org/10.1001/jama.2020.6348