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Nasce la prima Carta dei principi e dei valori per la partecipazione dei pazienti ai trial clinici, documento che scaturisce dalla collaborazione tra un gruppo di ricercatori di bioetica e biodiritto del Cnr, Consiglio nazionale delle ricerche, coordinato da Cinzia Caporale del Comitato nazionale di bioetica, e da “Persone non solo Pazienti”, la piattaforma di dialogo promossa da Fondazione Roche insieme a sedici associazioni pazienti. La Carta è la prima di questo genere a livello europeo ed è stata presentata in una conferenza stampa online.
Avere terapie sempre più a misura dei pazienti, dare loro e alle associazioni più voce in tutte le fasi della sperimentazione affinché possano dare il loro contributo al progresso della medicina e dell’innovazione e soprattutto affinché vengano ascoltati agevolando il riconoscimento formale del ruolo delle associazioni, è l’obiettivo principe dell’iniziativa, come ha spiegato, insieme agli altri relatori, anche Mariapia Garavaglia, presidente Fondazione Roche, che da sempre sostiene la ricerca clinica indipendente. «Vogliamo fare in modo che davvero il paziente sia protagonista e che si lavori intorno a lui – ha commentato Garavaglia -. Il motore dell’iniziativa di “Persone non solo Pazienti” è stata l’esigenza crescente che gli studi riflettano il più possibile la real-life, insieme alla necessità di accelerare le procedure e favorire lo svolgimento di trial di qualità in tempi minori. La presenza delle associazioni di pazienti rappresenta una garanzia di partecipazione e di controllo. Questo strumento può aiutare i pazienti a essere protagonisti nel dialogo sia con i ricercatori sia con i decisori politici». Secondo Cinzia Caporale la carta è un punto di partenza, «migliorabile con la partecipazione di istituzioni, comunità scientifica e di altre associazioni di pazienti, una compartecipazione all’impresa comune che sicuramente potrà portare un cambiamento e che si potrà consolidare solo attraverso un lavoro congiunto con gli operatori della salute». La Carta suggerisce le azioni fondamentali per garantire il coinvolgimento del punto di vista del paziente in ciascuno stadio del processo di sperimentazione clinica. Questioni approfondite dai relatori in conferenza stampa, a partire da Andrea Grigolio, Medical Humanities e Bioetica all’Università Vita-Salute San Raffaele di Milano, docente di Storia della Medicina, che ha sottolineato l’unicità di questa Carta: «Fino ad oggi i pazienti sono stati coinvolti nelle sperimentazioni per lo più a giochi fatti, cioè nell’ultima parte, quando i farmaci sono immessi sul mercato – ha commentato -. La rivoluzione è voler coinvolgere i pazienti in tutte le fasi precedenti, anche a livello internazionale».
Secondo i promotori, la partecipazione attiva dei pazienti ottimizza lo svolgimento dei trial, ne migliora la sostenibilità riducendo i costi organizzativi, promuove l’appropriatezza prescrittiva e favorisce un approccio personalizzato alle terapie farmacologiche. Il coinvolgimento delle associazioni nel disegno e progettazione di trial clinici porterebbe definire gli obiettivi delle sperimentazioni in modo più rispondente alle reali esigenze dei pazienti in termini di efficacia, sicurezza, funzionalità e sopravvivenza, come hanno ricordato Andrea Buzzi, fondatore di Paracelso Onlus, Stefania Vallone di Walce onlus, Emanuela Crapanzano di Associazione famiglie Sma onlus e Nicoletta Cerana di Acto onlus. Nella fase di arruolamento il coinvolgimento delle associazioni, oltre a permettere una più rapida e affidabile azione, aiuta a superare possibili iniquità nell’accesso alla ricerca scientifica e ai trial clinici. Il coinvolgimento nel disegno dei trial può ridurre il rischio che l’arruolamento dei pazienti avvenga in modo arbitrario, tramite il controllo dei criteri di inclusione/esclusione; nello svolgimento dei trial le associazioni possono segnalare aspetti determinanti per misurare l’impatto dei farmaci sui pazienti, ad esempio quali sono i sintomi con un maggior impatto sulla qualità della vita, le modalità di somministrazione dei farmaci più adatte alla gestione ordinaria delle cure, la tollerabilità degli effetti collaterali, eventuali aspetti del percorso di cura non adeguatamente considerati; prima, durante e dopo il trial, le associazioni possono trasferire ai pazienti le informazioni sui trial e chiarire i loro dubbi, favorire la comunicazione tra il paziente e i ricercatori, facilitare la comprensione del consenso informato e contribuire alla diffusione dei risultati della sperimentazione.
(fonte Doctor 33)