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Secondo un nuovo studio pubblicato sul Journal of Physiology, 12 settimane di stretching passivo aiutano a migliorare il flusso sanguigno facilitando la dilatazione delle arterie e diminuendo la loro rigidità. Lo stretching passivo differisce da quello attivo in quanto comporta una forza esterna, che può essere un’altra persona o anche la gravità, che allunga i muscoli di una persona, e non viene eseguito dalla persona stessa. «I cambiamenti che abbiamo osservato nei vasi sanguigni potrebbero avere implicazioni per alcune malattie, tra cui quelle cardiache, che sono caratterizzate da variazioni nel controllo del flusso sanguigno, a causa di un sistema vascolare compromesso» spiega Emiliano Cè, dell’Università degli studi di Milano e dell’Irccs Galeazzi di Milano, co-autore principale dello studio insieme ad Angela Valentina Bisconti della University of Utah e dell’Università di Milano.
I ricercatori hanno suddiviso 39 partecipanti sani di entrambi i sessi in due gruppi. Il gruppo sperimentale è stato sottoposto a stretching passivo delle gambe cinque volte a settimana per 12 settimane, mentre i controlli non hanno fatto alcun tipo di stretching. Gli esperti hanno quindi valutato l’effetto dello stretching passivo sul flusso sanguigno locale e nella parte superiore del braccio, e hanno scoperto che le arterie nella parte inferiore della gamba e nella parte superiore del braccio, quando stimolate, mostravano un aumento del flusso sanguigno e della dilatazione, insieme a una riduzione della rigidità. Secondo gli autori, replicare questo studio in pazienti con malattia vascolare potrebbe indicare se questo metodo di allenamento sia un potenziale nuovo trattamento senza farmaci per migliorare la salute vascolare e ridurre il rischio di malattia, specialmente nelle persone con mobilità ridotta. Lo stretching passivo, inoltre, potrebbe essere sfruttato durante il ricovero o dopo interventi chirurgici, al fine di preservare la salute vascolare quando i pazienti hanno scarsa mobilità, e potrebbe essere portato avanti anche a casa da badanti o familiari. «Questa nuova applicazione dello stretching è particolarmente rilevante nell’attuale periodo di pandemia in cui le persone sono sottoposte a un maggiore confinamento a casa, dove la possibilità di eseguire un allenamento benefico per migliorare e prevenire malattie cardiache, ictus e altre patologie simili è limitata» concludono gli autori.
J Physiology 2020. Doi: 10.1113/JP279866
https://doi.org/10.1113/JP279866