Covid-19, mortalità ridotta da plasmaterapia. Risultati del S. Matteo di Pavia e dell’ospedale di Mantova

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Covid-19: una prima risposta importante sull’efficacia della plasmaterapia – ovvero l’uso del plasma di pazienti donatori convalescenti in soggetti critici ricoverati in terapia intensiva – giunge dalla pubblicazione dei risultati di uno studio condotto dal San Matteo di Pavia e dall’Asst di Mantova: si è passati da una media precedente che oscillava tra il 13 e il 20% di pazienti in terapia intensiva, a un livello del 6% una volta applicata la plasmaterapia. Nello studio, iniziato in marzo e concluso in maggio, ha visto l’arruolamento di 46 pazienti ricoverati nei due ospedali di Pavia e Mantova, a esclusione di uno proveniente da fuori regione. Le persone coinvolte avevano più di 18 anni, con malattia di Covid-19 e sindrome da distress respiratorio acuto da moderato a grave, elevata proteina C-reattiva e necessità di ventilazione meccanica e/o Cpap (ventilazione meccanica a pressione positiva continua). il tampone nasofaringeo positivo e difficoltà di respirazione tali da necessitare supporto di ossigeno o intubazione. Tra gli altri criteri di selezione: una radiografia al torace positiva, che mostrasse la polmonite interstiziale bilaterale, e caratteristiche respiratorie tali da far preoccupare il clinico.

«Generalmente, la carica virale ha un picco nella prima settimana di infezione» spiega Cesare Perotti, direttore del servizio di Immunoematologia e Medicina trasfusionale del San Matteo «e il paziente sviluppa una risposta immunitaria primaria entro 10-14 giorni, seguita dalla clearance del virus». I ricercatori hanno quindi osservato l’effetto dell’immunizzazione passiva, somministrando anticorpi specifici contenuti nel plasma dei soggetti guariti. «Ciò è stato fatto sapendo che il plasma avrebbe potuto rivestire un ruolo terapeutico, senza gravi controindicazioni nei pazienti critici e mediante una procedura di raccolta, la plasmaferesi, rapida ed efficace. In questo modo si sarebbe messo immediatamente l’emocomponente a disposizione di chi ne avesse necessità» precisa Perotti, sottolineando che il lavoro di Pavia e Mantova è stato utilizzato da molti Paesi extraeuropei. «Prendendo il siero di pazienti che hanno superato l’infezione, a due settimane dal primo caso, e aggiungendolo a colture cellulari, abbiamo notato che lo sviluppo del virus veniva annientato, segno della presenza di anticorpi neutralizzanti» afferma Fausto Baldanti, responsabile del Laboratorio di Virologia molecolare del Policlinico San Matteo A quel punto è stato necessario effettuare una titolazione del plasma «per capire quale diluizione di siero fosse ancora in grado di uccidere il virus in coltura. Il risultato ottenuto ha accertato che anche con un rapporto di 1 a 640 – ossia con una diluzione di 640 volte del plasma di un paziente – si era in grado a uccidere il virus». Grazie alla plasmaterapia, da un decesso atteso ogni 6 pazienti, se ne è verificato uno ogni 16. «Lo studio» sottolinea Massimo Franchini, direttore del Servizio immunostrasfusionale dell’Asst di Mantova «è il primo condotto nel mondo occidentale sull’utilizzo del plasma convalescente nel Covid-19 e ha aperto la strada agli studi randomizzati condotti successivamente in Europa e negli Usa. Il risultato più rilevante è quello di una riduzione della mortalità assoluta del 9% nei pazienti trattati con l’emocomponente rispetto alla casistica nazionale. Questo importante risultato è stato ottenuto grazie all’efficacia del plasma nel migliorare il quadro respiratorio e polmonare dei pazienti e nel ridurre gli indici infiammatori e la carica virale». «Il plasma iperimmune rispetto al Covid-19 mostra benefici promettenti, da confermare in uno studio randomizzato controllato» concludono gli autori. «Questo studio “proof of concept” potrebbe aprire a futuri sviluppi tra cui una banca del plasma iperimmune così come allo sviluppo di prodotti farmaceutici standardizzati e di anticorpi monoclonali».

Haematologica, 2020 Jul 23. [Epub ahead of print] Doi: 10.3324/haematol.2020.261784
https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/32703797/

 

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