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L’acido folico, il magnesio e i prodotti lattiero-caseari aiutano a prevenire il cancro al colon, mentre non si può affermare lo stesso per l’aglio, la cipolla, il pesce, il tè o il caffè. A dirlo è una revisione sistematica della letteratura e meta-analisi pubblicata su Gut, nella quale sono stati analizzati gli studi clinici e gli studi osservazionali condotti tra il 1980 e il 2019 sull’impatto di fattori dietetici, vitamine, integratori e farmaci sul rischio di cancro colorettale, un tumore che, come ricordato dagli autori, impiega più di 15 anni a svilupparsi, offrendo così una possibilità per lo sceening e la prevenzione.
I risultati ottenuti mostrano che l’aspirina abbassa il rischio dal 14 al 29% alla dose di 75 mg/giorno con un effetto dose-risposta fino a 325 mg/giorno, e che gli anti-infiammatori non steroidei sono associati a una riduzione dell’incidenza tra il 26 e il 43%. L’assunzione di almeno 255 mg/giorno di magnesio, rispetto a una minore, si associa a un rischio più basso del 23%, mentre l’alto apporto di acido folico, di cui però non si è stabilito il valore soglia, ha un rischio più basso del 12-15%. Anche il consumo di prodotti lattiero-caseari, nonostante non si sia stabilita la quantità necessaria, è associato a un rischio più basso (13-19%), come quello di fibre (22-43%). Mentre il consumo di frutta e verdura abbassa il rischio fino al 52% e il beneficio aumenta ogni 100 g al giorno in più, il consumo di soia si associa una riduzione modesta (8-15%). Invece, non sono state trovate prove in merito a vitamina E, C, multivitamina, b carotene e selenio. Le prove sono risultate invece incoerenti nel caso delle vitamine A e B e i dati deboli o equivoci con altri prodotti, quali tè, aglio, cipolla, vitamina D (sola o in combinazione con il calcio), caffè e caffeina, pesce e omega 3. L’effetto protettivo delle statine emerso dagli studi osservazionali non è stato confermato nella meta-analisi di quelli clinici, così come è stato riscontrato con un alto apporto di calcio, nel qual caso la meta-analisi di studi clinici ha suggerito addirittura un aumento di rischio. Sembra certo invece che il rischio aumenti, in diverse percentuali, con il consumo di carne, soprattutto se rossa o processata, e alcol aumentando con un maggior consumo e visibile anche con 1-2 drink al giorno. Per gli autori, nonostante affermino che i risultati vanno interpretati con cautela e che non è stato possibile definire dosaggio e durata di esposizione ottimale per nessun prodotto, i risultati potrebbero indirizzare gli studi futuri e aiutare i medici a consigliare i pazienti sulla dieta da seguire.
Gut. 2020. Doi: 10.1136/gutjnl-2020-320990
https://doi.org/10.1136/gutjnl-2020-320990