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È fenomeno acclarato come lo stato ansioso rappresenti l’emozione dominante durante la pandemia da COVID – 19. Il dato è vero sia per quelle persone già in qualche misura affette da problematiche emotive, che ricercavano con insistenza la rassicurazione del Curante di Famiglia – durante la prima fase del lockdown- e che soffrivano ulteriormente per l’impossibilità di un contatto diretto con questi, sia per quei tanti soggetti che, pur non avendo presentato nel passato particolari problematiche, si apprestano a vivere il secondo lockdown con sofferenza crescente, una condizione di prolungamento temporale di una situazione di stress intenso e protratto.
Si tratta sicuramente di un quadro generale, con ricadute pesanti, negative e diffuse sullo stato di benessere psicologico della popolazione, testimoniato anche dalla frequenza della ricerca di contatti medici, sia a scopo rassicurativo che di richiesta, anche solo telefonica, di supporto farmacologico, o d’ascolto e rassicurazione.
L’isolamento sociale obbligato rappresenta un’esperienza nuova per la popolazione, eccezione fatta per coloro che hanno subito, o partecipato, a guerre o catastrofi. Con la riduzione obbligata dei contatti personali si assiste allo sviluppo del sentimento di isolamento, responsabile in molti casi dell’attivazione di condotte compensatorie, talora maniacali, o sopra le righe, rivolte al mantenimento delle relazioni con gli altri, in qualsiasi modalità alternativa al contatto diretto. Da qui l’enorme incremento delle comunicazioni telefoniche, delle videochiamate, dei contatti on line, la creazione di gruppi in WhatsApp, la presenza ossessiva, eccessiva, ostentativa di sé nei social media.
È chiaro come le telecomunicazioni e le varie tecnologie svolgano una funzione utile, in questo periodo nell’alleggerire il disagio emotivo associato all’isolamento, ma il loro uso eccessivo sta d’altra parte comportando il rischio dello sviluppo di condotte di dipendenza.
E’ il rischio del cosiddetto “Uso Problematico di Internet” che, almeno in soggetti in qualche modo predisposti, può sfociare in quadri di reale dipendenza comportamentale, anche secondo modalità specifiche (shopping compulsivo, gambling, gaming, ecc. ). In soggetti già predisposti può risultare concreto il rischio di abuso di oppiacei, o di sostanze psicotrope, ad esempio cannabinoidi, rivolti ad attenuare lo stato di tensione emotiva. Per alcuni, dotati di minori capacità adattative all’isolamento, la riduzione forzata dei contatti personali può tradursi in reattività di tipo depressivo, con tendenza anche verso condotte di ulteriore chiusura, sia verso l’esterno che verso le persone eventualmente conviventi. Infine, è evidente che la convivenza forzata e prolungata possa esacerbare situazioni di preesistenti difficoltà relazionali, con sviluppo di atteggiamenti violenti fisici e verbali, di tensioni, di emozionalità negativa, oltre a fenomeni di autolesionismo.
L’isolamento, però, può anche costituire per alcuni una fase di maggiore distensione dei rapporti interpersonali in generale, di recupero di relazioni precedentemente vissute in modo affrettato, per maggiore disponibilità di tempo. E’ evidente che la struttura psicologica preesistente, in questo particolare momento storico/sociale gioca un ruolo centrale nell’orientare verso risposte emotive negative o positive e quella attuale rappresenta per tutti una esperienza di vita del tutto nuova.
Tempi della giornata ben scanditi, occupazioni individuali e comuni ben distinte, condivisione di interessi, ma anche di preoccupazioni e risposte ansiose, programmazione comune possono divenire non solo funzionali al miglior grado possibile di adattamento, ma anche occasione di recupero o di miglioramento di profili relazionali, caratterizzati da difficoltà pregresse.
Dunque, sul piano strettamente strategico sarà importante – una volta mitigato o azzerato il lockdown – non passare in modo brusco dallo stato di pressoché totale limitazione di relazioni ed attività esterne a quello di ripresa completa e non controllata del precedente stile di vita.
Sul piano psicologico non si dovrebbe passare dall’elaborazione depressiva della situazione di limitazione a quella euforica della liberazione da questa. Sarà utile, sia praticamente, per limitare il rischio generale di ripresa del contagio, che psicologicamente, gradualizzare il ritorno alla vita normale, mantenendo ancora le condotte di prudenza e riprendendo solo nel tempo i precedenti ritmi di attività, sociale e lavorativa. Non è possibile, peraltro, escludere che solo in tempi successivi alla fine dell’isolamento vengano vissute in modo più manifesto le conseguenze psicologiche negative di esso anche con la possibile comparsa, o esacerbazione, di sintomatologie ansiose, depressive, psicosomatiche, o di altro tipo. Tenendo ben presente la natura quasi fisiologica di tali reazioni potrebbe in alcuni casi essere utile il ricorso al supporto medico, psichiatrico, psicoterapeutico, per il periodo necessario a proteggere il graduale ritorno alla normalità di vita.