Il vaccino: proviamo a conoscere meglio come agisce

Il termine vaccino deriva dal latino vaccinus (=vacca) e prende le sue origini dall’inoculazione nell‘uomo di materiale infetto prelevato dalle pustole di vaiolo bovino (malattia benigna nell’uomo) che comportava una "protezione“ verso il vaiolo umano (prima vaccinazione antivaiolosa Jenner E. 14 maggio 1796).

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La pratica vaccinale ha origini ben più lontane considerando che la capacità del sistema immunitario di rispondere attivamente in seguito all’incontro con un agente patogeno infettivo fu descritta per la prima volta dallo storico greco Tucidide nel 430 a.C. nel racconto della «Peste di Atene», probabilmente causata da un’ epidemia di febbre tifoide o di vaiolo. Per comprendere al meglio il ruolo del vaccino occorre fare un breve cenno su cosa sia il sistema immunitario, come funziona e che relazione intercorre tra vaccino e sistema immunitario.

Il sistema immunitario è costituito da un insieme di cellule e molecole coinvolte nel processo dell’immunità. Nell’ultimo periodo il termine “immunità” è diventato onnipresente in riferimento alla pandemia da virus Sars-Cov-2 e forse non sempre è stato inteso in maniera appropriata. L’immunità non è altro che la protezione di un organismo in primo luogo dalle malattie provocate da agenti infettivi (virus, batteri, parassiti, miceti) che vengono riconosciuti come estranei (non self). Si parla di immunità naturale o innata e di immunità acquisita o adattativa. Soffermiamoci sulla seconda. E‘ l’immunità che viene indotta in presenza dell’agente infettivo patogeno, in seguito alla produzione di molecole e cellule prodotte in seguito e che agiscono in maniera specifica contro quel determinato microrganismo patogeno che riconosciuto come estraneo all’organismo ospite (uomo) dovrà essere allontanato/eliminato. Il ruolo del vaccino è proprio questo: indurre una risposta immunitaria specifica nell’orgasnismo ospite per eliminare l’agente patogeno infettivo. Ruolo svolto attraverso la vaccinazione, procedura medica di profilassi primaria che consiste nell’inoculazione all’interno di un organismo di un preparato biologico che può essere costituito da: microrganismo inattivato, reso apatogeno, o di una sola parte di esso per indurre una risposta immunitaria specifica mediante la stimolazione della produzione di anticorpi specifici in modo tale da contrastare l’eventuale insorgere dell’infezione. Per poter fare tutto ciò un vaccino deve possedere alla base due requisiti fondamentali: dev’essere innocuo (non deve provocare un danno all’organismo ospite) ed efficace inducendo contemporaneamente una duplice azione: immunizzante e protettiva.

In particolar modo l’efficacia di un vaccino si evidenzia attraverso quattro punti fondamentali: – Specificità – Immunogenicità – Memoria immunologica – Protezione. La risposta immunitaria deve portare alla costituzione di una memoria immunologica di lunga durata, anche in ambiente completamente libero dal patogeno (antigenfree). Importanti sono sia la formulazione scelta per l’allestimento del preparato vaccinale che la via di somministrazione (sottocutanea, intradermica, intramuscolare e orale). Ma spesso si sente parlare di numero di somministrazioni e ci si chiede perché dopo il primo inoculo a distanza di giorni dev’essere praticata una seconda somministrazione. Il nostro sistema immunitario è dotato di un magnifico meccanismo denominato memoria immunologica che nel momento in cui l’organismo ospite entra in contatto per la seconda volta con l’agente patogeno (antigene) gli permette di contrastarlo grazie alla capacità di produrre subito gli anticorpi specifici per contrastarlo ed eliminarlo.

Affinché si possa instaurare un’adeguata risposta immune verrà fornita una prima somministrazione di vaccino (inoculazione al tempo zero) e nel caso in cui si voglia ottenere una risposta anticorpale che copra una distanza temporale maggiore una seconda somministrazione definita in gergo medico dose booster o dose di richiamo in modo tale da stimolare il meccanismo della memoria immunologica. Dalla somministrazione del primo vaccino ad oggi le tecniche per la messa a punto di preparati vaccinale sempre più efficaci si sono notevolmente evolute, basti pensare al vaccino anti-vaiolo allestito con virus vino attenuato e che ha portato nel 1980 l’Organizzazione Mondiale della Sanità a dichiarare la completa eradicazione dal vaiolo a livello mondiale (ultimo caso di vaiolo negli Stati Uniti risale al 1949) fino ad arrivare alle più sofisticate tecniche di allestimento con la metodica del DNA ricombinante (specifiche informazione genetiche del patogeno vengono copiate e clonate per portate alla produzione di molecole antigeniche che andranno ad indurre la risposta immunitaria dell’organismo ospite).

Le tipologie di vaccino sono molteplici: da quello a virus inattivato, ad antigeni purificati, ad anatossine. Ma l’ultima tecnica altamente sofisticata che nell’ultimo periodo sta facendo discutere il mondo intero è quella messa appunto per l’allestimento del vaccino attivo contro la malattia da virus Sars-Cov-2 è quella con la tecnologia del RNA messaggero (mRNA). Partendo dal presupposto che SARS-Cov-2 è in grado di infettare le cellule dell’ospite utilizzando una proteina di superficie (proteina Spike) che gli permette di penetrare all’interno della cellula stessa innescando tutti i meccanismi che gli permetteranno di sfruttare a suo favore i meccanismi di replicazione intracellulari per dare origine alla progenie virale. Questa nuova tecnica consiste nell’utilizzo di molecole di mRNA (molecola depositaria delle informazioni genetiche che verranno tradotte per trasmettere tali informazioni alle progenie). Nel caso specifico del vaccino denominato COVID-19 mRNA BNT162b2 (Comirnaty), la molecola di RNA messaggero virale introdotta con l’inoculazione del preparato vaccinale porta l’informazione per la sintesi della proteina Spike da parte delle cellule dell’ospite. Per poter attraversare la membrana cellulare e fare il loro ingresso nella cellula gli mRNA son stati introdotti in vescicole lipidiche che fungono da vettori. La vescicola riesce ad attraversare il doppio strato fosfolipidico di cui è costituita la membrana cellulare ed una volta giunta all’interno si innescheranno i complessi meccanismi di trascrizione e traduzione che porteranno alla sintesi della proteina virale Spike.

Fate bene attenzione che ciò non vuole assolutamente dire che il vaccino contiene il virus né tantomeno che può provocare la malattia!!!! Sta semplicemente a significare che la sintesi di numerose copie di proteina Spike in qualità di molecola antigenica verranno individuate dal sistema immunitario dell’organismo ospite ed indurranno una risposta immunitaria acquisita specifica che si tradurrà nella produzione di molecole, gli anticorpi, in grado di contrastare in maniera specifica la replicazione virale). Terminato il suo compito la molecola di mRNA verrà degradata attraverso un complesso meccanismo grazie al’intervento di molecole enzimatiche specifiche (meccanismo di regolazione del processo di trasferimento dell’informazione genetica). Il vaccino viene somministrato per via intramuscolare e prevede la somministrazione di due dosi a distanza di 21 giorni per innescare il meccanismo della memoria immunologica affinché l’individuo sia protetto in seguito contro l’ingresso del virus.

La memoria immunologica permetterà la produzione di anticorpi specifici attivi contro la proteina Spike in modo tale da impedire l’ingresso del virus nella cellula e la conseguente replicazione. Quindi ricordiamo che il vaccino COVID-19 mRNA BNT162b2 (Comirnaty) non introduce il virus ma trasferisce un’informazione genetica allo scopo di indurre la risposta immunitaria dell’organismo ospite.

Nata a Torino il 6 marzo del 1975 ed ho conseguito la laurea in Farmacia e Farmacia industriale presso l’Università degli Studi di Bari Aldo Moro. Dopo aver svolto per qualche anno la professione di Farmacista ha conseguito la Laurea magistrale in Biologia e successivamente la Specializzazione in Microbiologia e Virologia entrambe presso l’Università degli Studi di Modena e Reggio Emilia. Come specializzanda prima e come borsista/ricercatore e libero professionista negli anni successivi ha svolto la professione di microbiologo presso l’Azienda Ospedaliero Universitaria del Policlinico di Modena occupandosi sia della diagnosi di laboratorio per le malattie infettive che della ricerca in campo farmacologico. In seguito ha ampliato i suoi studi interessandosi di nutrizione ed alimentazione e dal 2016 al gennaio 2021 ha svolto la libera professione nel settore della nutrizione. In qualità di microbiologo ha svolto anche il ruolo di docente e responsabile scientifico per corsi FAD online per professionisti sanitari. Attualmente la Dott.ssa Apice svolge il ruolo di Dirigente Biologo di Patologia Clinica presso la Struttura Complessa di Medicina Trasfusionale ed Immunoematologia Clinica presso l’Arcispedale Santa Maria Nuova di Reggio Emilia.

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