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La diagnosi precoce di Covid-19 è una delle sfide più impegnative per la comunità medico-scientifica e il recente studio Resiliency, pubblicato su Clinical Infectious Diseases, ha analizzato le caratteristiche cliniche e laboratoristiche dei pazienti giunti in Pronto Soccorso per febbre e/o insufficienza respiratoria acuta nel sospetto di Covid-19. La ricerca è nata dalla collaborazione della “Sapienza” di Roma con il Policlinico Casilino di Roma ed è stata diretta dal dott. Alessandro Russo, dalla prof.ssa Gabriella d’Ettorre e dal prof. Claudio Mastroianni, vicepresidente della Società italiana di malattie infettive e tropicali (Simit).
«Questo studio ha evidenziato alcuni fattori peculiari associati alla diagnosi di Covid-19: la tosse secca, la febbre da oltre 72 h, la linfocitopenia e la grave insufficienza respiratoria (come dimostrato all’emogasanalisi dal rapporto PaO2/FiO2 <250) – ha spiegato Mastroianni -. Questi fattori hanno differenziato in maniera significativa i pazienti con diagnosi confermata di Covid-19 al tampone nasofaringeo da quelli che sono stati ricoverati per altre eziologie. Tra le cause di eziologia non Covid-19 le più frequenti sono risultate l’embolia polmonare, la polmonite batterica e lo scompenso cardiaco acuto. Questa ricerca rappresenta un importante avanzamento nella conoscenza delle caratteristiche dell’infezione da Sars-CoV-2 nei primi giorni di malattia e al momento del ricovero in Ospedale. Il lavoro appena pubblicato ha riportato i dati della prima fase dello studio, relativa alla “prima” ondata epidemica. Il Resiliency study è tuttora in corso e analizzerà anche le caratteristiche dei pazienti con sospetto Covid-19 durante la “seconda” ondata”».
«Questi mesi ci hanno fornito un importante insegnamento su come migliorare la Sanità pubblica italiana e sulla nuova era dell’infettivologia che ci troviamo ad affrontare – ha sottolineato Massimo Andreoni, direttore scientifico Simit -. Servono azioni più mirate e un piano pandemico che ci permetta un’immediata reattività. Inoltre, è opportuno costruire una nuova progettualità che riguardi soprattutto le vaccinazioni, che sono l’arma principale di prevenzione. Proprio su questo la Simit è molto impegnata e guarda oltre il vaccino anticovid: stiamo infatti elaborando un documento sulle vaccinazioni nell’adulto e soprattutto nei soggetti fragili».
Le sfide dell’infettivologia sono state trattate al XIX Congresso Simit. «Tra tante emergenze, l’Aids resta sicuramente una priorità – ha sottolineato Andreoni -. L’Hiv oggi si può controllare, garantendo al paziente una qualità di vita molto simile al resto della popolazione. Restano però aperte numerose questioni, dalle nuove infezioni che si verificano ogni anno alla gestione del paziente cronico, senza dimenticare il preoccupante dato che molte diagnosi avvengono in uno stato avanzato dell’infezione. Un’altra emergenza è l’Epatite C: l’Oms ha dato l’ambizioso traguardo di eliminazione del virus dal nostro Paese entro il 2030, obiettivo possibile grazie ai nuovi farmaci DAA. Infine, il tema in prospettiva più preoccupante, è quello delle infezioni da germi multiresistenti, che in Italia provocano circa 11mila decessi all’anno. È un aspetto prioritario della sanità pubblica che impone l’esigenza di un rafforzamento dei progetti di infection control e di antimicrobial stewardship, finalizzati a ridurre il numero di infezioni a livello nosocomiale e a migliorare le strategie di utilizzo dell’antibioticoterapia».
Fonte: Doctor33