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Vaccino anti-Covid, in discussione tempi e dosi. Gli esperti divisi

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Vaccino anti-Covid, in discussione tempi e dosi. Gli esperti divisi

È caos sulla somministrazione dei vaccini anti-Covid. Non era mai successo finora che si mettessero in discussione dosi e tempi fissati da una sperimentazione clinica. Dopo la corsa per mettere a punto i vaccini anti Covid-19, la pandemia apre un altro scenario mai visto, accompagnato da un dibattito che vede schierati esperti di tutti i Paesi. Non mancano le voci ufficiali, come quella del Joint Committee on Vaccination and Immunisation (JCVI), il comitato di esperti indipendente chiamato a pronunciarsi su ogni decisione relativa ai vaccini, per il quale dare la precedenza alla prima dose piuttosto che ripeterla potrebbe avere un impatto sulla salute pubblica, riducendo il numero dei decessi.

Non è un caso che la rivista “Nature”, sul suo sito, abbia voluto dare spazio a questo nuovo fenomeno, che vede la comunità scientifica divisa fra chi guarda al cambiamento con favore e chi teme che le modifiche siano dettate dalla disperazione piuttosto che dall’evidenza scientifica. Anche in Italia sono contrastanti i pareri degli esperti, un caos che, secondo Giuseppe Remuzzi, direttore dell’Istituto “Mario Negri”, è legato al fatto che «non sappiamo moltissimo sui vaccini a mRna: sono troppo nuovi».

Così se per il presidente della Federazione degli Ordini dei medici (Fnomceo), Filippo Anelli, «finché non ci sono indicazioni diverse dagli enti regolatori, il richiamo del vaccino anti-Covid deve essere fatto nei tempi previsti». Per l’ex presidente dell’Aifa Stefano Vella non bisogna ritardare il richiamo, in quanto «i dati scientifici dicono che la quantità giusta di anticorpi neutralizzanti anti Covid arriva dopo la seconda dose». «Il rischio – osserva Remuzzi – è che fare subito la seconda dose faccia in modo che gli anticorpi neutralizzino il vettore prima del virus». Purtroppo, delle decisioni dovranno essere prese, rileva l’esperto, in quanto potrebbe emergere un problema di carenza di dosi. Dal canto suo Remuzzi ritiene che debbano «necessariamente essere somministrate due dosi del vaccino anti Covid-19, mentre l’intervallo di tempo fra la prima dose e il richiamo potrebbe essere prolungato senza che ci siano sostanziali differenze nell’efficacia». L’ideale sarebbe, secondo Remuzzi, un intervallo di 120 giorni.


Il presidente della Società italiana di Medicina generale (Simg), Claudio Cricelli, considera «fondamentale accelerare il processo di vaccinazione anti-Covid», somministrando la prima dose a tutti per arginare gli effetti della terza ondata, mentre è possibile ritardare la seconda dose. «L’esigenza oggi è quella di ottimizzare la campagna vaccinale al fine di rendere disponibile il maggior numero possibile di dosi di vaccino per la più ampia quantità di popolazione possibile – sottolinea Cricelli -. La somministrazione dei vaccini a un maggior numero di persone è legata a tre fattori: la quantità di dosi di vaccino disponibili; l’approvazione di diversi tipi di vaccini; la dilazione nel tempo delle seconde dosi. Se le prime due varianti non vengono accelerate, resta solo la terza possibilità». «Questa situazione impone due riflessioni – avverte Cricelli – la possibilità di somministrare, per il momento, solo la prima dose di vaccino, al fine di immunizzare un numero più elevato di soggetti; la necessità di definire le priorità tra le persone da vaccinare, tenendo conto delle diverse caratteristiche cliniche e di professioni e mansioni di ciascuno».

C’è però anche il rischio «collo di bottiglia» sui richiami secondo la Federazione Cimo-Fesmed. «A parità di rifornimento settimanale di vaccini e con un aumento esponenziale dei nuovi soggetti da vaccinare (prime vaccinazioni e richiami) – evidenzia la Federazione – deve essere scongiurato il rischio che si crei un vero e proprio collo di bottiglia, pena il fallimento di tutta la campagna di vaccinazione». «Il vero allarme – commenta Guido Quici, presidente della Federazione Cimo-Fesmed – è che solo una seria ed equilibrata programmazione permetterà di evitare che la necessaria somministrazione delle seconde dosi a 21 giorni dalla prima non si sovrapponga alle nuove vaccinazioni, creando il caos nelle strutture e sui territori. Ci vuole equilibrio, criteri omogenei e responsabilità. Le dosi non sono aumentabili a piacimento, dato che la produzione è determinata, né distribuibili a chi corre prima ad esaurirle». Cimo-Fesmed dunque «non ritiene condivisibili le dichiarazioni del sottosegretario Zampa nel sostenere che il richiamo con le seconde dosi, anziché dopo tre settimane, si possa fare anche a 25 giorni». Al di là della «fonte scientifica – aggiunge Quici – il problema resta quello organizzativo ovvero del doppio imbuto che si creerà a parità di approvvigionamento e certamente spostare la seconda dose di pochi giorni vuol dire solo spostare il problema. Sembra che non si abbia alcuna cognizione di come siano le dinamiche organizzative interne alle strutture sanitarie e la cosa ci preoccupa non poco».

( Fonte Doctor 33)

 

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