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Invitalia acquisirà una partecipazione del 30% del capitale dell’azienda biotech, che da giugno potrebbe essere pronta per passare alle procedure di approvazione da parte dell’Ema. Dopo i buoni risultati della fase 1, infatti, nell’azienda di Castel Romano, a sud di Roma, è in corso la fase 2 delle sperimentazioni. Il presidente dell’Agenzia italiana del farmaco (Aifa), Giorgio Palù, nella trasmissione “Buongiorno” di Sky TG24, assicura: «Sarà possibile somministrare alcuni milioni di dosi del vaccino italiano, ma non prima di settembre». Le dosi del vaccino, ha aggiunto, «potrebbero integrare la disponibilità di oltre 200 milioni di dosi che era stata messa in preventivo d’acquisto, ma che sta ritardando».
Un cambio di strategia per l’Italia che potrebbe consentirgli di dipendere meno dalle aziende farmaceutiche straniere che stanno continuando ad accumulare ritardi nelle consegne dei vaccini. Anche il ministro della Salute, Roberto Speranza affida ad un post di Facebook l’entusiasmo per l’accordo che considera «una scelta giusta e importante. Da questa crisi dobbiamo uscire più forti per garantire la salute delle persone oggi e domani».
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A credere nel progetto è l’amministratore delegato di Invitalia, nonché commissario straordinario per l’emergenza Covid, Domenico Arcuri che dichiara: «È un accordo importante per ridurre la dipendenza del nostro Paese in un settore delicatissimo per la tutela della salute dei nostri cittadini – afferma -. La produzione italiana di vaccini andrà ad aggiungersi a quelle realizzate all’estero, rafforzando la capacità di risposta nazionale alla pandemia e accelerando così l’uscita dalla crisi». Il vaccino italiano ha diversi vantaggi: non ha bisogno di richiamo, si conserva a temperatura di frigo (2-8 gradi) e, nel peggiore dei casi, può essere adeguato alle varianti in 2-3 mesi. Per il momento, però, gli occhi sono puntati su AstraZeneca e sulla prossima approvazione Ema. La direttrice dell’Agenzia, Emer Cooke, annuncia al Parlamento europeo la concreta possibilità «che venga emessa un’autorizzazione rivolta ad un gruppo di età o per una popolazione più ampia». Poi potrebbe essere il turno di Johnson & Johnson, per la cui validazione non è stato ancora fissato un calendario. Per quanto concerne il vaccino Moderna, il Gruppo strategico di esperti (Sage) dell’Organizzazione mondiale della sanità sulle vaccinazioni ha emanato una serie di raccomandazioni preliminari sull’uso del secondo vaccino. A partire dalla somministrazione, spiegano che l’antidoto va dato a distanza di 28 giorni l’una dall’altra e «per circostanze eccezionali» l’intervallo fra le due dosi può essere allargato a 42 giorni. La Sage, inoltre, sconsiglia il vaccino Moderna alle donne incinte a meno che «i benefici dell’immunizzazione non superino i potenziali rischi, come per le operatrici sanitarie, più esposte al virus, o per le future mamme con altre patologie che le mettono in particolare pericolo di forme gravi di Covid». In presenza di scorte limitate di vaccini, le persone con Pcr positiva nei 6 mesi precedenti possono scegliere di ritardare la vaccinazione fino alla fine di questo periodo, raccomanda la Sage.
In Italia, intanto, si accumulano le preoccupazioni per i ritardi e gli stop alla campagna vaccinale contro il Covid. La Federazione italiana sindacale medici uniti-Fismu fa appello al ministro Speranza e al Commissario Arcuri, affinché ci sia davvero una regia nazionale sui vaccini con un piano chiaro e condiviso, che non consenta errori e interpretazioni alle Regioni nella sua concreta applicazione. Francesco Esposito, segretario nazionale Fismu, chiede che vengano messe in campo tutte le forze, a partire dai medici di medicina generale e del territorio. Esposito, denuncia come vada a «rilento la vaccinazione tra i sanitari, in particolare tra i medici di famiglia in alcune regioni, tra queste la Sardegna e la Calabria» e auspica l’immediato intervento del Governo. Dall’8 febbraio al 22 arriveranno per l’Italia 2,4 milioni di dosi di vaccini Pfizer (1.753.830) e Moderna (651.600), secondo quanto comunicato dallo stesso Arcuri alle Regione. Ma – ha anche sottolineato il Commissario – sull’effettiva distribuzione «non si è in alcun modo responsabili» delle «modifiche che dovessero pervenire dalle stesse aziende».
Sul tavolo ci sono anche nuove proposte per il Piano vaccini. A metà febbraio il Lazio varerà il certificato per il vaccino anti Covid, aprendo la strada alla possibilità di una “patentino”. Gli uffici della Regione sono al lavoro per mettere a punto un meccanismo che permetta ai cittadini che hanno già completato il ciclo di somministrazioni di scaricare il proprio certificato: attraverso lo Spid si potrà in sostanza accedere all’anagrafe vaccinale e scaricare il documento. I governatori di Liguria e Friuli, Toti e Fedriga, chiedono invece ad Arcuri di introdurre un correttivo nei meccanismi di distribuzione delle dosi, in modo che sia coerente rispetto alla diversa distribuzione per fascia di età della popolazione residente nelle regioni.
Fonte: doctor33