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Le varianti inglesi e sudafricane del coronavirus Sars-CoV-2 continuano a correre in tutto il mondo. L’Organizzazione mondiale della sanità, nel suo report settimanale sull’andamento di Covid-19, fa sapere che il mutante è stato segnalato in 60 Paesi di tutte e 6 le regioni Oms: 10 nazioni in più rispetto all’ultimo rapporto del 12 gennaio. In Ue l’incremento dei contagi e delle vittime è talmente significativo che non si esclude il ripristino dei controlli alle frontiere interne. Germania e Francia spingono in questa direzione, ma la Commissione frena, rilevando che una “chiusura” sarebbe “senza senso”.
Salgono anche i Paesi che registrano casi della variante sudafricana (501Y.V2), segnalata in 3 nuove nazioni per un totale di 23 Paesi in 4 regioni Oms su 6. L’Oms, nel report, precisa che entrambe le varianti mostrano una maggiore contagiosità rispetto al virus originario. «Attualmente sono disponibili poche informazioni per valutare se per effetto di queste nuove varianti ci sono cambiamenti nella trasmissibilità o nella gravità dell’infezione – si legge -. Tuttavia, considerando che presentano mutazioni simili a quelle osservate in VOC202012/01 e 501Y.V2, che hanno mostrato una maggiore trasmissibilità e potenziali impatti sulla neutralizzazione degli anticorpi, sono necessarie ulteriori indagini, già in corso». Interviene sul tema anche il Centro europeo per il controllo delle malattie (Ecdc) che evidenzia come per avere un quadro rappresentativo della distribuzione dei virus, «è cruciale continuare con la sorveglianza, anche con una raccolta mirata di campioni, per rilevare la presenza di varianti».
Il dilemma è dunque se i vaccini messi a punto contro il Covid-19, a questo punto, funzioneranno anche contro le nuove varianti del virus. «I primi dati sulla variante inglese ci dicono che non impatta sul vaccino, mentre c’è qualche preoccupazione su quelle brasiliana e sudafricana: stiamo aspettando gli studi per verificare se queste due varianti, come temuto, incidano sul vaccino ed eventualmente in quale misura». Lo spiega in un’intervista a ‘La Repubblica’ Marco Cavaleri, responsabile vaccini dell’Agenzia europea del farmaco Ema, che assicura: «Stiamo già lavorando per snellire le procedure di una eventuale seconda approvazione» per un prodotto scudo comunque efficace. Una cosa però è certa, «più vacciniamo, più blocchiamo la circolazione del virus e la sua capacità di mutare». E qui si presenta un altro problema per il nostro Paese, il ritardo nelle consegne delle dosi del siero Pfizer/BioNTech. C’è stato un momento in cui l’Italia è stata prima in Europa per numero di somministrazioni di vaccino anti Covid-19. Un primato presto dissolto a cui, invece, stanno seguendo numerosi problemi che sembrano già sconvolgere il piano vaccinale nazionale: ci sono Regioni che hanno terminato le dosi, altre che dovranno tardare il richiamo e soprattutto non è chiaro se ci saranno ulteriori ritardi. Agostino Miozzo, a capo del Comitato tecnico scientifico, in un’intervista all’agenzia Dire, precisa che il «Comitato non è stato coinvolto nel complesso esercizio di individuazione dei produttori, degli accordi per l’acquisizione dei vaccini e per la loro distribuzione in quella che sarà certamente la più grande campagna vaccinale della storia». Il Comitato conosce il piano vaccinale perché «ha chiesto al commissario Domenico Arcuri di venire ad illustrarlo. Alla luce però della situazione, potrà «essere necessario rivedere il piano e, pertanto, se dovesse essere rimodulato, richiederemo un nuovo aggiornamento ad Arcuri».
Cresce intanto l’attesa per la riunione del comitato tecnico Chmp dell’Ema, che il 29 gennaio potrebbe esprimere un parere positivo per l’autorizzazione del vaccino di AstraZeneca. «Sono ottimista», ripete Cavaleri. Ma il prodotto verrà approvato solo per gli under 55 o per tutti? «In linea di principio lavoriamo per un’autorizzazione che non escluda nessuno – ribadisce – ma prima di esserne certi dobbiamo confrontarci con i nostri comitati scientifici». Per il vaccino di AstraZeneca viene stimata un’efficacia tra il 60 e il 70%, è un rischio? «Nei vaccinati che hanno sviluppato la malattia non ci sono sintomi gravi o ricoveri ospedalieri – evidenzia l’esperto – Sembra quindi che il vaccino protegga dalla malattia grave, anche se non disponiamo di dati sufficienti per confermarlo dal punto di vista statistico. Ci aspettiamo che abbia un impatto sulla salute pubblica in quanto eviterebbe le ospedalizzazioni». Invece «sulla trasmissibilità potrebbe essere meno efficace degli altri due vaccini». Sul vaccino di Johnson & Johnson, prosegue il responsabile del settore all’Ema, «puntiamo a dare la nostra opinione tra febbraio e marzo». Anche con Cina e Russia «abbiamo un dialogo costruttivo. Siamo alle fasi preliminari e dobbiamo ancora confrontarci su aspetti chiave, ma alcuni dei loro studi sembrano dimostrare un buon livello di protezione» dai vaccini dei due Paesi: «Non escludo una loro approvazione in Europa nei prossimi mesi se raggiungeranno gli standard Ema».
Fonte: Doctor33