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Il dolore fisico segnala, attraverso l’esperienza sensoriale, il danno o la perdita di parti del corpo. Il dolore ha perciò un ruolo determinante nel proteggere l’organismo da stimoli lesivi o nocivi e ogni individuo ne apprende il significato attraverso esperienze, in una o più parti del corpo, sempre spiacevoli e per tale ragione emotivamente coinvolgenti.
Da un punto di vista fio patologico il dolore si distingue in:
-dolore superficiale: rapido, distinto, ben localizzato
-dolore profondo: ottuso, sordo, diffuso, mal localizzato, percepito spesso a distanza da punto di origine. Coinvolge aspetti emotivi e motivazionali dell’individuo
-dolore somatico profondo che origina da muscoli, tendini, articolazioni
-dolore viscerale profondo che ha carattere vago e sordo ed è di difficile localizzazione
-dolore neuropatico che è dovuto alla lesione di un fascio nervoso
L’impulso doloroso arriva prima a livello midollare, poi arriva al talamo e quindi raggiunge la corteccia .
Secondo la “teoria del cancello”o del controllo in entrata, l’input nervoso iniziale va a stimolare i sistemi di controllo centrale che facilitano o inibiscono la trasmissione dello stimolo stesso: i messaggi centrali dipendenti da fattori cognitivi, emotivi, affettivi, “discendono” dal cervello alla periferia influenzando i messaggi nocicettivi. Tale teoria evidenzia la multidimensionalità dell’esperienza dolorosa e sottolinea il ruolo delle variabili psicologiche e la loro influenza sul comportamento
Nel dolore cronico le componenti cognitive, affettive e motivazionali prevalgono e si modificano nel corso delle terapie, mentre la componente sensoriale rimane intatta. E’ stato dimostrato che le terapie analgesiche hanno effetto più per la riduzione o l’eliminazione del disagio affettivo, che per una modificazione dell’esperienza somatica
IL dolore cronico è un’ esperienza comune; in più della metà degli adulti al di sopra dei 65 anni si manifesta un dolore cronico che comporta una calo delle prestazioni diurne e un peggioramento della qualità della vita . Tale situazione si acuisce nei soggetti più anziani. È pertanto importante comprendere quali siano i fattori che contribuiscono allo sviluppo o alla accentuazione del dolore nell’anziano
I Motivi per cui il dolore è più frequente nei soggetti anziani sono: l’osteoartrite è più frequente negli anziani con conseguente accentuazione del dolore periferico. Il dolore è più frequente nelle donne durante tutto l’arco della vita per cui si è ipotizzato un ruolo ormonale, insieme ad una diversa reazione affettiva e psicologica legata al dolore. Vi sono delle modificazioni parafisiologiche delle“vie del dolore” legate all’invecchiamento che sono la riduzione del numero e funzione dei neuroni nocicettivi periferici; l’aumento con l’età della soglia sensoriale per stimoli termici e vibratori; la riduzione dei recettori del dolore: il 50% di perdita di corpuscoli di Pacini e del 10-30% di quelli di Meissner.Nei pazienti più anziani c’è una diminuita risposta analgesica endogena (endorfine)
Inoltre ci sono modificazioni sia a livello del sistema nervoso periferico che a livello del sistema nervoso centrale
A livello periferico si osserva nell’anziano una riduzione della densità di fibre nervose mieliniche e una riduzione della velocità di conduzione nervosa. A livello centrale si osserva una perdita di neuroni delle corna posteriori del midollo spinale con alterazione della inibizione endogena, iperalgesia ; una perdita di neuroni nella corteccia, mesencefalo, tronco encefalico e nel talamo (18% ); un’alterazione dei neurotrasmettitori.
Anziani e Dolore
Si può affermare che: 1 anziano su 5 anziani sperimenta dolore ; il 18% dei soggetti con più di 65 anni assume abitualmente farmaci antidolorifici; 1/5 di soggetti con età > 65 annidichiara di aver sperimentato dolore nel mese precedente per più di 24 ore. Quasi i 3/5 dei soggetti con età> 65 affetti da dolore ha riferito una durata di almeno un anno o più. Le donne riferiscono dolori articolari più spesso rispetto agli uomini (10 per cento contro il 7 per cento).
Ma cosa cambia nella percezione del dolore in un soggetto con demenza?
Nella demenza di Alzheimer l ’elaborazione del dolore può risultare alterata; questi pazienti presentano una ridotta capacità di riferire il dolore a causa dei loro deficit cognitivi. I pazienti con AD riferiscono una ridotta intensità del dolore dopo uno stimolo nocicettivo rispetto ai soggetti non dementi di pari età e una minore componente affettiva.
Si potrebbe quindi ipotizzare che i pazienti affetti da AD hanno una ridotta reazione autonomica al dolore, un’ aumentata soglia di tolleranza al dolore , una ritardata capacità di risposta al dolore
E’ stato dimostrato che i potenziali evocati somato-sensoriali in pazienti con grave demenza hanno una compromissione della porzione mediale delle vie del dolore (ad esempio il giro cingolato anteriore), anche se lo stimolo del dolore stesso è stato percepito adeguatamente (sistema del dolore laterale) E’ stato osservato che la soglia del dolore (via laterale del dolore) dei pazienti con AD non differiva da quella delle persone anziane, senza demenza, ma che la tolleranza del dolore (via mediale del dolore) risultava significativamente aumentata
Un recente studio di neur immagin ha dimostrato che la percezione e l’eleborazione del dolore non sono diminuite nei pazienti con AD. Questo conferma precedenti risultati in cui si era chiarito che la componente sensitiva/discriminativa del dolore resta preservata anche negli stadi avanzati di malattia. La tolleranza al dolore invece,aumenta con il progredire della malattia
Nell’ AD le aree che appartengono al sistema di dolore mediale (come i nuclei intralaminari del talamo) sono gravemente colpite e degenerate, le aree sensitive primarie (il sistema di dolore laterale) sono invece relativamente preservate: infatti vi è una normale soglia del dolore in AD.
In altre parole, i pazienti con malattia di Alzheimer percepiscono il dolore anche se dimostrano una minore partecipazione emotiva/affettiva
Le persone affette da demenza possono avere difficoltà a comprendere il significato della sensazione dolorifica e a contestualizzarla e possono presentare risposte comportamentali atipiche (ad esempio volto accigliato o espressioni di paura, aggressività, ritiro e agitazione) o sottodimensionate
L’ippocampo svolge un ruolo importante in una varietà di processi fisiologici, tra cui la memoria, l’umore e lo stress e DOLORE. Studi di neuroimaging hanno dimostrato che l’ippocampo è attivato in risposta a stimoli dolorosi in volontari sani. Soggetti con sindromi da dolore cronico presentano alterazioni funzionali e anatomiche nelle regioni del cervello coinvolte nella elaborazione del dolore compreso l’ippocampo ed il talamo. Nei soggetti più anziani si rileva una maggiore atrofia dell’ippocampo e livelli di NAA inferiori . C’è una stretta relazione tra dolore cronico e la riduzione del volume dell’ippocampo (dx in particolare).
Le conseguenze del dolore cronico
Diversi studi hanno stabilito che sia il dolore spontaneo che quello indotto da uno stimolo elettrico in soggetti sani, può compromettere le prestazioni su compiti cognitivi, in particolare a carico della attenzione selettiva sostenuta e della memoria . Il dolore cronico può avere effetti deleteri sull’ attenzione, la memoria di lavoro, l’ apprendimento, la velocità di elaborazione, le funzioni esecutive tra cui la flessibilità cognitiva
Conseguenze del dolore nei pazienti affetti da demenza portano ad un’ulteriore declino delle funzioni cognitive, una ridotta socializzazione, un’aumento dell’ansia, dei disturbi del sonno; perdita di appetito e di peso, depressione, agitazione , disturbi del comportamento, aggressività, delirium, ridotta mobilità e perdita delle autonomie