Dopo la morte di un soggetto, si attivano nelle cellule Gliali, geni zombies

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Le cellule della glia, o neuroglia (dal greco γλοία, “colla”),continuano a sorprendere i neuroscienziati, per le inaspettate funzioni che decennio dopo decennio rivelano: tra gli altri, uno studio condotto presso the Tel Aviv University (TAU), nel 2012 ha dimostrato come esse ricoprano un ruolo cruciale per la plasticità cerebrale, a sua volta fondamentale per tutte le funzioni di adattamento, apprendimento e per la memoria.
Ma si è andati ben oltre, con la recente individuazione di geni ‘zombie’ che si attivano nel cervello dopo l’exitus. Tali geni si trovano nelle cellule gliali, vere e proprie ‘spazzine’ visto che tengono alla larga gli agenti patogeni e fagocitano i neuroni non più attivi.
Esse, subito dopo il decesso del corpo, rimangono attive e si ingigantiscono, per ripulire i danni indotti nel sistema nervoso.
A riportare la straordinaria scoperta è uno studio pubblicato sulle pagine dell’autorevole rivista ‘Scientific Reports’, con la firma di un team di ricercatori dell’Università dell’Illinois, a Chicago, i risultati serviranno a rileggere con nuovi occhi tutte le ricerche condotte finora su tessuti cerebrali post-mortem per sviluppare nuove terapie contro disturbi neurologici come autismo, schizofrenia e Alzheimer.
“In genere questi studi partono dal presupposto che nel cervello si fermi tutto quando il cuore cessa di battere, ma non è così”, spiega il Dr. Jeffrey A. Loeb M.D., Ph. D. Neurology &Rehabilitation Faculty “I nostri risultati serviranno a interpretare le ricerche sui tessuti cerebrali umani, semplicemente perché finora non avevamo quantificato i cambiamenti che avvengono dopo la morte”.
I ricercatori hanno infatti osservato che l’espressione dei geni nei tessuti cerebrali ‘freschi’ (cioè prelevati da pazienti vivi durante interventi neurochirurgici) non corrisponde a quella rilevata nei tessuti post-mortem. Lo si è visto simulando in laboratorio la morte di tessuti cerebrali freschi, mantenuti per 24 ore a temperatura ambiente. I dati dimostrano che l’80% dei geni rimane stabile per 24 ore: tra questi ci sono anche i geni necessari alle funzioni base delle cellule. Altri geni, tipici dei neuroni e coinvolti in processi come la memoria (perciò importanti per gli studi su disturbi come l’Alzheimer), tendono invece a degradare in poche ore. Allo stesso tempo aumenta l’attività di un terzo gruppo di geni ‘zombie’ espressi soprattutto nelle cellule gliali. I cambiamenti post-mortem culminano a 12 ore dal decesso.
“Questi dati – precisa Loeb – non vogliono dire che bisogna accantonare le ricerche condotte sui tessuti umani, ma solo che bisogna tenere conto di questi cambiamenti genetici e cellulari, oltre a ridurre il più possibile l’intervallo post-mortem per ridurre l’ammontare di questi cambiamenti”.
Dunque, si è di fronte ad una scoperta inaspettata, che prevede che vengano tenuti in conto i cambiamenti nell’espressione genica delle cellule cerebrali nelle ore successive alla morte e, ovviamente, di questi geni “zombie” finora rimasti nell’ombra.

FONTI,
-loeb.com
-researchgate.net
-news-medical.net
-chicago.medicine.uic.edu
-esquire.com
-nursetimes.org
-intopic.it

E' stata Docente di Lettere Antiche presso i Licei di Roma, Assistente di “Paleografia e Diplomatica” presso l’Universita’, Revisore di articoli giuridici ed esegesi delle fonti del diritto presso l’Enciclopedia Giuridica Treccani. Ha perfezionato gli studi con Master e Corsi. Attualmente in Quiescenza, nello Stato si dedica alla libera passione per il Giornalismo e per la Scrittura Creativa

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