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Nella medicina tradizionale russa, la rodiola trova posto come rimedio per il freddo e la dura vita siberiana, sia dal punto di vista mentale, che fisico. Che, nel nostro caso, bene si accosta al rientro al lavoro e allo stress post-festività.
Sono stati identificati circa 140 metaboliti secondari nella radice della pianta, che variano dai monoterpeni ai glicosidi cianogenici, ai fenipropanoidi, flavonoidi, proantocianidine, flavolignani e derivati dell’acido gallico.
Le proprietà salutistiche studiate della Rhodiola rosea spaziano dell’effetto adattogeno, neuroprotettivo, antifatica, fino all’ansiolitico, antidepressivo e neurostimolante. Proprietà studiate sia in vitro che in vivo.
In letteratura sono presenti anche numerosi trial clinici, che dimostrano l’effetto anti-affaticamento ed un miglioramento delle performance cognitive, in particolare la capacità di concentrazione. Non di secondaria importanza anche gli studi che hanno confrontato la rodiola con Ssri per la media o moderata depressione e l’effetto ansiolitico.
Gli effetti ansiolitico e antidepressivo sembrano attribuibili a un glicoside dell’alcol cinnaico, la rosavina che interagisce con il sistema serotoninergico. Il risultato è un aumento dei livelli di serotonina: bloccando l’enzima deputato all’inattivazione della serotonina (Comt) e stimolando il trasporto del 5-idrossitriptofano (precursore del neurotrasmettitore) attraverso la barriera ematoencefalica. Si ottiene in definitiva, un aumento dei livelli di serotonina nel sangue. Inoltre, stimola la biosintesi di ormoni quali epinefrina, norepinefrina e adrenocorticotropo che, attivando l’adenilatociclasi a livello delle cellule adipose, stimolano il suddetto enzima promuovendo in tal modo il rilascio degli acidi grassi dal sangue che a loro volta potranno diventare fonte di ATP e, quindi, di energia per le cellule.
La rosavina, non è l’unico costituente importante della radice. Il salidroside, l’altra molecola con cui si caratterizza l’estratto, ha un suo ruolo: è stato studiato in vivo e si è visto ridurre l’aumento dei livelli di coricosterone indotto dallo stress.
Se dei suoi effetti benefici su ansia, stress e affaticamento se ne parla ormai in lungo ed in largo, forse meno conosciuti sono alcune alter proprietà di questa pianta.
Prima fra tutte l’uso per trattare il male di montagna. Questo è un utilizzo tradizionale, il cui meccanismo alla base è ancora da chiarire completamente, ma che sembra imperniato sulla via di degradazione del fattore inducibile dell’ipossia HIF-1.
Altro ambito è la menopausa, dove alcuni studi suggeriscono un uso della pianta per ridurre i fattori di rischio di questa fisiologica condizione. Le azioni su umore, senso di fatica, ansia e memoria riducono l’incidenza di questi stress sulla qualità della vita della donna, riducendone anche il peso come fattori di rischio per patologie cardiovascolari o metaboliche. Gli effetti sembrano rientrare nell’aumento di signaling intracellulare dovuto al legame tra component della rodiola e recettori per gli estrogeni.
Sono tuttavia questi studi ancora molto preliminari, che necessitano di ulteriori approfondimenti per poter essere trasportati nella pratica clinica.
Pratica clinica nella quale la rodiola, ad oggi, si presenta come un fitoterapico sicuro nell’utilizzo: Non sono state infatti evidenziate interazioni significative con altri medicinali. È comunque opportuno prestare attenzione alla concomitante assunzione di alcool o di medicinali che agiscono sul Sistema nervoso centrale.
Fonti
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