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Quando una dieta dura per poco tempo, spesso è caratterizzata dalla presenza del senso di colpa. Un sentimento che compare raramente nei primissimi giorni di un percorso nutrizionale, ma finisce spesso per diventare una presenza opprimente man mano che si va avanti.
In effetti è tra le cause principali dell’abbandono delle diete (soprattutto quelle fai-da-te). E anche se si insinua lentamente nelle vite delle persone, ha delle caratteristiche ben precise che permettono di identificarlo e contrastarlo.
Perché ci sentiamo in colpa
Ci sono diverse scuole di pensiero a riguardo, ma riconosciamo generalmente due tipi di senso di colpa:
-Il senso di colpa conscio, che proviamo ad esempio quando la nostra coscienza ci fa sentire a disagio per aver compiuto azioni cattive.
-Il senso di colpa inconscio, che non è necessariamente legato ad azioni concrete, e che deriva più spesso da fantasie o opinioni irrazionali.
Ed è proprio quello inconscio ad essere più rischioso per le diete e per la salute della psiche, perché può condizionare negativamente l’autostima, fino a generare anche ansia o depressione. Finendo per generare convinzioni infondate, come il pensiero ricorrente “non sono capace”.
Il filtro della negatività
Il nostro cervello è predisposto per notare più facilmente gli aspetti negativi rispetto a quelli positivi in buona parte delle situazioni comuni.
Succede per un’utilità evolutiva: ai nostri progenitori faceva comodo distinguere gli stimoli pericolosi rispetto a quelli neutrali per riuscire a salvare la vita nelle situazioni di pericolo.
Oggi non ci troviamo in pericolo così spesso, ma gli automatismi della mente ci portano comunque a cercare degli stimoli negativi intorno a noi.
E in alcuni casi il rischio è di diventare noi stessi vittime di questi automatismi. Se diamo un valore negativo ad azioni o pensieri ricorrenti, aiutiamo la mente a trovare un “colpevole” di questa negatività: noi stessi.
Quanto ti costa sentirti in colpa?
Essere troppo critici con noi stessi può diventare molto pesante. Siamo noi ad attribuire un valore negativo alle nostre azioni e ai nostri pensieri, e ogni volta che li ripetiamo tendiamo a rafforzare un’abitudine dannosa che altera la nostra autostima.
Negli Stati Uniti si stima che il 50% della popolazione soffra di ansia o depressione almeno una volta nella vita. Mentre in Italia la depressione affligge almeno 5 milioni di persone, e l’ansia almeno 3 milioni.
Anche i disturbi del comportamento alimentare, che possono svilupparsi comprendendo questi sintomi, oggi colpiscono almeno 3 milioni di italiani. Una sfera di problemi che sembra essere sempre più presente, ma per la quale esistono diverse soluzioni validate dalla ricerca che diventano ogni giorno più efficaci.
Bicchiere mezzo pieno?
I protocolli che aiutano a ridurre i sensi di colpa durante una dieta sono molteplici, e mirano tutti a ridurre la difficoltà che tipicamente accompagna questi percorsi.
I protocolli mindful-based, ad esempio, sono estremamente efficaci sia per comportamenti disfunzionali legati a bulimia o binge eating (le cosiddette “abbuffate”), che per ritrovare la motivazione per seguire una dieta, andando a identificare e contrastare pensieri depotenzianti come i sensi di colpa.
Il presupposto è che spesso tendiamo a identificarci con i nostri pensieri (soprattutto negativi), mentre in realtà non definiscono ciò che siamo. La mindful eating aiuta a capire quali cause ci portano ad avere fame, a comprendere e curare i nostri pensieri, e a sviluppare un appagante rapporto salutare con il cibo.
La prossima volta che ti senti in colpa a causa del cibo, ricorda che le tue convinzioni e i tuoi pensieri non definiscono cosa sei, e che “sbagliare” non ti rende “sbagliato”