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La conseguenza più ricorrente nelle persone colpite dal Coronavirus è la polmonite interstiziale con esiti rilevanti e a lungo termine. La malattia respiratoria causata dal Covid 19 è legata al danno polmonare che il paziente subisce. Il Covid lascia vere e proprie cicatrici sui polmoni, soprattutto nei casi in cui il paziente non sia stato trattato precocemente o con terapia adeguata o ancora, nel caso in cui non ci sia stata una risposta terapeutica appropriata così da registrare, nei casi più gravi, l’insorgenza di fibrosi polmonare.
Ma le cicatrici lasciate da questo virus non sono solo fisiche. La malattia da Sars Cov 2 lascia anche profondi segni psicologici a lungo termine.
Che il virus attacchi anche il nostro benessere psicologico è un dato di fatto ampiamente comprovato. Un paziente su tre manifesta disturbi da stress post traumatico in forma grave. Tra i sintomi trasversali più comuni emergono: ansia, depressione, rabbia, alterazioni del sonno e nei casi più gravi uso ed abuso di sostanze. In questa pandemia la situazione psicologica è fortemente determinata dall’ impatto del cambiamento del mondo esterno: perdita del lavoro, peggioramento delle condizioni di vita, lutti da elaborare per la perdita inaspettata di persone care e relazioni in grande trasformazione. Molti pazienti che hanno contratto il Covid, anche se “liberi da malattia” manifestano livelli di ansia e stress che, nei casi più gravi, incidono sulla qualità di vita del paziente stesso. Possiamo ipotizzare una vera e propria “Sindrome da stress post Covid 19” caratterizzata da effetti prolungati nel tempo del trauma relazionale che si riattiva ad ogni ondata in cui il virus riprende forza e trasforma radicalmente e nuovamente il mondo in cui viviamo. I sintomi che abbiamo precedentemente elencato minacciano molto frequentemente la concentrazione e attivano sensi di colpa auto ed etero diretti; (pensiamo ad esempio ai casi in cui giovani e/o adolescenti, ma non solo, hanno inconsapevolmente contagiato gli anziani di famiglia con conseguenze il più delle volte drammatiche). Ciò ed altre condizioni che si verificano portano le persone ad agire come se il trauma vissuto si stesse ripresentando, il tutto permeato da un persistente stato emotivo negativo. In questa realtà “nuova e disarmante” è opportuno che le ferite emotive vengano trattate al pari di quelle fisiche: con attenzione, cautela e perseveranza. Nell’ imminente di una riapertura graduale, possiamo trovarci davanti a comportamenti tipo l’“auto confinarsi” in casa anche quando è possibile uscire (Sindrome della Capanna) o comportamenti opposti come la “Sindrome da sequestro” ovvero il sentirsi privati ingiustamente delle proprie libertà e andare “contro le norme” anti covid tout court; norme che, ad ogni modo, continuano ad esserci e devono essere rispettate. E’ più di un anno che non abbracciamo i nostri cari, che viviamo distanziati senza il calore del contatto che tanto allevia tensioni e rimanda ad aspetti empatici. Le mascherine coprono i sorrisi, è vero, ma mettono in risalto lo sguardo e tutto ciò che attraverso gli occhi è possibile comunicare. Con il lockdown siamo andati contro il paradigma etologico che si sopravvive se si sta insieme e abbiamo capito che, in questo caso, solo stando lontani possiamo sperare che il Covid 19 possa essere debellato, e ancor più triste, ma effettiva realtà, che solo restando momentaneamente lontani possiamo “sopravvivere”. E’ la prima volta che questo avviene in modo così esplicito e globale nella storia dell’uomo. Sono stati impediti, infatti, tutti i gesti che per cultura facciamo da sempre in modo spontaneo e naturale come il darsi la mano, l’abbracciarsi, il toccarsi; gesti che riprenderemo con difficoltà così come è stato difficile starne senza.
Sarà quindi fondamentale in questa fase, dare importanza agli sguardi e concentrarci sull’ espressività della parte superiore del volto: sarà un modo diverso di comunicare, di essere nel mondo, di parlare di emozioni e sentimenti. Un nuovo modo di dire e raccontarsi in attesa di poter ritornare a farlo come prima. Nel frattempo è indispensabile considerare una riabilitazione psicologica post Covid che proceda in parallelo a quella fisica. Si ha pertanto bisogno di un costante e persistente stimolo motivazionale alla resilienza e di un aiuto finalizzato ad una progressiva elaborazione del trauma.