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Un semplice filo se tessuto può dar vita ad una trama che può creare una fitta rete che più che coprire, “ingabbia”, più che scaldare, “soffoca”. Questa trama prende il nome di mobbing dall’ inglese “to mob” “affollarsi intorno a qualcuno, “aggredire”. Il termine “mobbing” venne introdotto negli anni ’70 da Konrad Lorenz, un etologo austriaco. L’obiettivo dello studioso era quello di identificare con una sola parola tutti quei comportamenti portati avanti da uno o più membri di un gruppo nei confronti di un individuo in particolare (come ad esempio gli uccelli che vogliono allontanare un componente dello stormo).
L’utilizzo di questo termine per indicare una condizione di persecuzione psicologica sull’ambiente di lavoro è da attribuire allo psicologo svedese Heinz Leymann che lo definì come “una comunicazione ostile e non etica diretta in maniera sistematica da parte di uno o più individui generalmente contro un singolo che è progressivamente spinto in una posizione in cui è privo di appoggio e di difesa e lì relegato per mezzo di ripetute e protratte attività mobbizzanti.” Nel nostro paese l’argomento viene introdotto dallo psicologo del lavoro e delle Organizzazioni Haraid Ege che descrive il fenomeno come “una forma di terrore psicologico sul posto di lavoro, esercitata attraverso comportamenti aggressivi e vessatori ripetuti, da parte dei colleghi o superiori.”
Esistono diverse tipologie di mobbing in funzione della posizione di chi lo compie e di quella di chi lo subisce:
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Mobbing verticale o gerarchico: si verifica quando c’è un abuso lavorativo ai danni di uno o più dipendenti da parte di un diretto superiore. Questo tipo di mobbing è anche chiamato mobbing superiore, mobbing dall’alto o high mobbing. Il mobbing verticale estremizzato (e premeditato) prende il nome di “bossing”.
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Mobbing orizzontale o ambientale: si verifica quando gli atti persecutori sono portati avanti da uno o più colleghi (di pari grado) ed hanno l’obiettivo di screditare un lavoratore mettendo in crisi la sua posizione lavorativa. Anche chiamato mobbing alla pari o face-to-face mobbing.
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Low mobbing: si verifica quando una parte o la totalità dei dipendenti intraprendono una serie di azioni il cui scopo è quello di ledere la reputazione delle figure dirigenziali dell’azienda.
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Mobbing strategico: si verifica quando, con premeditazione, si attuano una serie di comportamenti persecutori all’indirizzo di uno o più dipendenti con lo scopo ottenere l’allontanamento del dipendente senza ricorrere al licenziamento in modo da svecchiare il personale, rendere più snelli alcuni reparti o effettuare tagli al personale.
Il mobbing può essere suddiviso in quattro fasi distinte:
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Primi segnali: fase preliminare in cui si palesano problemi nelle relazioni tra la vittima ed i colleghi o superiori.
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Mobbing e stigmatizzazione: il comportamento mobbizzante si manifesta con l’obiettivo di screditare, isolare dal contesto produttivo, dequalificare e demotivare la vittima.
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Ufficializzazione: nonostante la denuncia dei torti subiti, la vittima viene colpevolizzata per screditarla ed isolarla.
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Allontanamento: la vittima rimane completamente isolata e, nella maggior parte dei casi, sceglie l’allontanamento volontario dal posto di lavoro.