In diversi Paesi è iniziata la somministrazione della dose di richiamo, cosiddetta booster o terza dose, per il vaccino contro Covid-19. Quella del richiamo vaccinale non è una novità assoluta ma in questi giorni i quesiti si moltiplicano. Che effetti ha sul sistema immunitario? Perché serve nel caso del virus Sars-Cov-2 e non in altri? Ecco le risposte alle principali domande da parte di Jonathan Abraham, esperto di microbiologia presso il Blavatnik Institute della Harvard Medical School.
Che cosa è esattamente una dose booster e come funziona?
Per l’esperto la terza dose ha “lo scopo di aumentare i livelli di risposte immunitarie dopo che sono diminuite naturalmente. Una dose booster induce il sistema immunitario a pensare che sta nuovamente venendo in contatto con un agente patogeno, quindi, le cellule che producono anticorpi e altre cellule immunitarie vengono ‘richiamate’ a mettersi in marcia. La quantità e la qualità degli anticorpi prodotti possono aumentare. Attraverso un processo chiamato maturazione dell’affinità anticorpale, il sistema immunitario impara a riconoscere un agente patogeno e a produrre anticorpi che si legano più strettamente al loro bersaglio. Per il virus Sars-Cov-2 gli anticorpi maturati per affinità possono essere più efficaci nel riconoscere varianti con più mutazioni”.
Perché questa dose non serve per tutti i vaccini?
“Per alcuni agenti patogeni, avere risposte immunitarie preesistenti e innescate, ad esempio sotto forma di livelli anticorpali misurabili, è fondamentale per l’efficacia. Quindi, poiché i livelli di anticorpi diminuiscono nel tempo, è necessario un richiamo. Nel caso, ad esempio del virus dell’epatite B, è probabile che il completamento della serie di tre richiami fornisca una protezione permanente, quindi, i livelli anticorpali misurabili non vengono controllati di routine”.
La dose di richiamo per Covid-19 è diversa da altre dosi di richiamo?
“Per ora – spiega Abraham – lo stesso antigene della proteina spike viene utilizzato per il vaccino e i booster. Tuttavia, c’è la possibilità che nel tempo la proteina cambi forma o muti abbastanza da richiedere un booster con un antigene del ceppo aggiornato. Questo scenario sarebbe più simile a ciò che viene fatto ogni anno con i vaccini contro il virus dell’influenza”.
In futuro si faranno ancora dosi di richiamo?
“Ipotizzerei – è la conclusione dell’esperto – che a causa delle varianti altamente trasmissibili, avremo bisogno di dosi booster periodiche per i prossimi anni. Utilizzare un ceppo vaccinale aggiornato può essere saggio perché è improbabile che vedremo più il ceppo vaccinale originale”
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