Sindrome dell’intestino irritabile, il cibo conta? I dubbi da uno studio Usa

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Sebbene alcuni tipi di carboidrati, noti come FODMAP (fermentable oligosaccharides, disaccharides, monosaccharides, and polyols), possano aggravare i sintomi intestinali nelle persone con la sindrome dell’intestino irritabile (IBS), pare che il loro effetto sia solo modesto. È quanto suggerisce uno studio pubblicato su American Journal of Clinical Nutrition, secondo cui il glutine non ha nessun effetto. «L’IBS è una malattia molto complessa che comprende molti fattori, ma i nostri risultati indicano che gli effetti di diete specifiche non sono grandi quanto si pensasse» ha commentato la prima autrice Elise Nordin, della Chalmers University of Technology in Svezia.

Poiché molti cibi con il glutine, eliminato spesso dalle diete di pazienti nonostante la mancanza di prove scientifiche, sono anche ricchi di FODMAP, si era ipotizzato che a causare i sintomi dell’IBS fossero proprio questi ultimi e studi precedenti avevano dimostrato una riduzione dei sintomi in pazienti che se ne privavano. Come ha spiegato Nordin, un ostacolo riguardante gli studi sull’alimentazione è la difficoltà di condurli in doppio cieco. «Il fatto che siamo riusciti a creare diete completamente “blind”, insieme al gran numero di partecipanti, rende il nostro studio unico» ha commentato. Nello studio, 110 pazienti hanno seguito 3 periodi di 1 settimana che corrispondevano a un intervento caratterizzato da alto contenuto di FODMAP, uno con alto contenuto di glutine o un intervento placebo. Ciascun periodo era intervallato da 1 settimana di pausa. Settimanalmente sono stati raccolti campioni di sangue e feci e i partecipanti hanno completato un questionato sui sintomi percepiti. Ebbene, si è visto che mentre i FODMAP aggravavano i sintomi, anche se non nel modo in cui gli autori si aspettavano, il glutine non provocava alcun effetto. «I nostri risultati sono importanti e indicano che il fattore psicologico è probabilmente molto importante. In precedenza è stato dimostrato che l’IBS è collegata alla salute mentale. La semplice consapevolezza di essere testati in uno studio può ridurre il burden dei sintomi» ha affermato Per Hellström, dell’Uppsala University in Svezia, ultimo firmatario dell’articolo.
Dallo studio è anche emersa una variabilità individuale tra le persone. È probabile quindi che alcuni pazienti possano reagire fortemente agli alimenti. Va notato come la ricerca faccia parte di un grande progetto che mira a individuare biomarcatori a livello della flora intestinale o nel sangue in grado di prevedere gli esiti di salute.

The American Journal of Clinical Nutrition 2021. Doi: 10.1093/ajcn/nqab337.
https://doi.org/10.1093/ajcn/nqab337

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