Echinopsis pachanoi, effetti psicotropi e uso nella tradizione

L'Echinopsis pachanoi è una cactacea originaria di Perù, Bolivia ed Ecuador nota alle popolazioni locali per i suoi benefici terapeutici da almeno duemila anni

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L’Echinopsis pachanoi è una cactacea originaria di Perù, Bolivia ed Ecuador, vive ad altitudini comprese tra 1.000 e 3.000 metri ed è nota alle popolazioni locali per i suoi benefici terapeutici da almeno duemila anni. A differenza del peyote, il San Pedro cresce rapidamente, quindi non è una specie in pericolo. Localmente è chiamata San Pedro o, in Quechua, Wachuma, Huachuma o Achuma. In particolare, è detta “San Pedro”, ossia San Pietro, perché le sue proprietà psicotrope permetterebbero di collegare gli umani con l’aldilà e con le divinità.

In Perù rituale tradizionale: esperienze spirituali e mistiche

Anche il suo nome Quechua, Wachuma, è interessante, perché significa “tagliare la testa”, ossia cessare le attività di pensiero della mente ordinaria. Secondo uno studio dell’Università Nazionale di San Marcos del Perù, il “rituale del San Pedro” risale a prima della Conquista ed era una forma di guarigione praticata in ambito cerimoniale. Oltre alle danze e alla musica, era una modalità per contattare il proprio mondo interiore e mettersi in contatto con le divinità per una guarigione fisica, emozionale e spirituale. Inoltre, gli scavi archeologici ne hanno rilevato l’uso nella cultura Chavín, una civiltà che si sviluppò nelle terre andine del Perù settentrionale dal 1200 a.C. al 200 a.C. Oggi il “maestro” della pianta, ossia il guaritore che la conosce e la somministra, non viene più identificato, come accadeva nell’antichità, con un ruolo sacerdotale, ma ancora accompagna in Perù e Bolivia le persone che fanno l’esperienza del San Pedro.
L’aspetto della pianta è singolare: ha uno o più fusti ramificanti di forma cilindrica di colore verde scuro, che misurano fino a 5 m di lunghezza e 8-15 cm di diametro. Sebbene in letteratura ci siano pochi studi recenti sulle sue proprietà, esse sono note da tempo alle civiltà andine, per provocare uno stato di espansione di coscienza che favorisce esperienze spirituali e mistiche. Già nel 1656, il cronista spagnolo Antonio de León Pinelo, in El paraiso en el Nuevo mundo dice che gli effetti prodotti dal cactus di San Pedro sono simili a quelli del peyote e dice: «…c’è un cactus che chiamano achuma, il cui succo priva del giudizio chi lo beve, come il peyote, che fa impazzire…». Il contenuto di alcaloidi è effettivamente simile a quello del peyote, e quindi anche gli effetti sono simili. Tuttavia, l’uso del San Pedro è molto limitato rispetto ad altre piante ed è il motivo per cui esistono pochissimi studi pubblicati in letteratura.

Mescalina negli usi medicinali tradizionali

Esistono invece molti studi sul suo alcaloide principale, la mescalina, è una sostanza controllata dalla Convenzione di Vienna del 1971: il suo uso, vendita e fabbricazione sono vietati. Tuttavia, il cactus San Pedro non è incluso nell’elenco delle sostanze classificate e la legalità del suo uso e coltivazione dipende dalla legislazione di ciascun paese. Ad esempio, in Canada la mescalina compare nell’elenco ufficiale degli stupefacenti, ma il peyote (un cactus che pure la contiene) è esplicitamente esentato dal regolamento, a meno che non sia in un preparato destinato all’ingestione, mentre in Svizzera, il San Pedro è considerato illegale. Altri paesi, come la Spagna, non menzionano il peyote nei loro elenchi di piante controllate, anche se ciò non implica che la vendita di peyote sia legale. La relativa notorietà della mescalina risale agli anni ’50, ma il suo consumo è sempre stato basso rispetto ad altre sostanze psicoattive tradizionalmente usate. Forse perché la sintesi della mescalina o la sua estrazione è più costosa, più complicata e dunque meno efficiente in termini economici: non è mai comparsa sul mercato nero, diversamente da altre sostanze come l’LSD. Le proprietà psicotrope del San Pedro sono dunque dovute soprattutto alla mescalina, concentrato principalmente nella scorza verde del cactus (chiamata clorenchima) con una concentrazione che può variare notevolmente a seconda della varietà e del campione. Alcune analisi hanno trovato concentrazioni che vanno dallo 0,053% al 4,7% del peso totale del cactus, il che ci fa capire quanto possa variare la quantità di cactus necessaria per indurre gli effetti psicoattivi desiderati, tenendo conto che essi richiedono una dose orale di mescalina tra 150 e 700 milligrammi, sulla base di 3,75 mg/kg di peso corporeo.
I preparati tradizionali, nei loro paesi di origine, non hanno restrizioni, per cui li si acquista al mercato, soprattutto nella forma essiccata: le dosi rilevate, tuttavia, sono tra i 34 mg e i 159 mg di alcaloidi totali, una quantità relativamente bassa e quindi con bassa attività psicoattiva, per cui i pazienti non sembrano esperire effetti psichedelici. I preparati di San Pedro tendono ad avere un sapore amaro e sgradevole; quindi, non è raro che si verifichino invece nausea e vomito dopo l’ingestione, effetti di cui la mescalina stessa potrebbe essere la causa. Gli effetti di un dosaggio alto, invece, sono meno simili a quelli del peyote e più simili a quelli prodotti dagli psichedelici come l’LSD e la psilocibina: visioni con gli occhi aperti e chiusi, alterazioni dello stato di coscienza, esperienze transpersonali e spirituali, e cambiamenti nella percezione del tempo e dello spazio. Possono verificarsi, inoltre, “viaggi” difficili, con ansia e angoscia, anche se sembrano essere meno frequenti rispetto a quelli conseguiti con altre piante e sostanze. La mescalina ha un effetto leggermente stimolante, sebbene alcuni racconti tradizionali parlino di uno stato iniziale di letargia dopo aver ingerito San Pedro. Tra gli usi medicinali tradizionali, vi è un trattamento per il mal di testa in cui il fusto del cactus, mondato dalle spine e affettato in rondelle, viene disposto sulla fronte del malato; in un altro trattamento per dolori renali (in caso di colica) e lombalgie, si dispone un fusto (stavolta affettato per lungo) a mo’ di cerotto sulla zona dolente. Il San Pedro si usa anche nel trattamento delle dermatosi, disponendo sulla parte interessata il fusto affettato o macinato; in caso di edema, una fetta della pianta viene posizionata sulla zona. In presenza di febbre alta, si usa un impiastro di San Pedro viene posto sulla fronte. Tradizionalmente la pianta gode di una vasta fama perché si dice curi i disturbi del comportamento alimentare, cancro. Varie forme di paralisi, e il diabete, problemi di ordine emozionale e persino il lutto e la depressione: è davvero un peccato che non venga studiata nei laboratori occidentali. Ha anche un uso veterinario, contro la tenia per bovini e ovini: si somministra il fusto liberato dalle spine e fatto bollire con allume e limone. Per l’afta epizootica, viene estratto un liquido per spremitura e dato all’animale da bere.

Schultes, RE y Hofmann A. Plantas de los dioses. Orìgenes del uso de los alucìnogenos. FCE, México, 1993.

Fonte Farmacista 33

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