Memoria e problemi cognitivi: migliorano con liquirizia e rosmarino

Molti studi dimostrano che le erbe e le spezie mediterranee autoctone sono all'interno di quei componenti della dieta mediterranea coinvolti nel miglioramento cognitivo e della memoria

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L’infiammazione cronica è oggi considerata un fattore cardine nella patogenesi dei disturbi psichiatrici, tra cui il morbo di Alzheimer, la depressione e l’ansia. La neuroinfiammazione ha un ruolo chiave nell’insorgenza e nel decorso delle malattie neurodegenerative, tra cui il morbo di Parkinson, la malattia di Huntington, la sclerosi multipla e la sclerosi laterale amiotrofica, contribuisce inoltre al danneggiamento cognitivo. Recenti indagini hanno dimostrato che questa flogosi può condurre a disfunzioni della memoria e deterioramento cognitivo, sia a livello preclinico che clinico. La qualità della dieta sembra essere un determinante cruciale per la salute mentale. È stato dimostrato che modelli alimentari salutari come la dieta mediterranea hanno effetti protettivi su funzioni cerebrali quali memoria e processi cognitivi.

Estratto di liquirizia: effetti sui processi cognitivi

Un numero crescente di studi dimostra quanto le erbe e le spezie mediterranee autoctone sono all’interno di quei componenti della dieta mediterranea coinvolti nel miglioramento cognitivo e della memoria. In un recentissimo studio vengono esaminate due piante: la liquirizia e il rosmarino. Un estratto di radice di Glycyrrhiza glabra (liquirizia), ampiamente distribuita dall’Europa meridionale alla parte nord-occidentale della Cina, viene approfondito, considerando già i numerosi studi che hanno dimostrato quanto potenzia i processi cognitivi nei roditori, migliorando inoltre il deterioramento cognitivo indotto dagli effetti amnesici indotti dal diazepam, dalla scopolamina e dall’etanolo.

Proprietà neuroprotettive del rosmarino

Un’altra pianta, che nella cucina mediterranea è uno dei principali aromi, è il Rosmarinus officinalis: del rosmarino si ha testimonianza persino da tavole di pietra sumeriche a scrittura cuneiforme risalenti al V millennio a.C.; i greci credevano che rafforzasse il cervello e migliorasse la memoria, tradizionalmente infatti il rosmarino è stato usato per migliorare la memoria e, come tale, ha guadagnato nel tempo notorietà come simbolo del ricordo e dell’amicizia. La somministrazione di un estratto di rosmarino migliora la cognizione nei topi con senescenza accelerata, migliorando inoltre la memoria spaziale. Grazie alle caratteristiche strutturali dei diterpeni, di cui le foglie sono ricche, il rosmarino gode di una vasta gamma di effetti farmacologici: antiossidante, chelante e antinfiammatorio. Questi meccanismi sono coinvolti nel potenziale terapeutico che l’estratto sembra avere sull’Alzheimer. Sono due i diterpeni, presenti principalmente nelle foglie, che mostrano effetti neuroprotettivi sia in vitro sia in modelli sperimentali in vivo: carnosolo e acido carnosico. In alcuni importanti studi l’acido carnosico ha esercitato effetti protettivi su cellule neuronali più intensi persino di resveratrolo e sulforafano. Nello studio in questione l’estratto di liquirizia è titolato al 6,2% in acido glicirrizico e quello di rosmarino al 6% in acido rosmarinico. Questa ricerca dimostra che l’estratto delle due piante in questione può indurre miglioramento cognitivo. Inoltre, ha dimostrato che il deterioramento cognitivo indotto da lipopolisaccaridi è stato addirittura invertito grazie alla somministrazione dell’estratto di rosmarino solo nei ratti femmine. A tal proposito, sempre in aumento sono le prove che suggeriscono quanto le femmine siano più suscettibili allo sviluppo di deficit cognitivi e dell’umore rispetto ai maschi, conducendo a un rischio maggiore di psicopatologie. I risultati forniscono ulteriore supporto per adoperare gli estratti al fine di migliorare la memoria e come potenziali sostanze complementari agli attuali interventi terapeutici nel trattamento del deterioramento cognitivo, suggerendo che gli estratti potrebbero essere più efficaci nelle donne con un profilo neuroinfiammatorio. Infine, lo studio rivela un interessante curiosità: il pesce zebra può essere considerato un prezioso modello preclinico per la scoperta di farmaci nell’ambito delle neuroscienze; in effetti, i risultati ottenuti nel pesce zebra sono, in larga misura, paragonabili a quelli osservati nei ratti sani nello studio in questione.

Fonti

Behav Brain Funct. 2022;18(1):5. Published 2022 Feb 25

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