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Il 2023 sarà l’anno entro cui la presenza di acidi grassi trans negli alimenti dovrebbe essere bandita del tutto. Lo chiede l’Organizzazione mondiale della sanità che annualmente pubblica un report sull’eliminazione dai prodotti alimentari degli acidi grassi trans di produzione industriale. La strategia, promossa dal Dipartimento di nutrizione e sicurezza alimentare dell’Oms rientra nei piani generali di lavoro 2019-2023 per migliorare la salute delle popolazioni a livello globale (General Programme of Work – GPW 13).
Nei processi industriali
I grassi trans sono un particolare tipo di grassi prodotti durante il processo industriale di idrogenazione parziale degli oli vegetali: si tratta di un procedimento usato per rendere solida la materia prima a temperatura ambiente, quindi meno soggetta a fenomeni di ossidazione, allo scopo di migliorare la conservazione degli alimenti in cui viene impiegata, per lo più prodotti da forno come biscotti, wafer e merendine. Il termine trans fa riferimento alla particolare isomeria che i doppi legami assumono al termine del processo (trans anziché quella naturale cis) che conferisce al grasso determinate caratteristiche di consistenza. Gli oli parzialmente idrogenati contengono al termine di questo processo generalmente sia grassi saturi e sia insaturi, tra i quali appunto i grassi trans in una proporzione variabile (anche fino a più del 50%), a seconda della tecnologia di produzione utilizzata. I grassi trans si ritrovano naturalmente anche nelle carni (di bovini, ovini o caprini), nel latte e nei suoi derivati. Ma è la quota prodotta dai processi industriali di idrogenazione che preoccupa maggiormente. Gli acidi grassi trans, infatti, non sono necessari da un punto di vista nutrizionale; sono anzi riconosciuti tra i principali fattori di rischio per le malattie cardiovascolari, diabete di tipo due e si pensa, sulla base di crescenti evidenze, anche di alcuni tipi di cancro (1).
I rischi per la salute
Va detto che il livello di acidi grassi trans industriale è notevolmente diminuito negli ultimi decenni, anche se non in modo uniforme dappertutto: da qui la preoccupazione dell’Oms, che ha attuato la strategia per la riduzione a livello globale di questo fattore di rischio nella dieta. La situazione nell’Unione europea è notevolmente migliorata nell’ultimo decennio, anche se non in modo uniforme tra i Paesi. La maggior parte dei prodotti alimentari analizzati nell’Ue contengono meno di 2 grammi di grassi trans per 100 grammi di grasso. In molti la quantità è inferiore a 0,5 grammi per 100 grammi di grasso e in alcuni prodotti i grassi trans non sono presenti. Questo perché le tecnologie di trasformazione e le materie prime alternative hanno permesso di ottenere gli stessi risultati con metodi di produzione diversi, ma anche perché dal 2019 un nuovo Regolamento limita rigorosamente la quantità di grassi trans (di origine industriale) in tutti gli alimenti venduti ai consumatori proprio a 2 grammi di per 100 grammi di grasso. Le malattie cardiache sono infatti la principale causa di morte nell’Unione. Un’elevata assunzione di grassi trans innalza il rischio di mortalità dal 20 al 32% in più, quando il 2% dell’energia quotidiana proviene da grassi trans rispetto ad altre fonti di grassi o da carboidrati (2). Per questo motivo Efsa ha indicato che l’assunzione di grassi trans da alimenti trasformati dovrebbe essere sempre la più bassa possibile nell’ambito di una dieta giornaliera sana ed equilibrata.
Fonti
1. Michels, Ina Olmer Specht, Berit L Heitmann, Veronique Chajès, Inge Huybrechts, “Dietary trans-fatty acid intake in relation to cancer risk: a systematic review and meta-analysis. 2021”, Nutrition Reviews, 79, 7
2. Commission Regulation amending Annex III to Regulation (EC) No 1925/2006 of the European Parliament and of the Council as regards trans fat, other than trans fat naturally occurring in fat of animal origin.