MALATTIE RARE: Trombocitemia essenziale

L’incidenza è stimata in circa 1,5-2,4 casi ogni 100.000 persone. La malattia è più frequente nelle donne e l’età media alla diagnosi è circa 60 anni, ma non sono infrequenti i casi di pazienti sotto i 40 anni.

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La trombocitemia essenziale (TE) è una neoplasia mieloproliferativa cronica caratterizzata da un consistente aumento delle piastrine e, quale conseguenza diretta, dall’aumento di eventi trombotici. Talvolta, un numero molto elevato di piastrine può portare a un loro malfunzionamento, con conseguente paradossale rischio aumentato di sanguinamento. Le cause della malattia non sono note e, pur presentando delle caratteristiche comuni alle altre neoplasie mieloproliferative croniche, non sono state evidenziate con certezza relazioni causa-effetto.

L’incidenza è stimata in circa 1,5-2,4 casi ogni 100.000 persone. La malattia è più frequente nelle donne e l’età media alla diagnosi è circa 60 anni, ma non sono infrequenti i casi di pazienti sotto i 40 anni. Sebbene estremamente rari, sono stati descritti casi di malattia che si presenta in più componenti della stessa famiglia.

SINTOMATOLOGIA

L’indicatore principale per una diagnosi è rappresentato da un valore di piastrine elevato (>450.000/μl) che deve però essere confermato nel tempo e non avere altre cause che possano spiegarlo, quali la carenza di ferro o l’infiammazione. Per la conferma diagnostica vengono poi ricercate le mutazioni di JAK2 e, in sua assenza, di CALR o di MPL. Per la diagnosi risulta essere fondamentale anche la biopsia osteomidollare, che consente di discriminare la malattia da “forma vera” a forma “iniziale mielofibrosi o mielofibrosi prefibrotica” sulla base della morfologia dei megacariociti (i precursori midollari delle piastrine) e della presenza appunto di iniziale fibrosi.

La scoperta della malattia viene solitamente effettuata in modo casuale a seguito di analisi di controllo. La malattia infatti è frequentemente asintomatica, ma in una ristretta porzione di persone si riscontrano disturbi del microcircolo, come formicolii, cefalea, ronzii nelle orecchie, o eventi trombotici o emorragici. La splenomegalia (ingrossamento della milza) può essere presente anche se generalmente moderata.

TRATTAMENTO

Per la definizione della migliore terapia è fondamentale la valutazione del rischio trombotico del paziente.
Nei pazienti a minor rischio trombotico, cioè quelli giovani con mutazione di CALR e assenza di fattori di rischio cardiovascolare, non viene di solito utilizzata la terapia antiaggregante, perché potrebbe aumentare il rischio di sanguinamento. Questi casi vengono solitamente solo monitorati nel tempo.
Negli 
altri pazienti viene utilizzato l’antiaggregante (di solito cardioaspirina), a cui viene anche aggiunta una terapia citoriduttiva per ridurre il numero di piastrine se essi presentano storia di trombosi precedente o età superiore ai 60 anni. Talvolta il numero di piastrine sale moltissimo, e può rendersi necessario iniziare una terapia specifica anche in assenza di criteri di elevato rischio trombotico.
La terapia citoriduttiva consiste nell’idrossiurea o, per i pazienti più giovani, nell’interferone. Nei pazienti che falliscono l’idrossiurea può anche essere impiegato l’anagrelide, farmaco che riduce la produzione di piastrine agendo sulla maturazione dei loro precursori.

(fonte ail.it)

Marchigiano di Fermo vive in Romagna dal settembre del 2000. Giornalista professionista dal 1991, ha lavorato in quotidiani di diverse regioni (Marche, Umbria, Toscana, Lazio ed Emilia Romagna) fino alla qualifica di caporedattore centrale. Tra le sue esperienze anche l'assunzione, quale esperto per l'informazione, presso l'ufficio di Gabinetto del presidente del Consiglio regionale delle Marche dott. Alighiero Nuciari nei primi anni 90 e quelle radiofoniche presso alcune emittenti private sempre delle Marche.

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