Io speriamo che me la cavo. Ricordate il film diretto da Lina Wertmuller e interpretato da Paolo Villaggio in cui si raccontava il degrado di un paese del napoletano e il difficile rapporto fra alunni e i maestri? Da allora, sono passati oltre trent’anni ma il fenomeno della dispersione scolastica non solo è rimasto tale ma si è pian piano annidato in tutte le periferie italiane. Nel 2022, il 9,7% degli studenti con un diploma superiore si è ritrovato in una condizione di dispersione implicita, cioè senza le competenze minime necessarie per entrare nel mondo del lavoro o dell’Università, mentre il 12,7% dei minori non è arrivato neanche al diploma delle superiori, perché ha abbandonato precocemente gli studi. Sotto la media resta la Lombardia, dove però, in alcune zone, il problema è serio e spesso trascurato: “Sono ormai diversi anni -spiega Massimiliano Salierno, direttore di ANPIL, una Onlus che porta avanti diversi progetti in Italia e all’estero- che abbiamo avviato azioni incisive per non lasciare soli gli adolescenti. Gallaratese, Quarto Oggiaro, Bovisa sono quartieri a rischio, dove i ragazzi delle scuole elementari e medie più che disertare i banchi, si limitano, diciamo così, a riscaldarli. Mi spiego meglio: i servizi sociali da noi funzionano bene e ripetute assenze farebbero scattare l’allarme. Per questo motivo, il problema non è tanto esserci nelle aule, ma come starci. I ragazzi mostrano disinteresse e questo segna il loro destino. Inevitabilmente”.
Per questo, ANPIL, nel 2010, ha aperto lo Spazio Ascolto Famiglie, un luogo e un contesto operativo dove operatori professionali prendono in carico non solo i bisogni dei bambini e degli adolescenti ma tutto il contesto familiare e scolastico: “I problemi che emergono -afferma Michele Augurio, che dello Spazio è il responsabile- sono soprattutto di carattere relazionale fra moglie e marito e fra genitori e figli. Abbiamo un percorso di auto mutuo aiuto in cui 20 nuclei si confrontano sulle più disparate problematiche. Parlare, sentirsi capirti, confrontarsi, condividere è una medicina potentissima. Fa comprendere che quelle difficoltà, che magari turbano la serenità quotidiana, sono le stesse che vivono altre persone e questo ha il potere di creare empatia, di non sentirsi più soli e di pensare che quella montagna che sembrava invalicabile forse è affrontabile”. La solitudine è del resto elemento chiave dove regna l’incertezza: “Si tratta di uno stato -continua Augurio– che riguarda tutti, ma in particolare i nostri ragazzi. La tecnologia ha tanti pregi, ma ha avuto il difetto di far vivere le amicizie virtualmente. Il paradosso insomma è che stando sempre connessi, il contatto fisico, direi umano, si è notevolmente ridotto, lasciando spesso vuoti incolmabili”.
Un problema rilevante che, con la pandemia, si è decisamente ampliato: “Nei nostri vari progetti -dice Salierno– abbiamo notato come la solitudine sia ormai un sentimento costante e pericoloso. Per questo, abbiamo ritenuto che fosse arrivato il momento di sostenere gli adolescenti della nostra zona con un supporto psicologico. Un supporto che fosse, diciamo così, studiato su misura e che quindi andasse oltre il nostro spazio di ascolto. Non tutti, però, potevano permettersi di accedere a un aiuto del genere perché ha un costo. Per questo, abbiamo deciso di adottare un metodo che, da decenni, si adotta a centinaia di chilometri da noi. E così siamo passati dal caffè alla seduta sospesa. Chi vuole insomma può pagare un trattamento di questo tipo a chi non ha i soldi per poterlo fare. La risposta è stata incoraggiante. In tanti, hanno voluto aderire all’iniziativa e ora si aprono spazi interessanti. Anche perché quello che stiamo provando ad arginare è una vera e propria questione sociale che riguarda le nuove generazioni ed è quindi destinata a segnare gli anni a venire”.
ANPIL nella lingua haitiana significa molte cose e l’Associazione meneghina di molte cose si occupa, avendo come focus l’infanzia e l’adolescenza a rischio: “In Italia come nel mondo -precisa il direttore dell’Onlus”. “L’età moderna ha globalizzato tutto, anche il degrado. Ed è per questo che ci interessiamo di quanto accade nel nostro territorio con la stessa passione con cui interveniamo in posti lontani. Operiamo appunto ad Haiti ma anche in Guatemala, nel Mozambico, in Paraguay e nella Repubblica Democratica del Congo. Per noi, ogni luogo è vicino per favorire l’inclusione scolastica e una formazione di qualità: migliorando le condizioni del singolo bambino, si aiuta indirettamente il suo nucleo familiare e di conseguenza anche la sua comunità. Ma non solo. Al centro della nostra attività all’estero anche progetti per lo sviluppo e l’autosufficienza economica, progetti finalizzati a migliorare situazioni igienico-sanitarie, tutelando i diritti dei minori e delle donne. Senza dimenticare l’acqua, bene prezioso ovunque ma in alcuni Paesi in particolare”.