IL RITIRO SOCIALE NELL’ADOLESCENZA

Sotto il profilo clinico, si osserva un incremento di giovani che volontariamente si auto-isolano in ambito domestico, abbandonando il percorso scolastico a seguito del crollo dell’ideale infantile alle prese con la trasformazione per affrontare le sfide evolutive dell'adolescenza

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Gli psicoterapeuti sono frequentemente consultati da genitori in difficoltà con i figli adolescenti. Talvolta, il corpo docente diviene il veicolo di un segnale di emergenza, indicando il disagio che affligge i giovani, i quali sembrano perdersi o affondare nelle complessità e difficoltà tipiche dell’adolescenza. Tali difficoltà se non comprese e affrontate adeguatamente, possono sfociare in disturbi psicologici.

Sotto il profilo clinico, si osserva un incremento di giovani che volontariamente si auto-isolano in ambito domestico, abbandonando il percorso scolastico a seguito del crollo dell’ideale infantile alle prese con la trasformazione per affrontare le sfide evolutive dell’adolescenza.

Il quadro attuale, delineato dal vissuto dell’ombra minacciosa della pandemia dal Covid-19 e dalla sua fase post-pandemica, assume una rilevanza straordinaria poiché non solo coinvolge aspetti epidemiologici, ma tocca anche dimensioni culturali ed esistenziali.

Dal punto di vista psicologico, il tumulto che travagliava le menti degli adolescenti è stato a tratti sottovalutato e, probabilmente, minimizzato in favore di altre emergenze, concentrando l’attenzione su categorie più a rischio, come gli anziani ed i soggetti fragili.

Tale prospettiva retrospettiva a seguito dell’esperienza pandemica, getta luce sulla presenza di molteplici fattori che hanno contribuito alle difficoltà che numerosi giovani affrontano attualmente. Questi giovani manifestano sintomi tipici del disagio adolescenziale, mettendo in luce le difficoltà che hanno attraversato negli ultimi due-tre anni.

Un’osservazione preliminare è rivolta al periodo pre-pandemico, quando genitori ed educatori testimoniavano di un tempo in cui educare e preparare i figli per la vita appariva meno complicato.

Tuttavia, nell’era dell’informazione che fa propria la norma della conoscenza e della comprensione, ci si trova immersi in un mare di indicazioni, teorie e linee guida talvolta contraddittorie tra loro, con l’esito di non aiutare nella pratica specialmente quando si tratta di problemi educativi, soprattutto con gli adolescenti contemporanei. Indiscutibilmente, dall’insorgere del virus nel 2020 in poi, alcune problematiche preesistenti sono state amplificate e complicate.

Noi psicoterapeuti riscontriamo tra le generazioni più recenti di genitori un crescente smarrimento riguardo ai canoni e principi educativi. L’antico concetto di incarnare un modello da seguire per esercitare le buone pratiche educative alle future generazioni è andato scemando, lasciando spazio a genitori desiderosi di essere amici dei propri figli a qualsiasi costo, e sempre più incapaci di imporre limiti attraverso un semplice “no”.

La società attuale è caratterizzata da una diffusa cultura narcisistica, nella quale i genitori stessi ambiscono a rimanere giovani come i propri figli, ossessionati dall’ideale di bellezza e giovinezza eterna.

In questo nuovo e complesso panorama, sembra che quel patto fondato sul riconoscimento dei ruoli all’interno della famiglia abbia perso rilevanza.

Questo appiattimento dei ruoli ha creato un vuoto; la cancellazione del conflitto ha tolto agli adolescenti di un punto di riferimento producendo effetti negativi sulle relazioni intergenerazionali.

Quel sano ed antropologico conflitto tra genitori e figli rappresenta l’impulso rivoluzionario che spinge le nuove generazioni a un cambiamento proattivo, alla crescita individuale e, di conseguenza, alla crescita sociale. Quando il conflitto si dissolve, scompare la delicata cesura che separa le diverse dimensioni temporali all’interno delle generazioni, lasciando il rischio di una pericolosa implosione nelle nuove generazioni, impedendo loro di vivere appieno il proprio tempo all’interno di un contesto epocale.

Sopprimere la “sana” tensione del conflitto significa reprimere nel giovane l’impulso verso l’autonomia e l’affermazione della propria identità, sminuendo al contempo la comunicazione intergenerazionale. Si apre così un varco che conduce alla fragilità narcisistica, nella quale l’adolescente attende riconoscimento e approvazione incondizionati, e se questi vengono negati, si ritira, si isola, si sente deluso e arrabbiato. In tal modo, il giovane viene spinto a immaginare un futuro nel quale possa ottenere una sorta di “perdono” riparatore per le delusioni subite in un passato recente.

Una seconda osservazione prende in considerazione l’ambiente surreale in cui si è vissuto per la prima volta nella nostra epoca, caratterizzato da città vuote, se non addirittura bloccate, a causa dei lockdown imposti dai provvedimenti governativi. L’attenzione era prevalentemente concentrata sugli anziani, considerati i più vulnerabili alla pandemia, mentre i bambini e gli adolescenti erano considerati immuni al virus.

Di conseguenza, non è stata prestata sufficiente attenzione ai giovani, i quali sono diventati invisibili nella sfera sociale. Non si è compreso che chiudere scuole e palestre, luoghi frequentati dai giovani, significava chiudere la finestra sul mondo per loro, eliminando il loro spazio culturale e condiviso, formato da rituali e attività che arricchiscono e vivificano il loro presente. In questo contesto, i giovani adolescenti sono rimasti confinati in casa per evitare il contagio, ma questa reclusione obbligatoria ha comportato rischi e difficoltà nella costruzione dell’identità individuale per la rappresentazione di sé come soggetto.

La limitazione e la privazione del “fuori” ha esposto i giovani ad un “dentro” eccessivo dando luogo ad un processo evolutivo compromesso che ha indebolito la loro emancipazione e soggettività.

Una terza osservazione sottolinea che molti giovani presentano segni evidenti di ferite psicologiche inflitte loro da questa esperienza; l’eco di una società narcisistica ha profondamente turbato questi adolescenti, i quali manifestano fragilità e una serie di sintomi associati a stati depressivi e ansiosi.

Questi anni di limitazioni e di eccessivo “rimanere dentro” hanno provocato ferite profonde in molti giovani e il rischio di rassegnarsi, rinunciando alla crescita, dando vita a quel fenomeno emergente del ritiro sociale.

Esiste inoltre una correlazione tra il ritiro sociale e la dipendenza da internet.

L’ambiente virtuale della rete permette di anestetizzare sentimenti di tristezza e vissuti di solitudine, mantiene a distanza tollerabile le relazioni con gli altri, le angosce e il senso di inadeguatezza. In questo contesto, il ritiro e la navigazione in rete rappresentano un tentativo iniziale di risolvere e mitigare una sofferenza psicologica apparentemente insuperabile.

Caso clinico

Nella mia esperienza professionale, ho incontrato un giovane a cui darò il nome fittizio di Matteo, che rappresenta uno di quei ragazzi adolescenti che si sono trovati ad affrontare i pericoli del ritiro sociale.

Fui contattata dalla madre, preoccupata per il cambiamento del comportamento del figlio che trascorreva sempre più tempo ritirato nella sua stanza. La madre condivise ulteriori dettagli, e concordammo di incontrarci in studio, alla presenza di entrambi i genitori.

Durante il nostro primo incontro, ascoltai attentamente la narrazione e le loro preoccupazioni. Matteo, 17 anni, aveva inizialmente reagito in modo abbastanza adattabile alle nuove condizioni imposte dalla pandemia, accettando il lockdown che confinava la vita all’interno delle mura domestiche. Le lezioni scolastiche erano state trasferite in modalità online dalla sua stanza, scandite da limitate interazioni con i compagni di classe a cui si aggiungevano le difficoltà di frequentare gli amici in presenza.

Nel corso dei mesi successivi, Matteo aveva cercato di adattarsi alle nuove restrizioni, ma aveva iniziato a manifestare segni di insofferenza e irritabilità in casa, spesso arrabbiandosi per motivi apparentemente banali. Matteo trascorreva sempre più tempo chiuso nella sua stanza, dedicandosi in modo massiccio alla vita online, fatta di navigazioni e giochi virtuali in rete attraverso dispositivi elettronici quali il cellulare e il computer.

Con il ritorno graduale alla normalità, Matteo aveva continuato a condurre una vita più ritirata rispetto ai suoi coetanei. I genitori cercavano di spingerlo a uscire di casa, a rivedere gli amici e a riprendere l’attività in palestra, ma si opponeva con resistenza, diventando aggressivo se i genitori insistevano, sostenendo di avere una vita sociale attiva grazie alla sua presenza su numerosi social media.

Ritiro sociale

Matteo passava sempre più tempo nella sua stanza, trovando difficoltà ad alzarsi, recarsi a scuola e allontanandosi sempre di più dalla vita reale, caratterizzata da interazioni umane e emotive. Il suo mondo interiore era dominato da social network, chat e giochi interattivi, con poche interazioni sociali dirette. Le preoccupazioni dei genitori crescevano man mano che si rendevano conto che il figlio stava intraprendendo una pericolosa strada di ritiro sociale. Era evidente che Matteo aveva bisogno di aiuto, comprensione e sostegno nella sua vita reale e sociale, lontano da quell’ambiente illusorio e potenzialmente pericoloso.

Ricordo il primo incontro

L’immagine di Matteo mi rimarrà sempre impressa, con i suoi grandi occhi scuri che sembravano interrogarsi sul motivo per cui si trovasse nel mio studio, come se non capisse appieno quale fosse il problema. Mi presentai a lui con calma e naturalezza, ascoltando nel primo incontro con lui e i genitori, ciò che avevano da dire. Matteo ascoltava in silenzio.

Questo primo incontro doveva essere leggero e chiaro, privo di giudizi, pressioni e aspettative. Iniziai a porre domande aperte, incoraggiandolo a condividere i suoi pensieri e sentimenti. Man mano che la conversazione avanzava, riuscii a stabilire un legame con Matteo, basato sulla fiducia reciproca. L’obiettivo principale era farlo sentire ascoltato e compreso. Utilizzavo un linguaggio accessibile al mondo adolescenziale, cercavo di entrare nella sua attuale visione del mondo e nel suo bunker psichico.

Alla fine di quella prima seduta, Matteo accettò l’idea di incontrarmi ancora, sebbene con molta cautela. Così ebbe inizio il suo percorso terapeutico.

Conclusioni

Il caso di Matteo rappresenta solo un esempio delle difficoltà e delle sfide poste dal ritiro sociale nell’adolescenza.

Nel mio lavoro, ho sperimentato il potere dell’ascolto empatico e della comprensione nelle prime fasi del trattamento. Il coinvolgimento dei genitori e la costruzione di un ambiente di sostegno sono fondamentali per aiutare i giovani a ristabilire connessioni significative nella vita reale e a recuperare un senso di identità e appartenenza.

Il ritiro sociale nell’adolescenza richiede una risposta attenta e delicata da parte degli operatori della salute mentale e dei genitori. Affrontare questa sfida richiede comprensione, pazienza e un impegno continuo per aiutare i giovani a navigare il difficile territorio dell’adolescenza in un mondo sempre più interconnesso, ma spesso alienante.

L’isolamento eccessivo, accentuato dal trauma della pandemia e dalla crescente dipendenza dalla tecnologia che può evolvere in patologie di tipo additivo – rappresentano rischi reali con conseguenze significative sulla salute mentale dei giovani.

L’intervento precoce favorisce il superamento delle difficoltà adolescenziali consentendo al soggetto la riorganizzazione in senso evolutivo.

Il percorso terapeutico richiede tante piccole attenzioni per consentire l’entrata fiduciosa del terapeuta nel mondo di questi giovani sofferenti per prendersi cura del loro dolore psichico che crea quel blocco evolutivo nella loro fase di vita.

Bibliografia

M. Lancini, “Cosa serve ai nostri ragazzi” UTET, 2020

A cura di M. Lancini, “Il ritiro sociale negli adolescenti” Raffaello Cortina Ed., 2019

G. Nardone, A. Salvini, “Il dialogo strategico”, Ponte alle Grazie, 2004

F. Scarlaccini, F. Cannistrà, T. Da Ros “Aiutami a diventare grande” EPC Ed., 2017

Professione Psicologa, Psicoterapeuta e Ipnoterapeuta Farmacy Psychology Specialist, e Referente per il Veneto e Membro del Comitato Etico ANPIF per il Progetto Nazionale dello Psicologo in Farmacia e per lo Screening post pandemia Formazione Lauree magistrali in: Psicologia Clinica; Filosofia Laurea triennale in: Psicologica dell’Educazione Scuola di specializzazione in Psicoterapia ad Analitico Transazionale ad Orientamento Sociocognitivo Master in Ipnosi Clinica ad orientamento Ericksoniano Counseling filosofico e Antropologico Clinico Esistenziale Esperienza Professionale Attività Clinica Privata - Consulenza psicologica per adulti, adolescenti, terza età, coppie e famiglie - Percorsi psicoterapici individuali - Consulenze psicologiche individuali in ambito lavorativo e sportivo Attività di Consulenza psicologica in Azienda - Sportello di consulenza psicologica individuale Psicologa presso Farmacia ANPIF - Consulenze psicologiche - Somministrazione periodica di Screening per la prevenzione e cura dei disagi psicologici Ricerca e Screening ANPIF - Referente del progetto Nazionale "Paura da Covid-19? Ti sosteniamo noi!", 2020 - Partecipazione al gruppo di lavoro sullo Screening e ricerca per valutare l'efficacia della prevenzione sul disagio psicologico, 2023 Attività Didattica - Corsi: Training Autogeno, Rilassamento Guidato, Dialogo Socratico, Counseling Filosofico - Percorsi di Cura, Consapevolezza e Conoscenza di Sé presso UPM (Università Popolare di Mestre) e Centri Privati Pubblicazioni - "Cognitive impairment in the setting of clinical pharmacies: insights and lessons from an Italian experience with a community pharmacist- and psychologist-led program of neuropsychological screening during the COVID-19 pandemic" Rivista online: https://journalhss.com/wp-content/uploads/JHSS_Bragazzi-et-al-142-150.pdf - “Il ritiro sociale nell’adolescenza” Sandra Scibelli, 2023 Rivista online: TagMedicina https://www.tagmedicina.it/2023/09/13/il-ritiro-sociale-nelladolescenza/ - "Epoca del Covid-19 e crescita post traumatica" Sandra Scibelli, 2020 Rivista online: TagMedicina https://www.tagmedicina.it/2020/11/04/covid-19-crescita-post-traumatica/ - "Il tempo della Paura Covid-19. Dal tempo ontologico al tempo della Cura" https://www.farmaciaepsicologia.it/ Sandra Scibelli, 2020 - "Il sentimento filiale – uno studio retrospettivo sulla relazione tra madri anziane e figlie adulte" Rivista interdisciplinare dell’educazione, IUSVEducation, 4 Dicembre 2014 - "Madri anziane e figlie adulte: quali sentimenti?" Rivista online Psychomedia, 2013 - "Tra il dire e il fare. Ricerche e testimonianze sulla consulenza filosofica, Dare un senso alla vita nonostante la sofferenza" Editore Mimesis, 2011

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