L’endometriosi è una malattia dell’età fertile che interessa il 10-15% delle donne e non è solo la capacità procreativa che viene compromessa … un tormento anche per LUI.
È infatti una patologia caratterizzata dal dolore pelvico che si può manifestare in varie fasi del ciclo mestruale, durante il flusso, durante i il coito, impedendo così rapporti spontanei e completi, inibendo il desiderio, l’eccitazione, la lubrificazione e l’orgasmo. La sessualità creativa, ricreativa e procreativa viene quindi inesorabilmente compromessa. Un tormento anche per LUI.
Il “dolore intimo”, spesso inconfessabile, esplode infatti in zone anatomiche in cui di solito si trae il massimo piacere… Laddove la maggior parte delle persone trova appagamento, lasciandosi cullare dalla dolcezza delle carezze, lì si scatena una tempesta micidiale di indicibili sofferenze. Il dolore può esistere già a riposo, senza alcuna stimolazione, senza alcun contatto: figurarsi cosa può succedere solo per uno sfioramento, per un tocco leggero. Nel dolore pelvico cronico non soffre solo il corpo, ma anche e soprattutto la mente, che può esserne devastata. Il dolore toglie la voglia di stare con gli altri, impedisce di essere in pace con sé stessi. I propri pensieri non hanno più spazio, ma sono ridotti in una gabbia stretta, soffocati, senza possibilità di divagare, senza mai placarsi e distendersi in una dimensione di libertà. Sì, perché il dolore continuo rende schiavi, senza speranza di affrancamento. Rende tristi, impotenti, rabbiosi e disperati, perché è un male non solo per ciò che è, ma soprattutto per ciò che sarà nei momenti in cui ci si può aspettare il massimo piacere sia per LEI, che per LUI.
Purtroppo la sintomatologia spesso si presenta all’inizio molto sfumata e non precisa, ciò porta ad un ritardo medio della diagnosi di circa 9 anni e circa la metà delle donne consulta almeno 5 specialisti per ottenere una diagnosi precisa. Si perché a molti medici tutto ciò potrà apparire un’esagerazione, il frutto, casomai, di un’avversione nei confronti dell’intimità, qualcosa che proviene da una mente malata, attenta ad evitare qualsiasi effusione per motivi che solo la psichiatria può indagare.
L’alterata sessualità, la riduzione della frequenza dei rapporti fecondanti, le alterazioni anatomiche a livello uterino, tubarico ed ovarico che ne conseguano, le alterazioni biochimiche nel tempo ingravescenti che si manifestano a livello degli ovociti e dell’endometrio rendono le donne affette da endometriosi progressivamente meno fertili, per cui in ricorso a tecniche di riproduzione assistita può essere la soluzione. Anche in questi casi però bisogna considerare il grado di compromissione della riserva ovarica, in quanto ripetuti interventi sulle gonadi femminili inesorabilmente la riducono. I pochi ovociti che si recuperano, se la forma endometriosica è grave, non sono qualitativamente accettabili, per cui possono ottenersi in laboratorio embrioni di cattiva qualità e con ridotte capacità di impianto, anche perché l’endometriosi stessa altera quei fattori biochimici che lo permettono.
La soluzione a queste problematiche riproduttive sta nella precocità di intervento, nel non ritardare l’esecuzione delle tecniche di PMA … in attesa di non so che cosa possa risolvere il problema di base, inesorabilmente progressivo.
Altra soluzione sta nel migliorare le condizioni di fertilità dei gameti maschili, i quali se al momento della fertilizzazione presentano un DNA ottimale certamente porteranno alla formazione di embrioni di migliore qualità e di conseguenza con maggiori possibilità di attecchimento, nonostante la presenza di ovociti maltrattati dalla malattia. La fertilità maschile ottimale deve quindi poter sopperire le carenze riproduttive della donna affetta da endometriosi.