Rabbia e bambini: Conoscerla, Ri-conoscerla e imparare a gestirla.

La rabbia è uno stato affettivo intenso con cui ci confrontiamo fin dall’inizio della nostra vita, che si attiva in risposta a stimoli interni o esterni.

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La rabbia è una delle emozioni più difficili da comprendere, da spiegare e da gestire…e se percepiamo queste complessità noi adulti, proviamo a pensare a come possa essere difficile per i bambini. Ma andiamo per gradi.

Che cos’è la rabbia?

La rabbia è uno stato affettivo intenso con cui ci confrontiamo fin dall’inizio della nostra vita, che si attiva in risposta a stimoli interni o esterni. È una delle emozioni primarie, innata e universale. Appartiene quindi all’esperienza umana comune e condivisa indipendentemente dall’età, dalla cultura e dall’etnia di appartenenza. Ha una funzione adattiva. L’esordio di questo sentimento è infatti determinato dall’istinto di difendersi per sopravvivere nell’ambiente in cui ci troviamo, dal rispondere a un torto subito, dalla percezione di una ingiustizia o di una violazione dei propri diritti.

Normalmente possiamo osservare la sua espressione di solito verso la fine del primo anno di età, ma gli esperti concordano nell’identificare il suo picco dai 2 anni ai 4 anni di età, periodo definito anche con il termine “i terribili due”.

Ma i bimbi si arrabbiano anche quando vogliono attirare l’attenzione, evitare di fare qualcosa o ottenere qualche cosa che desiderano in un determinato momento. È importante ricordare che i bambini imparano a riconoscere, gestire e soprattutto accettare le emozioni attraverso l’esempio e l’imitazione delle persone che ruotano intorno a loro, come genitori, fratelli, nonni, insegnanti e in funzione delle loro azioni e reazioni.

Da dove nasce la rabbia

La rabbia deriva dalla frustrazione, dalla delusione o dall’ imbarazzo e dalla tristezza, tutti sentimenti che i bambini non hanno ancora imparato a riconoscere e che pertanto non riescono a gestire.

Proprio per questo possiamo definirla un’emozione “scomoda” ma è fondamentale per il loro sviluppo emotivo e sociale. L’età dello sviluppo è l’età delle scoperte, del mettersi alla prova e dello sperimentare. Alcune delle esperienze vissute possono però generare rabbia.

Ad esempio quando il bambino:

prova e riprova ma non riesce subito in una attività in cui sta mettendo impegno e concentrazione si percepisce incapace o insicuro o non si sente preparato. Se non gli viene spiegata in maniera approfondita la realtà, le sue aspettative si sgretolano, si sente ingannato e la delusione che ne deriva si trasforma in rabbia;

non sa riconoscere e gestire la tristezza e la paura;

non riesce a controllare l’impazienza;

Da un punto di vista fisico, questo sentimento, produce un aumento della pressione sanguigna, aumentano i neurotrasmettitori legati allo stress e si abbassano quelli legati al piacere.

Quando un bambino è molto arrabbiato non riesce a mettersi nei panni dell’altro e tende a sfogarsi fisicamente. È importante riuscire a manifestare la propria rabbia in quanto essa crea una forte tensione nei muscoli, soprattutto quelli del viso, i mandibolari, quelli di mani e braccia e di piedi e gambe; il corpo ha bisogno di smaltire questo eccesso. Diversamente si rischia che il fisico rimanga attivato portando a diverse conseguenze come: difficoltà a dormire, problemi alla pelle (acne, psoriasi), mal di testa, nausea.

È però importante riuscire a esternarla in maniera adeguata.

Come aiutare i bambini arrabbiati

L’intervento della figura adulta è fondamentale.

Di fronte ad un bambino arrabbiato le reazioni emotive e comportamentali dei genitori possono fare la differenza. Ci sono genitori che si spaventano o si preoccupano, altri rimproverano, alcuni incoraggiano, qualcuno si sente del tutto impotente e rimane inerme. Questo succede perché la rabbia, nonostante, sia una emozione normale, sana e utile nel sistema adattivo, ancora oggi viene considerata inaccettabile, in qualche modo censurata, inibita o vissuta come qualcosa che non deve essere espressa. Per poter insegnare ai bambini a gestire la rabbia, bisogna in primo luogo tenere a mente che loro stessi sono spaventati poiché percepiscono questo malessere come qualcosa di incontrollabile, che è forte e potente.

È bene essere modelli positivi. Se il bambino assiste ad un episodio di rabbia tra i genitori oppure nota che un genitore è più nervoso del solito, potrebbe essere utile spiegare al bimbino che cosa l’adulto sta provando e perché, e non minimizzare l’episodio vissuto con un semplice “non è niente, non preoccuparti!”. È proprio quando il bambino vive in maniera indiretta le esperienze, soprattutto quelle emotive, che impara, per imitazione, a gestirle, risolverle e a comportarsi adeguatamente. Oltremodo se gli adulti di riferimento manifestano la propria rabbia in modo inadeguato rappresenteranno dei cattivi modelli di comportamento.

Come Calmare la rabbia?

Cominciamo a tenere a mente queste parole: SPIEGARE, DESCRIVERE, NORMALIZZARE, ACCOGLIERE, e INCANALARE.

SPIEGARE LA RABBIA

Il bambino a volte non è in grado di capire che è arrabbiato poiché annebbiato da questa sensazione di disagio e di malessere. Può essere spaventato da questa emozione, che ogni volta può avere una forza pervasiva diversa in lui. Può non comprendere se quello che sta provando è giusto: lui percepisce che è sbagliata e vuole solamente “buttarla fuori” per liberarsene. La figura educativa, presente durante l’episodio di rabbia, può, per prima cosa, aiutarlo ad individuare il suo malessere e spiegare al bambino che quello che sta provando si chiama rabbia e che il modo in cui la sta manifestando è adeguato o meno alla situazione. Può per esempio usare frasi come:

capisco…sei arrabbiato perché si è rotto il tuo gioco preferito, lo sarei anch’io…”, “In questo momento sei arrabbiato perché non possiamo fare quello che vorresti…”, “Ora sei arrabbiato ma sai, non è il modo corretto per manifestare quello che provi, appena ti sarai calmato ne potremo parlare…”; “ti senti arrabbiato e va bene, ma tirare calci o urlare, invece no”.

DESCRIVERE LA RABBIA

Quando ha inquadrato quello che gli sta succedendo è importante aiutare il bambino a descrivere l’emozione che sta provando anche con immagini come “sento una cosa dentro, come… un pallone che si gonfia si gonfia e poi esplode”; “senti caldo alla faccia come se ci fosse un fuoco nella testa”, “mi batte il cuore forte forte”… .

NORMALIZZARE LA RABBIA

È importante spiegare al bambino che tutti, anche le persone adulte, che sono i suoi punti di riferimento, si arrabbiano. Per cui arrabbiarsi è normale, è un’emozione che tutti provano e che va manifestata nella maniera più corretta. Per esempio, potremmo dire “…sai anche io mi sentirei arrabbiato/a se mi avessero detto che non possiamo andare al parco giochi”, “…purtroppo non possiamo sempre ottenere quello che vorremmo e questo ci fa un po’ arrabbiare tutti…”.

ACCOGLIERE LA RABBIA

Il bambino ha bisogno di sapere e di capire cosa sta provando; soprattutto sapere che è normale provare quell’emozione in determinate circostanze. Quello che potrebbe non essere corretto è la modalità di espressione, mettendo in atto, ad esempio, agiti sproporzionati rispetto all’intensità dell’emozione, oppure arrabbiandosi in momenti non concordi con l’episodio accaduto. La rabbia, come abbiamo già detto, è un’emozione di base e spesso risponde a desideri frustrati; di conseguenza non è un male, ma un segnale per poter riconsiderare e modificare alcuni modelli o comportamenti.

INCANALARE LA RABBIA

Per aiutare il bambino a liberarsi della rabbia, una volta che l’ha riconosciuta, è utile essere di esempio e suggerire di utilizzare differenti strategie come: tecniche di rilassamento, esercizi di respirazione, utilizzare il cuscino della rabbia (dove il bambino ha il permesso di scaricare la sua rabbia su quell’oggetto e non su altro), utilizzare il disegno come mezzo per scaricare la tensione oppure qualcosa di più fisico come una corsa, dei saltelli sul posto. Nel caso in cui fossimo in difficoltà nel gestire la rabbia dei nostri bambini rivolgiamoci con fiducia a uno specialista anche solo per una consulenza: potrà aiutarci a capire quali altre strategie utilizzare per aiutare efficacemente i nostri bambini.

Psicologa abilitata presso l’Università degli Studi di Napoli Federico II, Iscritta all' Ordine degli Psicologi della Campania n. 9622, Pedagogista Clinica e Mediatore Familiare Sistemico-Relazionale, ha conseguito la Laurea cum Laude in Scienze Psicopedagogiche all’ Università Suor Orsola Benincasa di Napoli discutendo la Tesi in Psicologia Dinamica sui Meccanismi di difesa e le dinamiche psichiche del paziente oncologico, dopo aver svolto un tirocinio accademico pre-lauream presso il Dipartimento di Psicologia Oncologica dell’ INT G. Pascale di Napoli. Ha conseguito, inoltre, una seconda Laurea Magistrale in Psicologia Sociale, dei Servizi e delle Organizzazioni approfondendo la Psicologia dei Processi Cognitivi nelle malattie croniche e neurodegenerative con una Tesi sui Disturbi Cognitivi, Affettivi e Comportamentali nella malattia di Parkinson presso l’Università di Roma. Ha svolto un ulteriore tirocinio professionalizzante post Lauream presso la Sede di Napoli dell’Accademia di Psicoterapia della Famiglia (RM) “Polo Clinico Centro Studi Kairos” dove è attualmente in formazione come Psicoterapeuta Sistemico-Relazionale. Specializzata in Mediazione Familiare e Consulenza di Coppia ad orientamento Sistemico presso L’ Istituto di Medicina e Psicologia Sistemica di Napoli (IMEPS), inizia nel 2006, la collaborazione in qualità di ricercatrice con l’INT Fondazione Pascale di Napoli che la vede impegnata in Progetti di Ricerca, Educazione e consulenza Socio-Sanitaria nel campo della familiarità dei tumori femminili (Dipartimento di Ginecologia Oncologica). Continua la sua attività di ricerca ed assistenza in ambito psicopedagogico e clinico attraverso interventi di Infant Clinical Observation, Ludoterapia e Supporto alle famiglie, occupandosi dal 2008 di problemi psico-educativi in età evolutiva di bambini figli di pazienti oncologici presso il Servizio Ludoteca (Ambulatorio Famiglia) dell’Istituto Nazionale Tumori di Napoli (Dipartimento di Psiconcologia Clinica). Nel 2015 si perfeziona in ambito Psiconcologico attraverso il Corso di Alta Formazione in Psico-Oncologia dal titolo “La Psicologia incontra l’Oncologia” patrocinato dalla SIPO: Società Italiana di Psiconcologia. Docente e Formatore ha collaborato con la Lega Italiana Lotta ai Tumori- sezione di Napoli- a Progetti di Educazione Socio-Sanitaria e, con la Regione Campania, in Corsi di Formazione Regionali. Relatrice di Convegni e Seminari riguardanti tematiche Psicologiche e Pedagogiche è specializzata, inoltre, nel sostegno di famiglie multiproblematiche e devianti avendo lavorato con nuclei familiari a rischio e con forte disagio socio- economico e culturale della II e III Municipalità di Napoli. Ha lavorato, inoltre, in Progetti nel campo delle disabilità dal 2001 al 2010 (Sindrome di Down e Tetraparesi Spastica). Dal 2008 al 2019 ha esercitato la professione di Mediatore Familiare in autonomia e, su richiesta, in collaborazione con Studi giuridici matrimonialisti. Ha collaborato presso il Centro Nutrizione&Benessere della Dott.ssa Silvana Di Martino sito in Casoria in programmi di Psicologia della Nutrizione, Educazione Alimentare, Formazione e gestione di spazi di Mediazione Familiare Sistemica. Autrice di Articoli sul quotidiano medico on line #TAGMEDICINA, è stata impegnata nella S.C. di Epidemiologia e Biostatistica dell’Istituto Tumori di Napoli in attività connesse all’ Emergenza SARS CoV-2 da Maggio 2020 a Febbraio 2022. Attualmente lavora con pazienti pediatrici e pazienti adulti in trattamento radioterapico presso la U.O.C. di Radioterapia dell’ INT di Napoli “Fondazione G. Pascale” in qualità di Psicologa.

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