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La variante Xec del coronavirus Sars-CoV-2 è una delle protagoniste più attive di questa stagione. Ecco perché un team di scienziati giapponesi ne ha analizzato mutazioni e caratteristiche virologiche e ha concluso che ha tutte le carte in regola per diventare una variante Covid predominante nel mondo. I suoi punti di forza sono la trasmissibilità, che appare essere maggiore rispetto a quella di KP.3.1.1, cioè la variante che ha surclassato le altre diventando attualmente la più diffusa a livello globale. Xec, secondo gli autori del lavoro reso disponibile in versione preprint (quindi non ancora sottoposto a revisione fra pari), ha delle mutazioni che determinano un aumento dell’infettività rispetto ai mutanti predecessori e nei test condotti in laboratorio su pseudovirus ha dimostrato di avere una maggiore immunoevasività.
A firmare il lavoro sono ricercatori dell’università di Tokyo e di altri atenei e centri del Giappone. Autori noti per gli studi su Covid come Kei Sato, professore dell’Istituto di scienze mediche dell’università di Tokyo che ha lanciato nel 2021 il consorzio ‘G2P-Japan’, impegnato a seguire nel tempo l’evoluzione del virus nelle varianti che si sono susseguite. Solo nel 2024 sono state diverse quelle che hanno calcato le scene mondiali: all’inizio dell’anno c’è stata la variante JN.1 che ha superato e mandato in ‘pensione’ i lignaggi XBB precedentemente dominanti. Poi è stata la volta delle sottovarianti di JN.1, tra cui in particolare si sono distinte KP.2 e KP.3, che hanno acquisito ulteriori cambiamenti nella proteina Spike (sostituzioni). Dopo di loro si è imposta KP.3.1.1, oggi predominante. Ma la fabbrica di varianti è sempre attiva ed ecco che si affaccia Xec, ricombinante di KS.1.1 e KP.3.3, identificata per la prima volta in Germania questa estate.
Questa nuova variante Covid ha acquisito due ulteriori mutazioni a livello di proteina Spike, due sostituzioni rispetto ‘all’antenata’ KP.3. Per valutare il potenziale in termini di trasmissibilità, gli scienziati hanno stimato il numero di riproduzione effettiva (Re) di Xec – cioè il numero di casi generati nello stato attuale di una popolazione – rispetto ad altre varianti circolanti. Il calcolo è stato fatto utilizzando un modello basato sui dati di sorveglianza provenienti da Usa, Regno Unito, Francia, Canada e Germania. Ed è emerso per esempio che negli Usa questo valore Re per Xec è 1,13 volte superiore a quello di KP.3.1.1. Anche negli altri Paesi oggetto dell’indagine la stima della trasmissibilità è risultata più elevata per Xec. “Questi risultati – evidenziano gli autori – suggeriscono che Xec ha il potenziale per competere con KP.3.1.1”.
Nei test per valutare le proprietà virologiche della nuova variante (condotti utilizzando pseudovirus), gli scienziati hanno osservato che l’infettività di KP.3.1.1 e Xec è più alta di quella di KP.3. E in particolare una delle mutazioni che Xec ha acquisito sembra averla aumentata significativamente. Il test di neutralizzazione è stato eseguito utilizzando tre tipi di sieri umani: sieri di persone guarite da infezioni ‘breakthrough’ (che bucano le difese acquisite col vaccino) con le varianti XBB.1.5 e KP.3.3, e sieri di guariti da infezione con JN.1. “Abbiamo così dimostrato che Xec ha una maggiore infettività e una maggiore evasione immunitaria rispetto a KP.3. In particolare, ha mostrato una più robusta resistenza, rispetto a KP.3.1.1, nei test con i sieri KP.3.3”, indicano gli esperti. Proprietà che, secondo quanto suggeriscono i dati raccolti, contribuisce a garantirle una trasmissibilità più elevata rispetto a KP.3.1.1. Con queste ‘armi’, concludono gli autori, “Xec sarà una variante predominante di Sars-CoV-2 nel mondo nel prossimo futuro”.
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