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Una nuova scoperta offre un modello innovativo per studiare le malattie neurodegenerative, come l’Alzheimer e il Parkinson: l’invertebrato marino Botryllus schlosseri (botrillo), potrebbe fornire preziose informazioni sui meccanismi alla base della neurodegenerazione e dell’invecchiamento cerebrale. Queste le conclusioni di uno studio congiunto dell’Università di Padova e della Statale di Milano pubblicato su «Brain communications» riguardo le specificità del cervello e sul ciclo di vita di questo piccolo animale marino che vive nella Laguna Veneta.
Un modello genetico veloce e omogeneo
Il ciclo di vita di Botryllus schlosseri si distingue per la sua riproduzione sia sessuata che asessuata, che permette di osservare la degenerazione neuronale su base settimanale. Questo consente di studiare la neurodegenerazione in individui geneticamente identici, riducendo la variabilità genetica e di studiare sia la morte neuronale sia i processi che proteggono i nuovi neuroni dalla degenerazione in modo rapido e ripetibile. Le gemme in crescita non sono influenzate dalla degenerazione degli adulti, il che permette di analizzare i meccanismi protettivi che agiscono sui nuovi neuroni.
Inoltre, il botrillo mostra comportamenti semplici, come risposte a stimoli sensoriali, che sono facili da quantificare. Ciò offre un modo pratico per misurare la perdita di funzione associata alla neurodegenerazione.
Come spiega Alberto Priori, docente di Neurologia all’Università degli Studi di Milano e coordinatore della ricerca, il botrillo offre un modello biologico semplice e omogeneo per valutare gli effetti di diversi stimoli ambientali, farmacologici e fisici sul cervello. “Credo che gli studi su questo animale ci forniranno informazioni preziose sui meccanismi alla base di malattie neurodegenerative come l’Alzheimer e il Parkinson”, afferma Priori.
Le similitudini con le malattie neurodegenerative umane
Una delle scoperte più rilevanti è che i neuroni del botrillo presentano caratteristiche simili a quelle osservate nelle malattie neurodegenerative umane. Il processo di amiloidogenesi, che porta alla formazione di depositi proteici responsabili della morte neuronale nell’Alzheimer, è attivo anche nel botrillo. Inoltre, questo invertebrato esprime un alto numero di geni associati alle malattie neurodegenerative umane, la cui espressione cambia nelle diverse fasi del ciclo di vita della colonia. Come evidenziato da Chiara Anselmi, prima autrice dello studio, “questi geni sono collegati a un peggioramento della risposta agli stimoli esterni e a una riduzione del numero di neuroni man mano che l’animale si avvicina alla fase di degenerazione”.
Prospettive future: nuove terapie per la neurodegenerazione
In sintesi, Botryllus schlosseri rappresenta un nuovo modello di studio che potrebbe rivoluzionare la comprensione dei meccanismi alla base delle malattie neurodegenerative e dell’invecchiamento cerebrale.
Lo studio apre due scenari significativi. Da un lato, permette una comprensione più approfondita dei meccanismi alla base della neurodegenerazione umana sin dalle prime fasi, offrendo nuove prospettive per malattie come l’Alzheimer e il Parkinson. Dall’altro, offre la possibilità di esplorare nuove terapie neuroprotettive non invasive, come la neurostimolazione, che potrebbero modificare il decorso delle malattie neurodegenerative, potenzialmente sin dalle loro prime fasi.
Fonte Doctor 33