Malattia di Ledderhose 3^parte

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Trattamento
Il trattamento della malattia di Ledderhose si concentra sul migliorare la qualità della vita del paziente, ridurre il dolore e rallentare la crescita dei fibromi. Esistono diverse opzioni terapeutiche, che possono essere suddivise in non invasive, minimamente invasive e invasive. La scelta dipende dalla gravità della malattia e dalla risposta del paziente ai trattamenti precedenti.
Trattamenti non invasivi o conservativi
Questi trattamenti sono generalmente utilizzati nei casi meno gravi e quando i sintomi sono lievi:
Plantari ortopedici personalizzati: aiutano a distribuire meglio il peso e ridurre la pressione sui fibromi e sulla fascia plantare. Sono particolarmente utili per alleviare il dolore e migliorare la postura del piede.
Calzature: evitare scarpe strette, con tacchi alti o con suole rigide, perché possono aumentare la pressione sulla fascia plantare e sui noduli. Sono altamente raccomandate scarpe con suola morbida e plantare ortopedico.
Fisioterapia e stretching: aiutano a migliorare la flessibilità della fascia plantare, alleviare la tensione e rafforzare i muscoli del piede, contribuendo a ridurre il dolore.
Terapia del dolore: il medico algologo può valutare il dolore e prescrivere trattamenti mirati, tra cui l’uso di farmaci antidolorifici o tecniche come l’agopuntura, che può risultare utile per alleviare il dolore cronico.
Crioterapia: può ridurre temporaneamente il dolore e l’infiammazione, soprattutto dopo attività fisica o camminate lunghe. Questo trattamento è di solito a breve termine.
Iniezioni di corticosteroidi: vengono iniettati direttamente nei fibromi e possono ridurre l’infiammazione e il dolore, ma l’effetto è temporaneo. Non prevengono la crescita dei noduli e un uso eccessivo può danneggiare la pelle e i tessuti circostanti.
Iniezioni di collagenasi: è un enzima che degrada il collagene, è in fase di studio per il trattamento della malattia di Ledderhose. In alcuni casi potrebbe ridurre le dimensioni dei fibromi, ma non è ancora ampiamente disponibile.
Trattamenti minimamente invasivi
Questi trattamenti sono utili per i pazienti che non rispondono ai trattamenti conservativi ma non vogliono sottoporsi a interventi chirurgici:
Onde d’urto: sono utilizzate per ridurre l’infiammazione, migliorare il flusso sanguigno e ridurre il dolore. Questo trattamento può anche causare un certo disagio, poiché l’energia trasmessa alle aree trattate può essere percepita come particolarmente dolorosa, soprattutto quando i fibromi sono particolarmente grandi o posizionati in profondità, per i quali è necessario utilizzare un’energia maggiore.
Radioterapia: si utilizzano basse dosi di radiazioni per un periodo limitato; la radioterapia ha mostrato risultati positivi in molti casi, specialmente per la gestione del dolore cronico e la riduzione delle dimensioni dei fibromi. Questo trattamento è diventato una delle opzioni per i pazienti che non rispondono ai trattamenti conservativi, ma che non vogliono sottoporsi a
interventi chirurgici invasivi.
Benefici della radioterapia per la malattia di Ledderhose:
Riduzione del dolore
Riduzione delle dimensioni dei fibromi e conseguente riduzione della pressione sulla fascia plantare
Miglioramento della qualità di vita
Bassa incidenza di effetti collaterali: impiegando basse dosi di radiazioni, gli effetti collaterali sono limitati e facilmente gestibili. La secchezza cutanea nella zona trattata può essere alleviata facilmente con l’uso di creme idratanti specifiche.
Trattamenti invasivi
Il trattamento chirurgico per la malattia di Ledderhose è spesso considerato l’ultima risorsa, riservato ai casi più gravi o resistenti ai trattamenti conservativi. Sebbene possa offrire un miglioramento significativo dei sintomi, comporta dei rischi e delle complicazioni, che è importante tenere in considerazione.
Fasciectomia parziale: in questa procedura vengono rimossi i noduli fibrosi, ma la maggior parte della fascia plantare viene lasciata intatta. È meno invasiva rispetto ad altre opzioni, ma c’è un rischio maggiore di recidiva dei fibromi.
Fasciectomia completa: prevede la rimozione dell’intera fascia plantare ed è indicato nei casi di
fibromatosi plantare recidivante o grave. Si tratta di un’operazione complessa che richiede tempi di recupero lunghi e intensa riabilitazione post-operatoria. È associato a un rischio maggiore di
alterazioni della funzionalità del piede e instabilità perché la rimozione totale della fascia può compromettere la biomeccanica del piede, portando a nuovi problemi muscoloscheletrici.
Rimozione laser: è una tecnica meno invasiva rispetto alla chirurgia tradizionale e viene utilizzata soprattutto nei casi di fibromi di piccole dimensioni o nelle fasi iniziali della malattia. Tuttavia, il laser potrebbe non essere efficace per fibromi più grandi o profondi e potrebbe essere necessario, in un secondo tempo, ricorrere all’intervento chirurgico classico.
Intervento chirurgico + radioterapia post-operatoria: nei casi più aggressivi o recidivanti, dopo l’intervento chirurgico, può essere somministrata la radioterapia per distruggere le cellule fibrose residue e prevenire la recidiva. Questo approccio combinato può migliorare significativamente il
risultato, ma comporta alcuni rischi legati sia all’intervento che alla radioterapia.
Complicazioni chirurgiche
Anche se la chirurgia per la malattia di Ledderhose è generalmente sicura, può comportare delle complicazioni, come:
Cicatrici dolorose o ipertrofiche: potrebbero formarsi cicatrici dolorose o ipertrofiche, che potrebbero alterare la biomeccanica del piede e portare a difficoltà nel camminare o nell’eseguire le normali attività quotidiane.
Recidiva dei fibromi: Anche dopo un intervento chirurgico, i fibromi possono ripresentarsi. La recidiva è comune, soprattutto dopo una fasciectomia parziale, e può richiedere ulteriori interventi.
Infezioni del sito chirurgico: Come per qualsiasi intervento chirurgico, c’è il rischio di infezione.
Infezioni cutanee o più profonde possono complicare il processo di recupero e peggiorare la qualità di vita del paziente.
Alterazioni della funzionalità del piede: la rimozione della fascia plantare può portare a difficoltà nella deambulazione o instabilità del piede, con possibile compromissione della capacità di camminare normalmente. Questo potrebbe richiedere una lunga riabilitazione per ripristinare la funzionalità.
Conclusione
Il trattamento della malattia di Ledderhose deve essere adattato alla gravità della condizione e alla risposta individuale del paziente. Nelle fasi iniziali o nei casi meno gravi, i trattamenti conservativi, come plantari ortopedici, fisioterapia e terapia del dolore, sono spesso sufficienti per migliorare i sintomi e la qualità della vita. Tuttavia, nei casi più gravi o quando i trattamenti conservativi non sono efficaci, si possono prendere in considerazione opzioni minimamente invasive, come la radioterapia, o, in ultima istanza, interventi chirurgici.
La scelta del trattamento deve sempre essere personalizzata, tenendo conto delle specifiche esigenze del paziente, della gravità della malattia, della sua qualità di vita e dei rischi associati ad ogni tipo di trattamento. È fondamentale un approccio multidisciplinare, per garantire la soluzione più adatta al singolo caso.
In ogni caso, l’obiettivo principale è ridurre il dolore, rallentare la progressione della malattia e migliorare la funzionalità del piede, con l’intento di permettere al paziente di condurre una vita attiva e senza limitazioni.

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Dott.ssa Mariacristina Di Fiore
*Infermiera Specialista Vulnologa, Healthcare & Life Coach, Infermiera Esperta in Sala Gessi* Laureata in Infermieristica, ho conseguito un Master di I Livello in Prevenzione e Gestione delle Lesioni Cutanee e un Master di I Livello in Coordinamento delle Professioni Sanitarie. Sono anche Coach Professionista Level 1 ICF, diplomata presso la Scuola Incoaching di Senigallia (AN). Ho lavorato presso l'AUSL Romagna, sede di Rimini, fino a novembre 2017. Inizialmente ho operato in Ortopedia e Traumatologia, per poi trasferirmi nel Servizio di Sala Gessi, dove ho ricoperto il ruolo di Infermiera Tutor per neoassunti e studenti del Corso di Laurea in Infermieristica. Sono stata Responsabile Clinico per la NPWT e per le lesioni cutanee di difficile guarigione presso l'ospedale Infermi di Rimini. Ho avuto l'onore di essere Rappresentante della Romagna per l'Associazione Infermieristica Studio Lesioni Cutanee (AISLeC) e di Revisore dei Conti per l'Ordine delle Professioni Infermieristiche di Rimini (OPI Rimini). In qualità di Clinical Specialist, ho collaborato con due multinazionali del settore Advanced Wound Management, Smith & Nephew e P. Hartmann, operando nel Nord-Est (Emilia Romagna e Triveneto). Ho inoltre fornito consulenze cliniche a diverse agenzie commerciali attive nel settore del Wound Management e della Traumatologia. La mia esperienza si estende alla collaborazione con la rivista scientifica *Pain Nursing Magazine – Italian Online Journal* della Fondazione Procacci Onlus per la Redazione Web. Attualmente, esercito la libera professione come Infermiera Specialista Vulnologa e consulente in Vulnoestetica a Rimini, Pesaro e nella Repubblica di San Marino. Collaboro anche con Paolo Manocchi, Formatore Comportamentale e Life & Business Coach, in qualità di Healthcare & Life Coach.

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