Testosterone e ipogonadismo: efficacia e sicurezza anche nel lungo periodo

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Negli ultimi anni si è iniziato a parlare sempre più spesso di una forma di ipogonadismo diversa da quelle “classiche” di origine testicolare (primaria) o ipotalamo-ipofisaria (centrale). Parliamo dell’ipogonadismo funzionale, una condizione che nasce in risposta a situazioni cliniche croniche come l’obesità, il diabete, la sindrome metabolica, l’invecchiamento. In questi casi non è presente un danno d’organo specifico, ma piuttosto un adattamento del sistema endocrino a un equilibrio metabolico alterato.

Mentre la terapia sostitutiva con testosterone (TRT) è ormai lo standard per le forme classiche, nel caso dell’ipogonadismo funzionale ci si è a lungo interrogati su rischi, benefici e indicazioni. Alcune linee guida suggeriscono di intervenire prima sulle patologie concomitanti, ma nella pratica clinica è raro vedere una risalita spontanea dei livelli di testosterone solo con dieta o attività fisica.

Per capire meglio cosa succede quando si sceglie comunque di trattare questi pazienti con testosterone, è stato recentemente pubblicato uno studio prospettico di lungo termine su oltre 600 pazienti seguiti per un periodo compreso tra 1 e 9 anni presso il Centro di Medicina Riproduttiva e Andrologia dell’Università di Münster, in Germania. Lo studio ha analizzato l’efficacia e la sicurezza della terapia con testosterone undecanoato a lunga durata, somministrato tramite iniezione ogni tre mesi, in tre gruppi diversi: ipogonadismo primario, centrale e funzionale.

I risultati sono stati sorprendenti: tutti i gruppi hanno mostrato un miglioramento significativo dei valori di testosterone, mantenuti nel range fisiologico per tutta la durata del trattamento. Ma non solo. La terapia si è associata anche a una riduzione del peso corporeo, della circonferenza vita e dell’indice di massa corporea, soprattutto nei pazienti con ipogonadismo funzionale. In questo sottogruppo, più che negli altri, si è visto anche un miglioramento marcato della glicemia, del colesterolo, dei trigliceridi e della pressione arteriosa. In parole semplici, il testosterone ha contribuito a riportare in equilibrio tutto l’assetto metabolico, spesso alterato.

Naturalmente sono stati osservati anche aumenti nei valori di emoglobina ed ematocrito, come atteso, ma sempre entro i limiti di normalità. Lo stesso vale per il PSA e il volume prostatico, che sono aumentati moderatamente ma senza mai superare soglie critiche. In rari casi (25 pazienti su oltre 600) si è registrato un PSA superiore a 4 ng/mL: nella maggior parte si trattava di prostatiti, mentre in tre casi si è proceduto a biopsia prostatica con esito negativo.

Per quanto riguarda gli eventi avversi gravi, si sono verificati pochissimi episodi: un caso di trombosi venosa profonda, un ictus e due infarti, tutti nel gruppo di pazienti con ipogonadismo funzionale e nei primi anni di trattamento. Questi eventi hanno comportato la sospensione temporanea della terapia, poi ripresa in forma diversa.

Il dato più interessante resta però l’effetto clinico nei pazienti con ipogonadismo funzionale: sebbene teoricamente reversibile migliorando lo stile di vita, nella pratica è proprio la TRT a fornire lo slancio necessario per dimagrire, migliorare il profilo glicemico e lipidico, e uscire da quella “zona grigia” tra pre-diabete, stanchezza cronica e infiammazione.

Questo studio ci insegna che la TRT può essere una terapia sicura ed efficace anche nel lungo termine, se ben monitorata e inserita in un percorso clinico strutturato. Ovviamente, la selezione dei pazienti resta fondamentale: bisogna escludere chi ha un rischio cardiovascolare troppo alto, valori elevati di PSA o desiderio di fertilità a breve termine. Ma nei soggetti giusti, i benefici sono spesso superiori alle preoccupazioni.

Anche nei casi in cui il testosterone basso non sia il problema principale, ma solo l’epifenomeno di un sistema in sofferenza, aiutarlo a risalire può significare rimettere in moto un circolo virtuoso di salute generale. Con le dovute attenzioni e un monitoraggio regolare, non dobbiamo più avere timore di prescrivere la TRT anche nei contesti meno “classici”.

Prof. Andrea Militello, Urologo/Andrologo
Premiato quale miglior andrologo d'Italia ai Top doctors Award 2022. Laurea in “Medicina e Chirurgia" conseguita nel luglio 1991 con votazione di 110/110 e lode presso l’Universita’ degli Studi di Roma “La Sapienza”, discutendo la tesi sperimentale: ”Chemioterapia endocavitaria con epidoxorubicina e interferone per via sistemica nella profilassi dei tumori superficiali della vescica”. Nel novembre 1996 ha conseguito la specializzazione in Urologia con votazione di 70/70 e lode presso il Dipartimento di Urologia “U. Bracci” del Policlinico “Umberto I” di Roma discutendo la tesi sperimentale: ”L’ecografia trans rettale, il PSA ed il PSAD. Tre metodiche a confronto nella diagnostica del carcinoma della prostata”. Nel 2014 conseguimento di Master di II livello in Andrologia ,implantologia e chirurgia protesica. Nel 2016 conseguimento Master di secondo livello in Seminologia e Fisiopatologia della Riproduzione Umana. Dal 2018 revisore delle riviste scientifiche Central European Journal of Urology , Hormone and Metabolic Research Journal. Dal 2018 libero docente presso l’Università Federiciana di Cosenza. Nel 2014 vincitore del Doctoralia Awards quale miglior Urologo Andrologo d’Italia , nel 2018 Vincitore del Mio Dottore Awards quale miglior Urologo Andrologo d’Italia.

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