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“Cosa posso fare per (ri)conquistarlo?” e “sono disposta a tutto purché ritorni da me”, sono il leitmotiv di chi non accetta la fine di una relazione. A tale proposito, ho chiesto l’intervento della mia gentile Amica, Dott.ssa Viviana Morelli – Psicoterapeuta ad approccio integrato – Ipnositerapeuta Ericksoniana, atto ad esaminare comportamenti e cause della dipendenza affettiva, individuando possibili soluzioni.
Daniela Cavallini:
Buongiorno Viviana, grazie per aver aderito alla mia richiesta di offrire un aiuto orientato al sollievo di chi soffre per amore. Il dolore del distacco dal partner, talvolta, diviene però un’ossessione che oserei definire invalidante. E’ in questo caso che si parla di “dipendenza affettiva”?
Dott.ssa Viviana Morelli:
Grazie a te Daniela per questa opportunità. Voglio specificare due punti della dipendenza affettiva. Una naturale predisposizione alla dipendenza affettiva appartiene al genere umano, noi abbiamo una lunga infanzia rispetto al regno animale, “affetto sostegno e cura” sono i presupposti fisici e psichici per un futuro adulto che, sentendosi amato, diviene un individuo sicuro con una personalità solida. Tutti abbiamo ricevuto mancanze, inevitabile. Il grado di disagio crea mille sfumature personali e di eventuale invalidità patologica. Parliamo di dipendenza affettiva, anche senza “ossessione”, dopo una reale perdita, ma solo perché la persona uomo o donna che sia, dipende dal riconoscimento altrui, si annulla, tanto che, per sentire di esistere, ha bisogno di un Altro. Spesso l’ossessione è solo la paura della perdita, che chiaramente lascia l’altro impotente e frustrato.
Daniela Cavallini:
Come si distingue il “normale” dolore del rifiuto o dell’abbandono, da una vera e propria dipendenza affettiva?
Dott.ssa Viviana Morelli:
La grande difficoltà di gestire il distacco e il rifiuto, è uno degli elementi che caratterizza la dipendenza affettiva come patologia. Quindi l’ossessione di volere ad ogni costo quella persona, anche se sappiamo di non essere amati, può ritenersi un elemento da tenere in considerazione.
Nel lutto di abbandono ogni persona soffre e regredisce, seguendo le naturali fasi che prevedono la rabbia, l’autocolpevolizzazione… tutto questo vissuto si scioglie in un tempo “personale”, ma il perseverare con controlli ossessivi e vendicativi, oppure ricercare un oggetto sostitutivo d’amare per colmare il vuoto, sono due elementi indicativi di un aspetto più patologico della dipendenza.
Daniela Cavallini:
In alcuni miei articoli ho parlato di “amori malati”, quelli altrimenti definiti “rapporti patologici”. Cortesemente ci descrivi i “sintomi” di tali rapporti, iniziando dai prodromi?
Dott.ssa Viviana Morelli:
Possiamo dire, forse un po’ generalizzando, che le cause di base di un incontro “malato” sono le ferite negate di ambedue, uno stato di malessere generale, insoddisfazione depressiva. L’incontro, inizialmente magico e guaritore, è il classico Innamoramento fusionale, ossia quel fenomeno rivoluzionario che può essere momentaneamente terapeutico, ma in realtà vediamo nell’altro parti che ci mancano, che molto spesso, oggettivamente, non appartengono a nessuno dei due protagonisti. I dipendenti affettivi si incontrano cercando “nutrimento”, appoggio, considerazione e seppur apparentemente appagati… nel tempo sviluppano una avidità insaziabile. Uno dei due ha un ruolo dominante “sadico-manipolatore”, svilisce l’altro … lo controlla, lo possiede, mentre l’altra “metà della mela” è più “masochista dipendente”, vale a dire che non vive e non si muove senza il compagno, si sente morire quando l’altro minaccia l’abbandono ma paradossalmente fa di tutto per metterlo alla prova, per sfidare e misurare la propria capacità di essere amabile, e la capacità dell’altro di amare. Un amore immaturo che lascia poco spazio alla sopravvivenza del rapporto e crea malessere personale.
Daniela Cavallini:
Le conseguenze sono devastanti… possiamo affermare che la dipendenza affettiva genera altre dipendenze, tra le quali, soprattutto nelle donne, è la spasmodica ricerca di cibo. Uno smisurato consumo di cibo, soprattutto dolce, a scopo “lenitivo/compensativo”, oltreché un’inconscia ricerca di protezione talvolta conseguibile attraverso l’obesità?
Dott.ssa Viviana Morelli:
Si Daniela, molto vero! Diciamo che spesso, dietro un disturbo del comportamento alimentare, c’è una dipendenza affettiva, molte volte negata. Le grandi difficoltà relazionali e le dipendenze dalla famiglia, dalle amicizie, dal partner, portano a stati depressivi e compulsivi. L’obesità, come dici tu, può rappresentare una protezione (attraverso “la ciccia”) dal contatto, una rabbia negata ingurgitando cibo, una compensazione. La bulimia, dove si alterna un’ abbuffata a vomito, simbolicamente rappresenta il rapporto di queste persone con gli affetti, ingurgitano e divorano le persone, poi le vomitano come il cibo. Il loro schema di relazione è questo.
Spesso si vuole vedere solo il sintomo principale, e non il problema di base. Il cibo è il primo simbolo di amore e di dipendenza, ogni neonato “dipende” dal nutrimento della madre.
Daniela Cavallini:
Ci sono persone, soprattutto donne, che sembrano attratte da storie complicate, il famoso detto “te li vai a cercare col lanternino” la dice lunga. Quando un amore si definisce “impossibile”? Che cosa induce un individuo ad affrontare , talvolta con la triste consapevolezza dell’esperienza, un “amore impossibile”?
Dott.ssa Viviana Morelli:
Essendo portatori di una “ferita di non amore” come diceva Schellembaum P., tendiamo a ricercare un continuo riconoscimento nel tentativo di superare il trauma. Cerco di essere più chiara: se una donna (o uomo che sia), è stata una figlia non riconosciuta attraverso un legame sano, ipotizziamo una donna che non è mai stata amata dal padre, trascina con se un vuoto-ferita-dolore da un edipo non risolto, ma vale anche per una madre anaffettiva. La mancanza di sostegno, di riconoscimento della propria Identità femminile porta ad un disagio, ad una fame d’amore, una compulsione a ricercare conferme e amore. La coazione a ripetere di cui si sente parlare, sinteticamente porta la persona a “rievocare il trauma subito”: è un tentativo del nostro psichismo per superarlo. Un tentativo paradossale perché fallimentare. La persona che “incontriamo con il lanternino” è stata scelta inconsciamente perché ha caratteristiche dell’Amore perduto, del padre o della madre.
Quindi, se io vengo attratta da un uomo algido e distante come mio padre, il mio bisogno psichico mi dice che se io vengo amata PROPRIO DA QUELL’UOMO freddo e lontano, o sposato e “quindi entro in competizione con una famiglia”, io “FINALMENTE ‘SONO’, ESISTO!”. Molto spesso non è amore vero, ma una infatuazione proiettiva. Sono amori impossibili perché in realtà ci attacchiamo a persone che già ci comunicano che non possono amarci come noi vogliamo. Vogliamo salvare chi non vuole essere salvato, gli uomini si attaccano a donne avide o algide, le donne, crocerossine, a uomini patologici e problematici.
Il fallimento è assodato. La trappola è che più è difficile e ostacolato come amore più attrae, per salvare il nostro senso di inadeguatezza e la nostra sicurezza sembra necessario un sentiero impervio. Ma non è così.
Daniela Cavallini:
E’ possibile uscire da questa lacerante dinamica di attrazione per le storie impossibili? E, se sì, come?
Dott.ssa Viviana Morelli:
Se osserviamo attorno a noi, troviamo persone che accumulano storie impossibili e patologiche, per poi entrare nel ruolo “nessuno mi ama”, oppure “tutti gli uomini o le donne sono stronzi”. Questi copioni possono andare all’infinito… fino alla morte! Chi ne prende consapevolezza, può interrompere questa dipendenza solo lavorandoci. Come tutte le dipendenze, un percorso psicologico permette non solo la chiarezza introspettiva, ma il cambiamento del comportamento. Quindi, per me, solo psicoterapia o gruppi sulla dipendenza possono aiutare.
Daniela Cavallini:
Che cosa ritieni di consigliare nell’immediatezza, a chi si trova a vivere questo dramma?
Dott.ssa Viviana Morelli:
Leggere molto sull’argomento e farsi aiutare. Se non la psicoterapia, tutto ciò che va a nutrire quel naturale potere dentro di noi, quella dimensione esistenziale capace di illuminare l’amore per noi stessi.
Daniela Cavallini:
Viviana, tu come applichi l’Ipnosi Ericksoniana in questi casi? Ossia, quando una persona chiede un sostegno psicoterapeutico per uscire dalla dipendenza?
Dott.ssa Viviana Morelli:
Vedi io principalmente sono una psicoterapeuta analitica esistenziale, l’Ipnosi diviene qui un valido strumento, attraverso trance, metafore, per ricercare il potere dell’inconscio creativo in noi… noi tutti abbiamo una soluzione, un potere di amore per noi stessi, ideali… sogni… creatività… che sono risorse fondamentali per uscire dalle dipendenze.
Se la dipendenza ha il fine di cercare un benessere fuori di noi, dobbiamo fare la fantastica scoperta che dentro di noi c’è un Sé che ci illumina e ci ama, abbiamo ciò che ci serve… dobbiamo solo scoprirlo e alimentarlo.
Spesso l’induzione ipnotica aiuta a trovare il percorso… la strada… la passione per la vita in sé.