Al 31 maggio, nella regione europea hanno raggiunto quota 305 i casi di epatite acuta a eziologia sconosciuta registrati in bambini e ragazzi di età pari o inferiore a 16 anni. Nessuno epidemiologicamente correlato. A segnalarli sono stati in tutto 17 Paesi, tra cui l’Italia che ne ha 29 e il Paese che per primo ha lanciato l’alert, cioè il Regno Unito che ha il dato più elevato, cioè 155 casi. È il quadro che emerge dall’ultimo aggiornamento congiunto pubblicato dall’Ecdc, Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie, e dall’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) Europa.
Il report che fornisce una panoramica dei casi di epatite di origine sconosciuta nei bambini e ragazzi mostra una “recente diminuzione”, anche se gli esperti precisano che è “difficile da interpretare”. I 305 casi sono classificati come probabili. In Ue il dato più alto è quello della Spagna (34), il secondo è quello dell’Italia. Dall’ultimo bollettino di sorveglianza, che faceva riferimento a dati del 20 maggio, quindi nel giro di una decina di giorni, sono stati segnalati 29 nuovi casi da 8 Paesi, tra cui 2 dall’Italia, 6 dalla Spagna e 11 dal Regno Unito. La curva epidemiologica mostra che c’è stata una crescita sostenuta del numero di segnalazioni dalla settimana 51 del 2021, quindi seconda metà di dicembre, seguita da un forte aumento che ha portato a un picco osservato nelle settimane 12 e 13 del 2022, quindi tra fine marzo e i primi giorni di aprile. Tuttavia, poiché l’epatite grave può richiedere del tempo per svilupparsi dopo l’insorgenza dei primi sintomi e poiché le indagini richiedono tempo, potrebbe verificarsi un ritardo nella segnalazione.
Quanto ai pazienti colpiti, la maggior parte (76,1%) ha 5 anni o meno. Dei 180 casi di cui si hanno informazioni relativamente all’esito, sono 31 quelli che rimangono in cura, gli altri vengono definiti guariti. Il 13,6% (23 pazienti) dei 169 casi di cui si hanno informazioni al riguardo ha avuto bisogno di un ricovero in terapia intensiva, il 10,7% (14 casi) di un trapianto di fegato. E c’è stato un decesso associato a questa malattia. Rispetto alle indagini eseguite, 199 pazienti sono stati testati per l’adenovirus con un risultato valido e il 59,3% (118) è risultato positivo. Dei 204 casi sottoposti a tampone per Sars-CoV-2, l’11,8% (24 casi) è risultato positivo. A questi si aggiungono 23 casi (cioè il 67,6% dei 34 sottoposti all’esame) che avevano un esame sierologico positivo – quindi anticorpi – per il virus pandemico. Dei 72 casi con dati sulla vaccinazione Covid, l’84,7% non erano vaccinati.
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