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Adottare un bambino è un percorso lungo e molto delicato, durante il quale si tiene conto di vari fattori, legati sia alla coppia adottante, sia al minore. È una procedura costituita da vari passaggi. Esistono innanzitutto alcuni requisiti che permettono a una coppia di poter fare domanda per diventare genitori adottivi: la coppia deve essere sposata da almeno tre anni, oppure aver convissuto continuativamente per almeno tre anni prima del matrimonio, il più giovane della coppia deve avere una differenza di età non inferiore ai 18 e non superiore ai 45 anni per un genitore e 55 anni per l’altro rispetto al figlio adottivo.
Se si hanno i giusti requisiti, si sostengono diversi colloqui con psicologi e assistenti sociali per verificare l’effettiva idoneità psico-fisica della coppia.
Vengono valutate in questo modo le competenze genitoriali, ma anche lo stile di vita (per verificare l’effettiva possibilità di mantenere un figlio oppure l’idoneità della casa e del contesto nel quale la coppia vive), ma anche il clima emotivo della coppia, le aspettative legate all’adozione e le motivazioni che l’hanno portata a scegliere di intraprendere un percorso adottivo.
Le coppie che si avvicinano all’adozione sono spesso sterili e di solito approdano all’adozione dopo un percorso lungo e complicato, fatto di vari interventi medici come cure ormonali e tentativi di inseminazione artificiale. Sono quindi coppie già provate da un percorso ad ostacoli che si apprestano ad affrontare colloqui, spesso molto personali, con assistenti sociali e psicologi, pratiche burocratiche, attese e spesso viaggi all’estero nel caso di adozione internazionale. Questo può essere causa di forte stress ed è fondamentale che la coppia possa essere sostenuta da figure professionali idonee.
Attorno all’adozione ruotano molti timori, ma anche aspettative e speranze.
Il timore, a livello inconscio, è che la genitorialità adottiva possa essere inferiore a quella naturale e che per questo vi siano delle differenze incolmabili. Un’altra paura spesso riportata dalle coppie adottive è che il figlio possa non affezionarsi, restando legato alla famiglia d’origine e alla vita precedente all’adozione.
I nuovi genitori si sentono a volte insicuri e necessitano di conferme.
Un altro aspetto fondamentale riguarda le speranze e le aspettative che si proiettano sul figlio adottato. Si fantastica, infatti, sul fatto che sia capace o meno di colmare tutte le “mancanze” della coppia e che rispecchi l’immagine del “figlio ideale”.
L’adozione, in realtà, consiste in un patto reciproco in cui ci si adotta a vicenda: i genitori hanno bisogno di un figlio per sentirsi una famiglia completa e il bambino necessita di due genitori per essere finalmente figlio.
Adottare un bambino è sicuramente un gesto d’amore verso il minore, ma rappresenta anche la soddisfazione di un desiderio per la coppia stessa che molto spesso arriva a questa decisione dopo un percorso molto doloroso, legato, il più delle volte, all’ elaborazione del lutto relativo alla diagnosi di sterilità.
La costruzione della genitorialità adottiva si presenta, quindi, come un processo lungo che si snoda nel tempo, caratterizzato da dubbi, timori, angosce, aspettative che la coppia si trova ad affrontare prima, durante e dopo l’arrivo di un bambino. E’importante che tale scelta venga fatta una volta elaborate le problematiche che sono alla base dell’impossibilità di divenire genitori attraverso la procreazione, onde evitare che i neogenitori proiettino sul bambino tanto desiderato le proprie frustrazioni e richieste affettive, nel tentativo di lenire in qualche modo vecchie ferite.
Ricordiamo che far fronte alla ferita narcisistica derivante dal fatto di non poter procreare è un processo delicato e doloroso. Ci si trova, infatti, a dover elaborare un lutto: il lutto di non poter avere figli biologici.
Una volta intrapresa la scelta adottiva è necessario che nei genitori, vi sia la consapevolezza che non ci sono differenze tra l’allevare un figlio adottivo o uno biologico. L’ aspettativa sul “Figlio Immaginato” e quello “Reale” c’è e ci sarà in entrambi i casi. I genitori, nell’ uno e nell’ altro caso tendono (in attesa del bambino) a costruir(si) una RAPPRESENTAZIONE MENTALE del “figlio che verrà”; oltre ad attivare ansie, aspettative, timori, relativi ad esempio, ai tratti caratteriali, alle predisposizioni, che il bimbo può aver appreso dalla propria famiglia di origine e dal proprio Paese natale. Il fantasma delle Origini è sempre dietro la porta, il chiedersi e il chiedere “Mamma, papà, qual è la mia storia”? E’un passaggio fondamentale che deve essere affrontato con cura, delicatezza e soprattutto con l’aiuto di un esperto.
L’ Incontro…
Uno dei momenti cardini nel processo adottivo è sicuramente rappresentato dall’ INCONTRO. L’ Incontro porta sicuramente una tensione fisiologica che si fonde con le innumerevoli emozioni che la triade inizia a provare. Possono presentarsi delle problematiche come
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L’ ESTRANEITA’ reciproca iniziale
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Il sentirsi inizialmente “fuori posto”
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Porsi domande sulla propria capacità ed efficacia genitoriale è plausibile e chiaramente prevedibile.