Mammelle strette ed allungate, con vari gradi di asimmetria, piccole e con deformità del complesso areola capezzolo: sono questi i tratti caratteristici di una malformazione del seno chiamata mammella tuberosa, che può provocare disagio a livello psicologico alle donne colpite.
Uno studio scientifico italiano, condotto dal professor Pietro Gentile, Associato di Chirurgia Plastica dell’Università di Tor Vergata di Roma, pubblicato sulla rivista Aesthetic Plastic Surgery, apre nuovi scenari per questa problematica grazie alla chirurgia plastica rigenerativa.
Lo studio mirava a confrontare i risultati ottenuti in un gruppo di donne (35 pazienti) trattate con Lipofilling, una metodica rigenerativa basata sull’innesto del proprio grasso, con quelli di un gruppo trattato invece con mastopessi e protesi (30 pazienti) per la correzione della mammella tuberosa. I risultati hanno evidenziato che il 77% delle pazienti trattate con due interventi di lipofilling (ciascuno a distanza di circa 6 mesi l’uno dall’altro) ha mostrato risultati che l’esperto definisce “eccellenti” dopo un anno rispetto alle pazienti trattate con un solo intervento di mastopessi con protesi, che hanno mostrato gli stessi risultati nel 73% dei casi.
“La naturalezza e il grado di soddisfazione nel gruppo di donne trattate con il Lipofilling – spiega Gentile – erano superiori a quelli del gruppo trattato con mastopessi e protesi. Le pazienti trattate con il lipofilling hanno mostrato seni naturali senza cicatrici e ottimi risultati estetici dopo due procedure. Quelle trattate con mastopessi e protesi hanno invece mostrato risultati più evidenti e duraturi dopo una sola procedura, presentando però cicatrici e risultati meno naturali”. “Il lipofilling -conclude l’esperto – si dimostra dunque nello studio pubblicato, in casi opportunatamente selezionati e idonei, una valida metodica alternativa alle protesi anche nel trattamento del seno tuberoso”.
(fonte Ansa)