MALATTIE RARE: MIELOFIBROSI

La mielofibrosi primaria deriva dalla trasformazione neoplastica di una cellula multipotente del midollo osseo.

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La mielofibrosi è un aumento reattivo e reversibile del collagene del midollo osseo spesso con emopoiesi extramidollare (principalmente nella milza). La mielofibrosi può essere

  • Primaria (più frequente)

  • Secondaria a numerose condizioni ematologiche, neoplastiche e non neoplastiche

La mielofibrosi primaria deriva dalla trasformazione neoplastica di una cellula multipotente del midollo osseo. Le cellule progenitrici della mielofibrosi primaria stimolano i fibroblasti del midollo osseo (che non sono coinvolti nella trasformazione neoplastica) a secernere collagene in eccesso. Il picco d’incidenza della mielofibrosi primaria è compreso tra i 50 e i 70 anni e in maniera predominante fra gli uomini.

Nella mielofibrosi primaria, i globuli rossi nucleati (normoblasti) e i mielociti vengono rilasciati in circolo (leucoeritroblastosi) quando vi è ematopoiesi extramidollare (ossia, gli organi non midollari hanno assunto la produzione di cellule del sangue a causa del midollo fibroso). Il livello sierico del lattato deidrogenasi (LDH) è spesso elevato. Può verificarsi, con il tempo, insufficienza midollare, con conseguenti anemia e trombocitopenia. Il 30% dei pazienti sviluppa una leucemia acuta rapidamente progressiva, resistente alla chemioterapia.

La mielofibrosi maligna (a volte chiamata mielofibrosi acuta), è una rara variante di mielofibrosi caratterizzata da pancitopenia, mieloblastosi e fibrosi midollare con un decorso che progredisce più rapidamente, ed è generalmente dovuta a un tipo di leucemia acuta chiamato leucemia megacarioblastica acuta.

SINTOMATOLOGIA

In molti pazienti, la mielofibrosi decorre in maniera asintomatica. Altri pazienti, invece, presentano anemia, splenomegalia o, negli stadi più avanzati, malessere generale, perdita di peso, febbre o infarto splenico. L’epatomegalia si riscontra in alcuni pazienti. Rara è la linfoadenopatia. La severa emopoiesi extramidollare può disturbare la funzione degli organi in cui si manifesta, incluso il cervello.

TRATTAMENTO

  • Terapia sintomatica

  • A volte interferone

  • A volte ruxolitinib, fedratinib o pacritinib

  • Talvolta trapianto di cellule staminali allogeniche

La terapia è mirata ai sintomi e alle complicanze. Alcuni pazienti possono essere osservati senza trattamento.

Nella mielofibrosi primaria precoce, l’interferone pegilato ha dimostrato di ridurre la fibrosi del midollo e la dimensione della milza e può essere utilizzato per i pazienti a basso rischio come definito da vari sistemi di punteggio prognostico.

Attualmente, per la mielofibrosi primaria avanzata, il ruxolitinib, inibitore non specifico della via di Janus chinasi, rappresenta la terapia di scelta in pazienti con una conta piastrinica > 50 000/mcL (50 000 × 109/L

Il fedratinib, anch’esso un inibitore della Janus chinasi (JAK-2), può essere utilizzato quando vi è resistenza o intolleranza al ruxolitinib. Alcuni pazienti che sviluppano intolleranza al ruxolitinib possono essere in grado di tollerarlo nuovamente dopo un periodo di sospensione del farmaco.

Un terzo inibitore di JAK-2, il pacritinib è disponibile per i pazienti le cui piastrine sono troppo basse per iniziare il ruxolitinib.

Per i pazienti con malattia avanzata, può essere di beneficio il trapianto di cellule staminali allogeniche. Il trapianto allogenico non-mieloablativo di cellule staminali è stato praticato con successo in pazienti anziani.

Come terapia palliativa si può provare trattamento con androgeni, eritropoietina, splenectomia, chemioterapia, talidomide, lenalidomide, embolizzazione splenica e terapia radiante. Di questi, la talidomide a basso dosaggio e il prednisone possono essere efficaci nel controllo della splenomegalia, dell’anemia, della trombocitopenia e dei blasti circolanti. Tuttavia, le altre modalità sono di efficacia limitata o hanno effetti avversi significativi. La splenectomia deve essere evitata se possibile; l’irradiazione splenica ha solo un effetto temporaneo e può causare grave neutropenia e infezione.

Tra gli agenti che sono studiati per il trattamento della mielofibrosi vi è il luspatercept, una trappola del ligando del recettore dell’attivina.

(fonte msdmanuals.com)

Marchigiano di Fermo vive in Romagna dal settembre del 2000. Giornalista professionista dal 1991, ha lavorato in quotidiani di diverse regioni (Marche, Umbria, Toscana, Lazio ed Emilia Romagna) fino alla qualifica di caporedattore centrale. Tra le sue esperienze anche l'assunzione, quale esperto per l'informazione, presso l'ufficio di Gabinetto del presidente del Consiglio regionale delle Marche dott. Alighiero Nuciari nei primi anni 90 e quelle radiofoniche presso alcune emittenti private sempre delle Marche.

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