Disturbi emotivi: una “mandorla” alla base di ansia e panico.

I disturbi emotivi comprendono una serie di difficoltà che le persone possono incontrare nel gestire le proprie emozioni, relazioni e sentimenti

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I disturbi emotivi, chiamati anche disturbi emozionali, sono un insieme di problemi psicologici che possono influenzare la capacità di una persona di gestire le proprie emozioni in modo efficace. Questi disturbi possono manifestarsi in diversi modi, come ansia, depressione, bipolarismo, disturbi alimentari e molti altri. Tali disturbi, di fatto, possono avere un impatto significativo sulla vita di una persona, interferendo con la sua capacità di lavorare, studiare, relazionarsi e, in generale, sulla qualità di vita della persona. Innanzitutto, è importante notare che la terminologia “disturbi emotivi” non corrisponde a una specifica diagnosi e non è presente nel Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali (DSM).

I disturbi emotivi comprendono una serie di difficoltà che le persone possono incontrare nel gestire le proprie emozioni, relazioni e sentimenti. Spesso derivano da rappresentazioni disfunzionali di sé e del mondo circostante, che portano a focalizzarsi sugli aspetti negativi della realtà e ad avere una visione inflessibile del proprio pensiero. Le persone con disturbi emotivi e relazionali spesso presentano bassa autostima, si oppongono e si rifiutano di fare determinate cose, si sentono impotenti e possono sperimentare ansia e rabbia.

L’origine dei disturbi emotivi comuni (DEC)

I DEC sono originati da un meccanismo a due tempi. Il ‘primo tempo’ consiste nella formazione, prevalentemente nell’infanzia e nell’adolescenza, di fattori di vulnerabilità psicologica che creano le basi per l’eventuale sviluppo futuro di uno o più episodi di malattia. In minima parte questa vulnerabilità è determinata da fattori genetici, ma per lo più è costituita dallo sviluppo di una personalità contraddistinta da alcuni ‘punti deboli’ relativi alla solidità emotiva, all’autostima, all’indipendenza emotiva, alla paura dell’abbandono e alla capacità di essere consapevoli e in grado di gestire le proprie emozioni. L’ambiente in cui si cresce è fondamentale ed ha un grandissimo peso sulla nascita di tali problematiche.

Il ‘secondo tempo’ si realizza a partire dalla giovane età adulta, quando particolari eventi di vita e situazioni esistenziali investono il soggetto provocando, così, la brusca rottura del suo equilibrio e facendo riemergere la vulnerabilità originaria. In questa fase, nota come destabilizzazione, gli eventi precipitanti più frequenti, non necessariamente negativi o drammatici, sono gli eventi di perdita (lutti, separazioni, cambiamenti abitativi o lavorativi) o di minaccia (difficoltà lavorative o finanziarie, malattie fisiche, incertezze sul futuro) ma anche eventi positivi, come il matrimonio o la nascita di un figlio, che determinano la perdita dello status precedente e l’assunzione di nuove responsabilità.

Ogni singola persona è caratterizzata dalle proprie specifiche vulnerabilità rispetto alle quali gli eventi e le situazioni esistenziali hanno un determinato effetto. Così, ad esempio, una persona particolarmente fragile di fronte alla dimensione dell’abbandono sarà colpita duramente da un lutto che potrà portare a un episodio depressivo, mentre un’altra persona, più sensibile alla minaccia e al pericolo del mondo esterno subirà fortemente un periodo di difficoltà lavorativa, sviluppando eventualmente un disturbo da attacchi di panico.

Sintomi emotivi, cognitivi e somatici

I disturbi emotivi comuni producono diversi sintomi appartenenti a tre aree principali: emotiva, cognitiva e somatica. I principali sintomi della sfera emotiva sono l’umore depresso, cioè triste, sfiduciato, disperato a ciò si aggiunge l’ansia, che può manifestarsi come una continua sensazione di paura e di minaccia, oppure attraverso crisi di panico caratterizzate da una intensa paura di morire o d’impazzire accompagnata da sintomi fisici come batticuore, mancanza d’aria, vertigini ed altro; oppure ancora con l’impulso incontrollabile a ricorrere a pensieri o gesti ripetuti (rituali ossessivi) con lo scopo di controllare l’angoscia.

I sintomi cognitivi riguardano la difficoltà a concentrarsi e a ricordare e, in generale, la riduzione della capacità del soggetto di produrre qualsiasi tipo di prestazione. I sintomi somatici sono principalmente: disturbi del sonno, alterazioni dell’appetito, disfunzioni sessuali e sensazioni dolorose che possono interessare tutte le zone corporee. Questi sintomi si manifestano in quantità differente a seconda del tipo specifico di disturbo (depressione, panico, etc.), ma in una certa misura, nelle manifestazioni dei DEC, tendono a sovrapporsi.

I problemi creati dai DEC, sono in genere gravi, poiché la loro sintomatologia impedisce di continuare a svolgere normalmente le attività quotidiane. Il lavoro, lo studio, i rapporti sociali diventano molto difficili e faticosi e nelle situazioni più gravi possono interrompersi, oppure possono essere portati avanti con grande dispendio di energie.

D’altra parte, questi disturbi sono completamente risolvibili, purché siano valutati e affrontati con gli strumenti terapeutici più appropriati per quello specifico disagio e per quella specifica persona.

Ma cosa c’è alla base dei disturbi emotivi?

C’è una particolare struttura encefalica, dalle dimensioni piccole e curiose: l’Amigdala. Questa struttura fa parte del sistema limbico ed è un agglomerato di nuclei nervosi che ha sede nella parte più interna di entrambi i lobi temporali del cervello. L’amigdala assomiglia ad una mandorla e ricopre diverse funzioni: gioca un ruolo importante nella formazione e nella memorizzazione dei ricordi associati a eventi emotivi, elabora le nostre emozioni e le reazioni istintuali di base. E’nell’amigdala che si fissa il ricordo di eventi dolorosi e/o traumatici. Questa ghiandola è implicata nelle reazioni di eccitazione, paura, allarme ed aggressività oltre ad avere un ruolo nei processi decisionali e motivazionali. In questa piccola porzione del nostro encefalo sono conservate tutte le nostre emozioni. Una delle sue funzioni principali è aiutarci a riconoscere le potenziali minacce alla nostra sopravvivenza. Quando intercetta uno stimolo o un evento potenzialmente pericoloso per noi, induce il nostro corpo ad attivare un meccanismo di difesa chiamato “attacco-fuga”. Ne consegue quindi una reazione fisiologica di allarme con aumento della frequenza cardiaca, del ritmo della respirazione e di tutte le reazioni associate all’ansia e agli attacchi di panico. L’amigdala valuta l’intensità emotiva delle situazioni e delle esperienze che viviamo ripetutamente; tali esperienze vanno poi a sedimentarsi in essa sotto forma di “memorie emotive”. E’situata in prossimità dell’ippocampo, una struttura ricurva anch’essa, coinvolta nella formazione dei ricordi e delle tracce mnestiche delle nostre esperienze di vita più significative. Mentre l’ippocampo, si occupa di memoria dichiarativa al contrario l”amigdala tratta la memoria autobiografica. Ciò significa che l’ippocampo elabora ricordi sterili delle nostre esperienza (ricordi oggettivi, consci e spogliatati di significato emotivo) da inviare alle varie aree della corteccia (es. temporale) affinché vengano immagazzinati nella memoria a lungo termine. L’amigdala invece elabora le sensazioni e le emozioni relative a quei particolari eventi vissuti, custodisce un ricordo inconscio delle emozioni e dei sentimenti provati in una determinata situazione. Questi ricordi possono essere rievocati e rivissuti facendoci ri-sperimentare nuovamente nel qui e ora le stesse sensazioni a livello “fisico” dell’esperienza passata. La peculiarità di quest’organo risiede nella formazione di tracce di memoria implicita, o inconscia, a partire dalla componente emotiva delle esperienze che facciamo. E’qui che sono depositati i traumi infantili e i momenti di sofferenza vissuti nel passato, incluse le nostre paure, fobie ed ansie. L’Amigdala elabora le nostre emozioni negative, le sensazioni di pericolo, le emozioni positive (come felicità, piacere, eccitazione). Si attiva a fronte di stimoli ambientali, analizzando le espressioni del volto delle persone con cui ci relazioniamo e risponde anche agli stimoli interni (pensieri e preoccupazioni).

Qual è, quindi, il ruolo dell’amigdala nei disturbi d’ansia e negli attacchi di panico?

L’ansia, gli attacchi di panico e le reazioni da sindrome da stress post traumatico si verificano quando l’amigdala interpreta come emotivamente stressanti e pericolosi alcuni specifici stimoli.

Innanzitutto va specificato che quando si soffre di ansia e di attacchi di panico non significa che vi sia un difetto nel funzionamento dell’amigdala, o di altra zona cerebrale, ma che di fronte ad alcuni stimoli, verso i quali siamo diventati ipersensibili, si attiva una reazione di allarme importante.

Ansia e Attacchi Panico sono la conseguenza della seguente reazione a catena:

Stimolo attivante: la reazione si scatena prima di tutto a fronte di uno stimolo che funge da innesco emotivo; può trattarsi di uno stimolo ambientale esterno, come un’immagine, un odore, un rumore, un sapore oppure uno stimolo interno come un pensiero negativo o ossessivo. Non sempre chi soffre di un disturbo d’ansia e/o di panico sa esattamente cosa provochi un attacco. Spesso lo stimolo agisce a livello inconscio.

Reazione: a questo punto l’amigdala reagisce allo stimolo attivante, o catalizzatore della reazione emotiva, preparando la persona ad una reazione di attacco o di fuga rispetto al percolo percepito. lo stimolo, detto anche trigger, è collegato a passate esperienze emotivamente negative. Il trigger quindi ha la facilità di attivare il ricordo emotivo immagazzinato nell’amigdala. Lo stimolo è tanto più attivante quando più rievoca emozioni forti associate ad un evento del passato della persona.

Attivazione dei surreni: avviene il rilascio di epinefrina, più conosciuta come adrenalina, e di cortisolo ad opera delle ghiandole surrenali. Queste due sostanze in azione combinata accelerano tutti i processi corporei ed i sintomi di allarme. L’epinefrina rilasciata ha come effetto collaterale l’aumento dei livelli di zucchero nel sangue che quindi può essere convertito in energia rapida per i muscoli. I tremori incoraggiano il sangue a raggiungere le estremità del corpo anche grazie all’aumento della frequenza cardiaca. Il flusso di sangue in eccedenza non usato dai muscoli, pronti alla fuga via dal pericolo, traspare su viso, collo, braccia e petto sotto forma di rossore. Anche la frequenza respiratoria si fa più intensa e rapida affinché i polmoni possano garantire un più veloce ricircolo del sangue nel corpo e fornire più ossigeno. Il dolore al petto che si percepisce, erroneamente interpretato come attacco cardiaco imminente, è invece la conseguenza dello sforzo fatto dai polmoni e dal cuore che stanno lavorando più intensamente del normale.

Tutto ciò accade perché l’amigdala vuole garantirci l’incolumità fisica. Si tratta di processi neurologici, psicologici e fisiologici specificamente progettati per difenderci o tenerci lontano dai pericoli. Tuttavia quando si reagisce in modo sproporzionato e con una frequenza eccessiva possiamo parlare di meccanismo “mal tarato” che si configura come disturbo d’ansia.

Sebbene l’amigdala sia responsabile di innescare questi sintomi il motivo per il quale sia così ipersensibile a credenze irrazionali e ricordi negativi non è ancora stato chiarito completamente. Ci sono 3 teorie sul perché alcune persone soffrano di attacchi ansia e attacchi di panico più di altre:

Stress ambientale: si pensa che le persone che hanno sperimentato uno stress ambientale nel lungo periodo abbiano sviluppano squilibri chimici in grado di rendere l’amigdala iper-reattiva.

Disturbi psicologici: si ritiene che ansia e depressione possano causare cambiamenti nella struttura cerebrale o in quella neuronale e specialmente nelle regioni deputate alla regolazione dell’umore. È possibile che l’amigdala diventi più debole o più sensibile causando più facilmente questo tipo di reazioni.

Ereditarietà: ci sono molte prove che i disturbi d’ansia si trasmettano per via genetica. Avere uno o più genitori con un disturbo d’ansia può aumentare la probabilità che un figlio soffra di un simile disturbo.

Ambiente: l’ansia può essere anche dovuta a fattori ambientali ovvero al crescere in un ambiente familiare ansiogeno e/o disfunzionale.

La linea di fondo è che seppur l’amigdala giochi un ruolo fondamentale nell’ indurre ansia e panico, essa, non sia l’unica responsabile di tali disturbi psicologici. Molto dipende dalle predisposizioni personali e dalle esperienze di vita che creano i ricordi a cui l’amigdala può reagire in tal modo.

L’amigdala è una parte “reattiva”, non pensante” del nostro cervello; il suo ruolo non è quello di capire perché abbiamo paura ma di avvisarci se ci troviamo di fronte a situazioni che potrebbero essere pericolose in base alle nostre tracce di memoria. E’possibile “allenare” l’amigdala a rimodulare la sua spiccata reattività attraverso alcune strategie terapeutiche come la desensibilizzazione sistematica, l’esposizione graduale e ripetuta ai trigger ansiogeni in condizioni controllate. Molti studi evidenziano l’impatto positivo, e in tempi brevi, prodotto dall’ipnosi. La psicoterapia ipnotica permette di rielaborare il materiale inconscio, ovvero ricordi traumatici o di situazioni temute in una condizione di trance naturale associata ad uno stato di calma fisica e mentale. Non può essere addestrata facendo leva sul pensiero razionale e cosciente essendo una ghiandola che funziona su base emotiva; ecco perché alcune psicoterapie possono avere un impatto limitato rispetto ad altre che agiscono a livello emozionale profondo.

I disturbi emotivi, ad ogni modo, possono essere trattati con successo con una combinazione di terapia e farmaci, se necessario. Con la giusta assistenza, le persone affette da disturbi emotivi e relazionali possono imparare a gestire le proprie emozioni in modo più efficace, migliorando la loro qualità della vita e il loro benessere psicologico.

Dott.ssa Ilenia Gregorio
Psicologa abilitata presso l’Università degli Studi di Napoli Federico II, Iscritta all' Ordine degli Psicologi della Campania n. 9622, Pedagogista Clinica e Mediatore Familiare Sistemico-Relazionale, ha conseguito la Laurea cum Laude in Scienze Psicopedagogiche all’ Università Suor Orsola Benincasa di Napoli discutendo la Tesi in Psicologia Dinamica sui Meccanismi di difesa e le dinamiche psichiche del paziente oncologico, dopo aver svolto un tirocinio accademico pre-lauream presso il Dipartimento di Psicologia Oncologica dell’ INT G. Pascale di Napoli. Ha conseguito, inoltre, una seconda Laurea Magistrale in Psicologia Sociale, dei Servizi e delle Organizzazioni approfondendo la Psicologia dei Processi Cognitivi nelle malattie croniche e neurodegenerative con una Tesi sui Disturbi Cognitivi, Affettivi e Comportamentali nella malattia di Parkinson presso l’Università di Roma. Ha svolto un ulteriore tirocinio professionalizzante post Lauream presso la Sede di Napoli dell’Accademia di Psicoterapia della Famiglia (RM) “Polo Clinico Centro Studi Kairos” dove è attualmente in formazione come Psicoterapeuta Sistemico-Relazionale. Specializzata in Mediazione Familiare e Consulenza di Coppia ad orientamento Sistemico presso L’ Istituto di Medicina e Psicologia Sistemica di Napoli (IMEPS), inizia nel 2006, la collaborazione in qualità di ricercatrice con l’INT Fondazione Pascale di Napoli che la vede impegnata in Progetti di Ricerca, Educazione e consulenza Socio-Sanitaria nel campo della familiarità dei tumori femminili (Dipartimento di Ginecologia Oncologica). Continua la sua attività di ricerca ed assistenza in ambito psicopedagogico e clinico attraverso interventi di Infant Clinical Observation, Ludoterapia e Supporto alle famiglie, occupandosi dal 2008 di problemi psico-educativi in età evolutiva di bambini figli di pazienti oncologici presso il Servizio Ludoteca (Ambulatorio Famiglia) dell’Istituto Nazionale Tumori di Napoli (Dipartimento di Psiconcologia Clinica). Nel 2015 si perfeziona in ambito Psiconcologico attraverso il Corso di Alta Formazione in Psico-Oncologia dal titolo “La Psicologia incontra l’Oncologia” patrocinato dalla SIPO: Società Italiana di Psiconcologia. Docente e Formatore ha collaborato con la Lega Italiana Lotta ai Tumori- sezione di Napoli- a Progetti di Educazione Socio-Sanitaria e, con la Regione Campania, in Corsi di Formazione Regionali. Relatrice di Convegni e Seminari riguardanti tematiche Psicologiche e Pedagogiche è specializzata, inoltre, nel sostegno di famiglie multiproblematiche e devianti avendo lavorato con nuclei familiari a rischio e con forte disagio socio- economico e culturale della II e III Municipalità di Napoli. Ha lavorato, inoltre, in Progetti nel campo delle disabilità dal 2001 al 2010 (Sindrome di Down e Tetraparesi Spastica). Dal 2008 al 2019 ha esercitato la professione di Mediatore Familiare in autonomia e, su richiesta, in collaborazione con Studi giuridici matrimonialisti. Ha collaborato presso il Centro Nutrizione&Benessere della Dott.ssa Silvana Di Martino sito in Casoria in programmi di Psicologia della Nutrizione, Educazione Alimentare, Formazione e gestione di spazi di Mediazione Familiare Sistemica. Autrice di Articoli sul quotidiano medico on line #TAGMEDICINA, è stata impegnata nella S.C. di Epidemiologia e Biostatistica dell’Istituto Tumori di Napoli in attività connesse all’ Emergenza SARS CoV-2 da Maggio 2020 a Febbraio 2022. Attualmente lavora con pazienti pediatrici e pazienti adulti in trattamento radioterapico presso la U.O.C. di Radioterapia dell’ INT di Napoli “Fondazione G. Pascale” in qualità di Psicologa.

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