Da un po’ di tempo circola la notizia che alcuni ricercatori della Columbia University di New York che hanno isolato un antagonista dei recettori dell’acido retinoico, indentificato come BMS-189453, ed hanno dimostrato che, almeno sulle cavie di laboratorio, il principio attivo funziona come contraccettivo orale a basse dosi, in modo totalmente reversibile e senza effetti collaterali.
Efficace al 99% e senza particolari controindicazioni agisce bloccando la produzione di spermatozoi da parte dei tubuli seminiferi del testicolo. Non si tratta quindi di un contraccettivo a base di ormoni e ciò contribuirebbe, secondo i ricercatori, ad evitare tutti effetti collaterali, come l’aumento del rischio di sviluppare tumori della prostata e impotenza o di incorrere in malattie cardiovascolari. Il nuovo “pillolo” sembrerebbe essere efficace a dosi bassissime e proprio questa caratteristica rende totalmente reversibile l’azione del farmaco: basterà sospenderne l’assunzione per tornare alle condizioni normali di fertilità. Proprio come per le donne.
Una scoperta casuale. Come spesso accade nella ricerca medica, la molecola in questione era oggetto di uno studio relativo alle sue proprietà antinfiammatorie, ma poi durante la sperimentazione sulle cavie di laboratorio si è scoperto il benefico effetto collaterale, che, dosato nella giusta maniera, si traduce nella possibilità di controllare la produzione di spermazoi e quindi la fertilità maschile.
La luce è ancora lontana, ma pare che entro qualche anno, anche gli uomini potranno cominciare a preoccuparsi realmente di contraccezione.
Ad oggi l’unica alternativa rimane la vasectomia, , ovvero la sezione bilaterale dei tubi deferenti, ma nel nostro paese, a differenza degli Stati Uniti, moltissimi uomini sono restii a sottoporsi a tale procedura.
Partendo da una review di letteratura effettuata dal nostro gruppo focalizzando l’attenzione non solo sugli aspetti medico-chirurgici della vasectomia, ma anche su quelli storici, sociali e legali, è emerso che la sterilizzazione maschile è una pratica diffusa in tutto il mondo, sia nei paesi evoluti sia in quelli in via di sviluppo.
Le stime parlano di 42-60 milioni di uomini sterilizzati e del 5% delle coppie che l’hanno scelto come metodo di controllo delle nascite. In Italia, però, è difficile stabilire la reale incidenza di vasectomie.
Dalla banca dati on-line del Ministero della Salute emergono numeri molto interessanti ma, a nostro avviso, non perfettamente corrispondenti alla realtà italiana. Tali dati rivelano che in Italia, dal 1999 al 2005, ci sono stati 653 ricoveri per sterilizzazione maschile e che sono stati eseguiti 1.717 interventi di “vasectomia” e 397 procedure classificate come “sterilizzazione dell’uomo”. I numeri dimostrano comunque che il ricorso alla vasectomia è limitato rispetto ad altri Paesi. Ciò è riconducibile ad aspetti culturali e medico-legali. Il timore di ripercussioni sulla virilità, infatti, è un fenomeno legato a retaggi culturali presenti soprattutto nei Paesi latini e molto meno in quelli anglosassoni.
Nei Paesi a forte maggioranza cattolica, poi, l’accostamento della medicina ai meccanismi riproduttivi viene letto come interferenza con la natura ed è quindi sfavorito dalle implicazioni etiche che potrebbero derivarne.
Le diverse interpretazioni medicolegali, d’altra parte, non agevolano la discussione e l’approfondimento sulla sterilizzazione consensuale.
Fino al 1978, anno della sua abrogazione, l’art. 552 c.p. vietava espressamente la pratica di sterilizzazione. Oggi numerose sentenze hanno sancito la legittimità della vasectomia e l’orientamento giurisprudenziale ritiene pienamente lecito il ricorso alla sterilizzazione.
Permane però l’opinione comune che tale pratica provochi una menomazione fisica del soggetto e che il medico che la esegue sia passibile penalmente.
Sarebbe quindi opportuno fare chiarezza sull’argomento con l’intento di aprire un dibattito culturale per fornire spunti di riflessione ed un aggiornamento il più possibile preciso e documentato.