Aviaria, primo decesso in Usa. Cdc: non è inaspettata

È morto il primo malato grave di influenza aviaria negli Stati Uniti, in Louisiana. Lo certificano i Cdc, Centers for Disease Control and Prevention

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È morto il primo malato grave di influenza aviaria negli Stati Uniti, in Louisiana. Lo certificano i Cdc, Centers for Disease Control and Prevention, in un nota in cui sottolineano che il decesso “non è inaspettato a causa del noto potenziale di infezione di questi virus che possono causare gravi malattie e la morte”. La persona, over 65 e con patologie pregresse, era precedentemente ricoverata in ospedale per una grave forma di influenza aviaria. Fuori dagli Stati Uniti, sono stati segnalati all’Organizzazione mondiale della sanità più di 950 casi di influenza aviaria H5N1; circa la metà di questi è deceduta. I Cdc rimarcano che il rischio per la popolazione “rimane basso”, in merito alla persona morta in Louisiana “non è stata identificata alcuna trasmissione da persona a persona”, si legge nella nota.

Nonostante i diversi casi registrati nell’ultimo anno, anche gli esperti degli statunitensi National Institutes of Health, confermano, in un articolo sul New England Journal of Medicine, che il rischio che l’influenza aviaria provocata dal virus H5N1 si diffonda all’uomo resta basso. Secondo Jeanne Marrazzo, direttrice dell’Istituto Nazionale per le Allergie e le Malattie Infettive (Niaid) dei Nih, e Michael Ison, a capo del dipartimento delle malattie respiratorie del Niaid, i trattamenti e i vaccini disponibili, così come quelli in fase di sviluppo, sono sufficienti a prevenire le forme gravi della malattia, anche se è importante continuare un attento monitoraggio del virus e delle sue mutazioni. Identificata per la prima volta in Italia più di un secolo fa, nel 2024 l’influenza aviaria ha raggiunto anche l’Antartide. Nell’ultimo anno ci sono stati 66 casi confermati e 7 probabili solo negli Stati Uniti, e uno più grave in Canada, causati sia dalla variante del virus circolante tra gli uccelli sia da quella che si è invece diffusa tra il bestiame. In questo contesto, Marrazzo e Ison affermano che per controllare l’epidemia bisogna concentrarsi su quattro punti chiave. Il primo si basa sulla tempestiva collaborazione tra i ricercatori nel campo della medicina umana e veterinaria, gli operatori della sanità pubblica e coloro che lavorano negli allevamenti animali, mentre il secondo riguarda il paziente canadese, che ha sviluppato una grave insufficienza respiratoria: le mutazioni trovate nel virus che lo ha infettato evidenziano la necessità di una continua sorveglianza. Gli ultimi due punti, infine, riguardano l’importanza di continuare a sviluppare e testare nuovi vaccini e terapie, e di proteggere maggiormente chi lavora a stretto contatto con pollame e bestiame. I due esperti ritengono che ciò aiuterà a rispondere più rapidamente alle molte domande rimaste su come il virus H5N1 sta evolvendo e su come si sta diffondendo.

Questo in Luisiana era stato classificato come “il primo caso di malattia grave collegata al virus dell’influenza aviaria A/H5N1 negli Stati Uniti” dai Centri per il controllo e la prevenzione delle malattie (Cdc). I campioni del paziente della Louisiana, sono finiti subito sotto la lente degli esperti e raccontano qualcosa in più di come si sta evolvendo il virus. L’analisi, come riportano i Cdc in un aggiornamento di questi giorni, ha identificato delle mutazioni che vengono ritenute “preoccupanti” dagli scienziati e “un promemoria” del fatto “che i virus A(H5N1) possono sviluppare cambiamenti durante il decorso clinico di un’infezione umana”. Anche se, precisano gli esperti, “questi cambiamenti sarebbero più preoccupanti se riscontrati negli ospiti animali o nelle fasi iniziali dell’infezione (ad esempio, entro pochi giorni dall’insorgenza dei sintomi), quando potrebbero essere più propensi a facilitare la diffusione a contatti stretti”. Nel caso in questione queste “mutazioni a bassa frequenza nel gene dell’emoagglutinina” non sono state trovate nelle sequenze del virus presente nei campioni di pollame raccolti nella proprietà del paziente (che era risultato infetto proprio per l’esposizione a uccelli malati e morti nel suo allevamento di cortile), il che suggerisce secondo i Cdc “che i cambiamenti sono emersi nel paziente dopo l’infezione”. Altro elemento che appare rassicurante, fanno notare gli esperti, è che “in questo caso, non è stata identificata alcuna trasmissione dal paziente in Louisiana ad altre persone”.

Fonte Doctor 33

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