PERCHE’ DOBBIAMO PREOCCUPARCI DELL’AVIARIA?

- Adv -

Oggi che scrivo questo articolo, il problema dell’Influenza Aviaria H5N1, appare solo ancora come una possibile minaccia ma finora il temuto passaggio da uomo-uomo (per intenderci quello che potrebbe innescare una epidemia/pandemia) non è ancora avvenuto ed i casi di infezione, anche mortale, sono dovuti alla trasmissione animale-uomo per contatti ravvicinati.

Quando iniziò la Pandemia da Covid19 tutti parlarono del famoso “spillover” dai pipistrelli, al pangolino o direttamente dai pipistrelli all’uomo.

Ma cosa è esattamente lo “spillover”, il “salto di specie”?

E’ il transito di una specie virale circolante in un animale (considerato “serbatoio” perchè spesso convive con quel virus) ad un altro animale di specie differente.

Ma come avviene questo passaggio?

Avviene per contiguità, cioè per contatto diretto tra le due specie.

Normalmente un virus circolante in una specie animale possiede dei recettori specifici sul suo rivestimento (capside costituito da glicoproteine) che gli consentono “l’aggancio” e la successiva penetrazione del contenuto genetico che ne ordina la replicazione, spesso uccidendo la cellula ospite (ricorderete la proteina Spike del Sars-Cov2 che si agganciava al recettore ACE2 presente su molte nostre cellule).

Bene, quando un virus estraneo viene a contatto col nostro organismo, spesso non trova il “punto di aggancio” e viene distrutto dalle nostre difese immunitarie: se il contatto tra questo virus animale e le cellule umane è abbondante e prolungato, è possibile che il virus, mutando la sua configurazione superficiale, possa trovare “l’attracco giusto” e penetrate così nella cellula umana dove comincia a replicarsi dando origine al contagio (ovviamente condizione per la trasmissione interumana diventa quindi la mutazione di una proteina virale necessaria all’aggancio sulla superficie di una cellula).

Nei casi finora di influenza “aviaria” H5N1, la patogenicità del virus è stata dovuta all’elevata carica virale penetrata nell’organismo ospite da altri animali (mucche o gatto), causando una malattia, in alcuni casi lieve, in altri mortale, ma senza mostrare mutazioni che inducano il sospetto di trasmissione uomo-uomo.

Ma se così stanno le cose, che ragione abbiamo di preoccuparci?

Ne abbiamo eccome, perchè se non è vero, come ha detto il Prof. Bassetti, che il virus dell’aviaria è “furbo” (nessun virus è “furbo”), è vero che questo virus influenzale ha già mostrato una capacità mutazionale notevole, adattandosi rapidamente nel passare dagli uccelli, ai bovini ed ora ai felini ed ora manca solo una mutazione nell’ Emoagglutinina perchè il virus passi all’uomo ( https://www.science.org/doi/10.1126/science.adt0180 ).

Come ben sappiamo sulla esperienza dei virus a RNA (Sars, Mers, Sars-Cov2, etc), essi hanno una capacità di mutare notevole (molto più dei virus a DNA) e questo non ci lascia assolutamente tranquilli, anche per l’elevata mortalità di questo virus sugli uccelli (circa il 50%) e la sua capacità di resistere a basse temperature (come gli altri virus influenzali).

Negli Stati Uniti, ma sono sicuro presto anche in Europa, il virus tenderà a diffondersi (in Italia è già presente in allevamenti di polli sopratutto in Veneto, vedasi un mio articolo precedente) costringendo gli allevatori all’abbattimento e smaltimento delle carcasse di animali infettati, causando oggi una grave carenza di uova di cui gli americani sono grandi consumatori.

In conclusione, il rischio di una Pandemia di Aviaria è ben presente nelle preoccupazioni degli epidemiologi e degli infettivologi, anche se sui virus influenzali siamo più preparati nella conoscenza del genoma e quindi più pronti ad una efficace risposta vaccinale (che comunque impiegherebbe un certo tempo per essere prodotta e diffusa).

E’ indubbio che il nuovo secolo si presenta con una possibilità enormemente aumentata di salti di specie di virus da animale a animale e da animale ad uomo, sia per la facilità di commercio di carni e prodotti che potrebbero venire da zone infette, sia dai facili e frequenti spostamenti intercontinentali delle persone, ma soprattutto dall’alterazione dell’ecosistema, una volta ben compartimentato, ma che oggi espone l’uomo ad un ravvicinato e continuo contatto con specie di animali “wild”, serbatoi di virus a noi sconosciuti.

Dott. ENRICO BERNINI CARRI
Laureato presso l’Università degli Studi di Firenze a pieni voti ha conseguito successivamente la Specializzazione in Malattie Infettive e Tropicali presso l’Università degli Studi di Modena ed è Medico Competente in Medicina del Lavoro. Già Ufficiale medico dell’Esercito Italiano ha prestato servizio come Direttore Sanitario e Comandante dei Corsi di Medicina (Preside di Facoltà) presso l’Accademia Militare di Modena e Centro Selezione dell'Esercito in Bologna, partecipando a diverse missioni estere come “Esperto di Pandemie della NATO”. Attualmente riveste il grado di Generale medico della Riserva. Già Presidente del Centro Europeo della Medicina delle Catastrofi (CEMEC) presso il Consiglio d’Europa, ha fondato ed è Presidente della Associazione Scientifica/Fondazione Scuola Internazionale Medica di Emergenze e Disastri MEDIS. E’ Professore a.c. presso l’Università degli Studi di Modena-Reggio Emilia di Medicina delle Emergenze e Catastrofi (Sc. Spec. di Igiene e Sc. Spec. Di Medicina di Emergenza-Urgenza) e Medico Responsabile Dipartimento della Difesa Civile /Vigili del Fuoco di Modena. E’ Direttore di Redazione della Rivista Scientifica on-line “L’ICOSAEDRO”

LASCIA UN COMMENTO

Per favore inserisci il tuo commento!
Per favore inserisci il tuo nome qui