Le epatiti rappresentano la tipologia di malattia del fegato più diffusa e sono considerate dall’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) una vera e propria emergenza sanitaria. Si distinguono in vari sottotipi ed hanno una origine virale o tossica.
Tra le epatiti virali causate da virus “epatotropi” troviamo, appunto, quella denominata “C”. Il virus responsabile è un virus ad RNA che si trova nel citoplasma cellulare contrariamente a quella B che invece è causata da un virus a DNA e si trova nel nucleo cellulare. Mentre la prima non è prevenibile con un vaccino la seconda invece lo è.
In circa l’80% dei casi di epatite C si ha un viraggio verso la forma cosiddetta cronica e di queste forme un 35% circa evolvono in cirrosi. Le cirrosi post epatite C , poi, nel 4/5% dei casi sviluppano un epatocarcinoma.
Come si può vedere dalla epidemiologia appena esposta le epatiti ed in particolar modo quella C è una entità patologica da non sottovalutare e da monitorare attentamente con controlli periodici.
Poiché il danno alla base delle epatiti in generale è rappresentato dalla fibrosi tissutale (indurimento e perdita di elasticità e conseguente funzionalità del tessuto e delle cellule epatiche), si rende necessario capire quando questo indurimento ha inizio.
L’indagine “gold standard” (migliore) per ottenere questa informazione è la fibroelastografia che altro non è che una ecografia addominale effettuata con una sonda definita “fibroscan” che rileva in modo particolarmente preciso le variazioni di consistenza del tessuto epatico fino a definire o meno la presenza di una cirrosi o il suo rischio evolutivo.
Ricordiamoci anche che l’infezione cronica da virus C non danneggia solamente il fegato ma concorre a determinare danni sistemici anche in altri organi e/o apparati quali il sistema cardiocircolatorio (infarti , ictus, aterosclerosi), il sistema endocrino (diabete), il sistema ematopoietico (linfomi, crioglobulinemia).
Fino a poco tempo fa le terapie a disposizione erano poche, di lunga durata (mediamente due anni) non sempre efficaci e, soprattutto, con effetti collaterali molto severi. Infatti si utilizzavano solo Interferone e stabilizzatori virali come la Ribavirina.
Oggi invece sono a disposizione farmaci antivirali ad azione diretta come il SOFOSBUVIR ed il VELPATASVIR. Questi nuovi farmaci sono passati dal SSN ed hanno una efficacia eradicante la malattia del 90%; il che significa che il paziente guarisce completamente ed in modo permanente nel 90% dei casi.
Questi nuovi farmaci non possono essere utilizzati da soli ma sempre in combinazione ed inoltre possono aumentare anche l’efficacia sia dell’interferone che della ribavirina diminuendone, inoltre, la loro attività tossica che a volte rendeva necessaria la sospensione della terapia.
Queste terapie sono estremamente veloci in quanto un ciclo completo varia dalla 12 alle 24 settimane a seconda del paziente e delle sue condizioni personali.
E’ ovviamente estremamente importante non affidarsi, per queste terapie, a personale poco esperto ma occorre sempre rivolgersi a personale medico altamente specializzato presso i centri di cura indicati dal servizio sanitario nazionale.