L’angoscia dell’estraneo è una fase che attraversano i bebè intorno all’ottavo mese caratterizzata da un attaccamento totale alla madre con conseguente rifiuto di qualsiasi altra persona. Fino al terzo mese di vita, il bambino, che non si distingue come entità a sè, si percepisce come una sorta di appendice della madre, vivendo con quest’ultima in uno stato quasi simbiotico. Inoltre, dal momento che il neonato non riconosce chiaramente forme e colori, tende a confondere i volti e le fisionomie di chi gli sta intorno in un tutt’ uno indistinto. Dopo il 3° mese il senso della vista si affina. Il piccino impara a distinguere ciò che lo circonda e riconosce facilmente, oltre alla mamma, il papà, i nonni, gli zii e tutti coloro che si prendono cura di lui. Durante questo periodo il bimbo si dimostra anche molto “aperto” verso il mondo esterno e, non percependosi ancora come essere autonomo, non teme di allontanarsi dalla mamma che vede come una parte di sé. I problemi, semmai, insorgono dopo, generalmente intorno agli 8 mesi, quando il bambino comincia ad acquisire consapevolezza della sua autonomia e del suo essere un’entità separata dalla madre. La natura simbiotica della relazione lascia il posto alla differenziazione. Questa scoperta, di per sé importantissima perché fondamentale nel processo di crescita, lo rende, però, inquieto e gli provoca, al momento della separazione, ansia e paura. Ecco, dunque, che bimbi che erano apparsi estroversi, espansivi, socievoli, tendono a reagire in modo negativo se avvicinati da persone estranee, piangendo e urlando ogni qualvolta la mamma si allontani.
Si tratta di una reazione assolutamente normale che tende a risolversi verso i 12 mesi, quando il bambino impara ad essere più sicuro e il suo grado di consapevolezza aumenta. Inoltre, va ricordato che è solo dopo il 1° anno che il bambino impara a conservare dentro di sé il ricordo della mamma anche quando questa non è presente, capendo che la sua assenza non equivale a una scomparsa definitiva, ma semplicemente a un allontanamento che si concluderà, alla fine, con il suo ritorno.
COME COMPORTARSI:
- Evitare sempre di allontanarsi di nascosto, ma salutare il piccino che piange rassicurandolo del proprio ritorno. In questo modo non gli si trasmetteranno ulteriori angosce.
- Fino al compimento del primo anno, se possibile, evitare separazioni prolungate. Nel caso, però, in cui queste fossero inevitabili (per esempio, quando si torna al lavoro) non scaricare sul bambino le proprie paure e tensioni, ma cercare di infondergli fiducia e sicurezza.
- Di fronte ad un’inarrestabile crisi di pianto, rassicurare il piccino confortandolo con parole amorevoli, senza, però, rinunciare alla propria intenzione di allontanarsi. Un simile atteggiamento, infatti, potrebbe confondere il bebè che potrebbe arrivare a pensare che i suoi timori sono fondati. Il rischio, inoltre, è quello di abituarlo a usare il pianto come arma di ricatto in questa come in altre situazioni.
- Al momento della separazione, dar vita a un vero e proprio rituale durante il quale si saluta il piccino, lo si conforta e rassicura, lo si affida nelle mani di colui/colei che se dovrà prendere cura e ci si allontana.
Importante è abituare il neonato ad una vita piena di persone sin dai primi mesi. Maggiore, infatti, sarà la vita sociale che mamma e papà riusciranno a creargli intorno, maggiori saranno le probabilità che il bambino diventi socievole, aperto, disposto a conoscere e a farsi conoscere